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Legge anti-crack: 11,2 milioni per strutture, medici, prevenzione e unità mobili. Ma mancano comunità doppia diagnosi

- 25/09/2024

di Giuseppe Bevacqua

E’ un passo importante quello che la Regione Siciliana compie per arginare un’emergenza, come ho scritto più volte, sommersa dall’indifferenza e dalla insufficiente informazione nei confronti di giovani e famiglie. Con la legge di oggi si fa breccia nell’indifferenza e nella mancanza: l’indifferenza delle famiglie che, per lo più, credono sia un “male” che colpisca solo “gli altri” o che vivono nella bambagia di una falsa tranquillità che ripete “non i miei figli”. La breccia che squarcia il muro della mancanza inerisce l’assoluta inesistenza di strutture adeguate a trattare le patologie psichiatriche che derivano dall’abuso di crack. Una sostanza infida e ideata per creare dipendenza, la cui composizione determina la morte di cellule cerebrali, oltre ad altre compromissioni a livello cardiaco e generale, innescando e, a volte, slatentizzando, patologie psichiatriche gravi, come la schizofrenia. Mancanza perché in Sicilia, anzi nel Sud Italia non esistono comunità terapeutiche a “doppia diagnosi”, ovvero strutturate per l’osservazione e la cura di tali patologie gravi, che oggi colpiscono sempre più ragazzi in giovanissima età. Non sanno in molti che le comunità a doppia diagnosi più vicine si trovano da Viterbo in su. Luoghi di cura con psichiatri, psicologi, operatori formati all’assistenza delle disabilità molto spesso permanenti, oltre che al superamento della dipendenza che è per lo più farmacologica.

Oggi la Regione stanzia 11.2 milioni di euro con un testo composto di 16 articoli, molto responsabilmente approvati all’ARS senza emendamenti. L’obiettivo è quello di creare una struttura, una barriera preventiva e di assistenza che, come scrive il testo della Legge, è costituita da unità mobili di medici ed assistenti sociali che “interverranno in modo capillare”, ma non è chiaro come vista la violenza dell’impossessamento del crack delle menti di chi ne è dipendente.

Verranno siglati accordi con i privati per strutture di accoglienza che “si sommeranno alle ASP”. Ma queste sono solo copie di quel che deve essere una comunità doppia diagnosi. Interessante l’attività che si prospetta per i detenuti tossico dipendenti da parte di pool di medici che andranno ad operare all’interno del carcere. Ma chi soffre di tossicodipendenza grave, in carcere non dovrebbe starci e dovrebbe essere affidato, appunto, a comunità doppia diagnosi, per lo più al Nord Italia. Vista la carenza al Sud.

Ma tutto sommato è già un grande passo avanti, il segno di aver compreso l’emergenza in atto, che vale per la Presidenza e per tutti i deputati ARS. Le famiglie ringraziano, ma c’è molto ancora da fare. Però è un grande inizio.