

Per poterci qualificare ai mondiali del 2026, la nazionale Italiana dovrà impegnarsi in una maniera tale da far schizzare verso cifre notevoli le quote di tantissime bet.
Perdere 3 a 0 contro la Norvegia è qualcosa che va ben oltre il mero punteggio, ma è bensì una narrazione crudelissima di quelle che sono le molteplici difficoltà strutturali della nazionale, ancora alla ricerca di sé.
La sconfitta, infatti, non deriva tanto da episodi fortuiti quanto più dalla somma di una lunghissima serie di scelte, disattenzioni e mancanza che minuto dopo minuto si sono stratificate fino a diventare irrimediabili, sottolineando ulteriormente lo stato precario della nostra nazionale rispetto gli avversari, non certo una squadra di primissima fascia per la considerazione mondiale.
Italia, ti prego, svegliati
Sono bastati dieci minuti per ricevere il primo segnale di allarme, con gli azzurri che hanno mostrato diverse incertezze nel fraseggio dei passaggi. La Norvegia, fino a quel momento ordinata ma passiva, ha colto il primo spiraglio utile con freddezza che si è poi concretizzato con Moller Wolfe, che ha trovato spazio sulla sinistra, superando poi la metà campo e servendo palla a Nusa che tra un dribbling e l’altro ha messo rapidamente in difficoltà la difesa azzurra. Un tiro deviato da Di Lorenzo, ma che ha mostrato la qualità delle azioni degli avversari e che ha lasciato un suggerimento ben preciso: l’Italia non è pronta per affrontare questa squadre.
Questo è stato solo il prodromo di una partita notevolissima per i Norvegesi, con Nusa che al trentaquattresimo ha segnato il secondo gol approfittando di un disimpegno lento di Di Lorenzo e che non è riuscito a effettuare correttamente il contrasto. Il pallone è finito in rete, la partita viaggiava già per il due a zero. La fotografia della situazione sul campo era netta più che mai: da una parte una Norvegia essenziale, precisa, efficace; dall’altra un’Italia scollegata, lenta nel reagire e incapace di gestire le situazioni più semplici; le varie tipologie di calciatori sembravano quasi non comunicare, complice anche un pressing disordinato e giocatori distanti tra loro anche nelle misere intenzioni.
Mancava il cuore?
Guardando le statistiche la situazione può certamente sembrare falsata: l’Italia ha registrato buoni valori nel possesso palla ma quest’ultimo è risultato quasi sterile, se non proprio fine a sé stesso. Le manovre fatte con il pallone dalla propria parte sono risultate prevedibili e statiche, senza la verticalità necessaria per poter sorprendere una difesa organizzata come quella norvegese!
I diversi tentativi offensivi dell’Italia sono stati rapidamente neutralizzati, con un terzo gol arrivato dalla Norvegia nemmeno alla fine del primo tempo che ha chiuso in maniera emotiva la partita. A poco sono serviti poi i cambi desiderati da Spalletti in quanto l’atteggiamento dei giocatori si è dimostrato poco proattivo e incapace di contrastare la squadra avversaria; al novantaduesimo i nostri hanno costretto alla parata il portiere Nyland, ma è stato l’unico momento in cui la nostra squadra ha prodotto qualcosa di vagamente pericoloso.
Più che una sconfitta, quella contro la Norvegia è stata una presa di coscienza. Se l’Italia vorrà fare capolino all’interno delle quote dei mondiali 2026 dovrà impegnarsi molto più di quanto fanno i singoli giocatori che animano le partite con le scommesse di serie a visualizzabili su betfair.
La mancanza di un’identità chiara si è riflessa in ogni aspetto della prestazione e questo, da una squadra come l’Italia, era davvero difficile aspettarselo.
