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La Sicilia che Soffre: Povertà Esplosiva al 38,1% (Dati ISTAT). Governi Sotto Tiro: Politiche Inadeguate per l’Isola

- 22/05/2025
poverta

È necessaria un’iniezione massiccia di risorse e di intelligenza politica per sbloccare le immense potenzialità dell’Isola e garantire ai suoi cittadini il diritto fondamentale a un futuro dignitoso.

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MESSINA – Un grido d’allarme che si fa urlo di fronte agli ultimi, impietosi dati ISTAT: la Sicilia sprofonda in una crisi sociale senza precedenti, con il 38,1% della sua popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale. Questo il dato sconcertante, che certifica come in gran parte del Mezzogiorno l’asticella del disagio tocca quasi il 40% (39,8%), come certificato dal Rapporto Annuale dell’ISTAT presentato proprio ieri, 21 maggio 2025. Di fronte a questa emergenza che devasta famiglie, giovani e anziani, le politiche messe in campo dal governo nazionale e da quello regionale appaiono non solo drammaticamente insufficienti, ma suonano come un schiaffo alla dignità di un’Isola messa in ginocchio.

L’Italia intera mostra segnali di sofferenza, con un rischio povertà nazionale al 23,1%, ma è nel Sud e nelle Isole che la situazione assume i contorni di una vera e propria ecatombe sociale.

La Sicilia, con i suoi livelli reddituali cronicamente inchiodati agli ultimi posti in Italia, vede la forbice delle disuguaglianze allargarsi. L’inflazione degli anni recenti ha ulteriormente eroso quel poco potere d’acquisto rimasto, gettando le famiglie nell’incertezza e nella precarietà. Il lavoro, quando c’è, spesso non basta più a garantire una vita dignitosa, come sottolinea lo stesso Rapporto ISTAT, evidenziando una crescente vulnerabilità anche tra chi un’occupazione ce l’ha.

Di fronte a questa Caporetto sociale, quali risposte concrete arrivano dai palazzi del potere? Il governo nazionale guidato da Giorgia Meloni ha smantellato il Reddito di Cittadinanza, una misura che, con tutti i suoi difetti, offriva un paracadute a centinaia di migliaia di siciliani. L’introduzione dell’Assegno di Inclusione (AdI) e del Supporto Formazione e Lavoro (SFL) è considerata da economisti, sindacati e operatori sociali un grave passo indietro per le aree più fragili del Paese. L’AdI, con criteri più selettivi e importi spesso ridotti, sta lasciando un vuoto incolmabile per molte famiglie, mentre l’SFL stenta a decollare in un mercato del lavoro siciliano asfittico e con tassi di disoccupazione giovanile allarmanti.

E il governo regionale siciliano?

L’amministrazione Schifani ha risposto con misure come un “reddito di povertà” regionale, finanziato con circa 30 milioni di euro e destinato a una platea ristretta di circa 10.000 nuclei con ISEE bassissimi. Un intervento che sa più di elemosina che di strategia, liquidato dalle opposizioni e dalle parti sociali come una goccia nell’oceano del bisogno, inadeguato a fronteggiare la vastità di una crisi che i dati ISTAT di ieri hanno confermato in tutta la sua brutalità. La vera battaglia contro la povertà si combatte con investimenti strutturali per creare lavoro dignitoso e stabile, con il potenziamento drastico dei servizi socio-sanitari, con un utilizzo trasparente ed efficace dei fondi europei per lo sviluppo, e non con bonus a pioggia o misure tampone.

La critica che si leva forte da una Sicilia ferita è quella verso una politica percepita come sorda e distante, più abile negli annunci che nelle azioni concrete e risolutive. Mentre i numeri ISTAT certificano un tracollo, i governi – nazionale e regionale – sembrano navigare a vista, incapaci di offrire una visione, una speranza, un progetto di rinascita.

Non c’è più tempo per palliativi. La Sicilia chiede un cambio di passo radicale, politiche coraggiose che aggrediscano le cause strutturali della povertà e dell’esclusione. È necessaria un’iniezione massiccia di risorse e di intelligenza politica per sbloccare le immense potenzialità dell’Isola e garantire ai suoi cittadini il diritto fondamentale a un futuro dignitoso. Altrimenti, i prossimi rapporti ISTAT non faranno che registrare le macerie di un disastro sociale colpevolmente ignorato.

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