

BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME) – Una condanna esemplare a dodici anni e dieci mesi di reclusione è stata invocata dal Procuratore Capo di Barcellona Pozzo di Gotto, Giuseppe Verzera, nei confronti di un maestro di danza della provincia, arrestato nel febbraio 2024 con la terribile accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di tre allieve, tutte minorenni. Tra le presunte vittime figura anche una giovane parente dell’uomo, circostanza che aggiunge ulteriore gravità al quadro accusatorio. La parola passa ora al collegio giudicante: la sentenza di primo grado è attesa per la prossima udienza, fissata per il 9 giugno 2025.
L’inchiesta, coordinata dalla Procura barcellonese e condotta con riserbo e meticolosità dai Carabinieri, prese avvio in seguito alla denuncia sporta dai genitori di una delle ragazzine. Secondo quanto emerso dalle indagini, l’istruttore, approfittando del suo ruolo e della fiducia in lui riposta, avrebbe compiuto atti sessuali consistiti in palpeggiamenti e toccamenti ai danni delle giovani allieve. Gli abusi sarebbero avvenuti in più occasioni, durante lo svolgimento degli esercizi e delle lezioni all’interno della scuola di danza dove l’uomo insegnava.
La richiesta di una pena così severa da parte della Procura sottolinea la gravità dei fatti contestati e la particolare vulnerabilità delle vittime, all’epoca dei fatti tutte minori. Il procedimento giudiziario è ora alle battute finali del primo grado, con la difesa che avrà modo di esporre le proprie argomentazioni prima che i giudici si ritirino in camera di consiglio.
Il tradimento della fiducia e la tutela dei minori
La vicenda che vede coinvolto l’istruttore di danza della provincia di Messina riaccende i riflettori su una delle forme di abuso più subdole e dolorose: quella perpetrata da figure educative o di riferimento che tradiscono la fiducia dei minori loro affidati. Il rapporto maestro-allievo, specialmente in discipline come la danza che implicano contatto fisico e una forte componente emotiva, si basa su un delicato equilibrio di autorità e affidamento. Quando questo patto viene violato, le conseguenze psicologiche sulle giovani vittime possono essere devastanti e durature.
Casi come questo evidenziano la cruciale importanza della vigilanza da parte dei genitori e della prontezza nel raccogliere e segnalare eventuali segnali di disagio o racconti anomali da parte dei figli. La denuncia che ha dato il via all’inchiesta rappresenta un atto di coraggio fondamentale, che ha permesso agli inquirenti di intervenire e far luce sui presunti abusi.
Dal punto di vista legale, la legislazione italiana prevede pene severe per i reati di violenza sessuale, ulteriormente aggravate quando commessi ai danni di minori e da persone che abbiano un rapporto di custodia, educazione o istruzione con la vittima. La richiesta del Procuratore Verzera, che sfiora i tredici anni di reclusione, riflette l’orientamento della magistratura a perseguire con fermezza tali crimini, considerando l’abuso di autorità e la minorata difesa delle vittime come elementi di particolare disvalore sociale.
L’attesa per la sentenza del 9 giugno è carica di significato non solo per le parti direttamente coinvolte, ma anche per la comunità locale, scossa da una vicenda che interroga sulla sicurezza degli ambienti formativi e sulla necessità di implementare ogni possibile misura di prevenzione e controllo per proteggere i più giovani da potenziali predatori. La giustizia è chiamata a dare una risposta ferma, che possa anche fungere da monito e contribuire a rafforzare la cultura della tutela dell’infanzia.
