Taormina, Michael Douglas si scusa per gli USA: “Mi vergogno del mio Paese, questo è il periodo peggiore della mia vita”

- 11/06/2025
Douglas

Dal palco del Taormina Film Festival, l’attore premio Oscar lancia un duro atto d’accusa contro la politica estera americana e l’era Trump, per poi lasciarsi andare a un racconto intimo tra malattia, carriera e le paure per una Hollywood dominata dall’IA.

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TAORMINA – Un mea culpa potente, inatteso, che scuote il pubblico del Teatro Antico. Michael Douglas, ospite d’onore al Taormina Film Festival dove stasera riceverà il Premio alla Carriera, non usa mezzi termini per condannare il ruolo del suo Paese nel disordine globale. Incalzato da domande sulle guerre e i conflitti internazionali durante una masterclass, l’attore due volte premio Oscar si è lasciato andare a una scusa sentita e amara.

“Mi rendo conto che molta della responsabilità del caos nel mondo viene dal mio Paese. Mi vergogno e mi scuso”, ha dichiarato Douglas. “Mi scuso con i miei amici, con i vicini del Canada e Messico, ma anche con i Paesi dell’Unione Europea e della Nato”. Parole pesanti come macigni, che identificano un colpevole preciso nella politica estera di Donald Trump.

“Sono nato nel 1944, alla fine della Seconda guerra mondiale, ma questo è il periodo peggiore che io ricordi nella mia vita”, ha confessato l’attore, esprimendo profonda preoccupazione per la corsa agli armamenti. “Non sono felice nel vedere i bilanci militari salire ovunque, soprattutto nel mio Paese, che insiste nel chiedere agli altri di aumentare i propri. È ridicolo che con tutta l’intelligenza, anche artificiale, che abbiamo oggi, ci siano ancora così tante guerre”.

L’attacco a Trump si è fatto poi più diretto, in particolare sul tema dell’immigrazione. “Ha trasformato l’immigrazione nella benzina del suo motore politico. Diceva che tutti gli immigrati erano assassini e stupratori”, ha spiegato Douglas. “Una volta presidente, ha sfruttato il potere esecutivo sostenendo che gli Stati Uniti erano minacciati, così da non dover passare dal Congresso. Ha fatto della California, uno Stato democratico, un bersaglio strategico. È tragico che abbia usato tutto questo come strumento politico, alimentando paura e divisione senza alcuna ragione”.

Dal buio della malattia alla rinascita: “Pensavo che non avrei più lavorato”

Accanto alla denuncia politica, Douglas ha aperto una finestra sulla sua vita privata, emozionando il pubblico con un racconto di vulnerabilità e rinascita. “Pensavo che non avrei mai più lavorato. Ero vivo, ma svuotato. Il cinema mi ha salvato”. Il riferimento è al periodo successivo alla sua battaglia contro il cancro, quando Steven Soderbergh gli propose il ruolo di Liberace in Behind the Candelabra.

“Ero felicissimo, poi Steven mi disse che dovevamo aspettare un anno. Ero distrutto, pensavo che il progetto sarebbe sfumato. Invece volevano solo darmi tempo per rimettermi in forze. È stata una delle cose più generose che abbia mai vissuto”. Quel film, ha raccontato, fu una vera e propria occasione “per tornare alla vita, non solo alla recitazione”.

Hollywood, ieri e oggi: da “Cuculo” all’era dell’IA

La masterclass è stata anche un viaggio nella storia del cinema. Douglas ha ricordato come la sua carriera di produttore sia nata quasi per caso con Qualcuno volò sul nido del cuculo, il capolavoro che suo padre Kirk non riusciva a realizzare e che a lui “ha cambiato totalmente la vita”. Ha svelato con ironia i retroscena di Basic Instinct, lodando il coraggio di una giovane Sharon Stone di fronte a un regista “calvinista e spaventoso” come Paul Verhoeven.

Ma la Hollywood di oggi, ha ammesso, è un mondo irriconoscibile. “Un tempo un politico era un servitore pubblico, non uno da spettacolo. Lo stesso vale per il cinema: è sempre più difficile diventare star, perché costano troppo. Preferiscono puntare sulla CGI”. Un mondo difficile soprattutto per i giovani. “I miei figli vogliono fare questo lavoro, ma non ci sono più uffici casting. Ti chiedono un self-tape con l’iPhone, lo mandi e raramente ricevi risposta. È un lavoro solitario, con una disoccupazione al 90%”.

Infine, uno sguardo cupo sul futuro, dominato dall’intelligenza artificiale. Dopo aver provato l’esperienza dei film Marvel (“recitare come se tutto fosse reale, ma non c’è nulla”), Douglas si è mostrato profondamente pessimista. “È sconvolgente. Ho visto cosa è successo con i social media, ed è difficile credere che ora metteranno davvero dei limiti all’IA. Esperti tech ci hanno detto: ‘Nei prossimi cinque anni non riconoscerete più questo pianeta’”.

L’ultimo pensiero è un appello accorato a non abbandonare il rito collettivo della sala cinematografica. “Spero che il cinema non diventi come l’opera o il balletto, riservato a pochi. È il posto dove si sogna. Con lo streaming si sta a casa. Ma il cinema è un’altra cosa”.

Michael Douglas a Taormina