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Quella poesia “Tramonto” appesa davanti agli occhi di Messina Denaro. Scritta dalla piccola vittima dell’autobomba di via dei Georgofili

- 18/01/2023
georgofili

Il pomeriggio se ne va. Il tramonto si avvicina, un momento stupendo, il sole sta andando via (a letto), è già sera tutto è finito“. Scritta a penna con la grafia di bimba su un foglio di quaderno il 24 maggio del 1993, è la poesia della piccola Nadia Nencioni, che dopo soli 3 giorni, il 27 maggio, rimase vittima insieme alla sorellina Caterina di soli 50 giorni, dell’attentato di via Georgofili. Quella autobomba uccise anche i genitori, Fabrizio Nencioni e Angela Fiume e lo studente Dario Capolicchio. Il peso di quelle parole, quasi un testamento morale contro gli autori di quella strage, a testimonianza di ciò che la loro crudele follia aveva portato via, è stato posto in bella vista davanti al catturato Matteo Messina Denaro nell’immediatezza dell’arresto. La stessa operazione volta alla sua cattura è stata chiamata dalle Forze dell’ordine “Tramonto” in omaggio della piccola Nadia e delle vittime di quell’attentato di mafia.

La poesia, appesa al muro, non può essere sfuggita a Messina Denaro. Sull’effetto che potrebbe avergli fatto nessuno può ipotizzare nulla. Forse anche niente.

tramonto

L’abbiamo saputo stamani anche noi. Aver usato la poesia Tramonto di Nadia come titolo dell’operazione che ha portato all’arresto di Matteo Messina Denaro è un simbolo, un bel segnale che viene dato a tutti, non è solo una carezza alle due bambine, nostre nipoti”.

Così da La Romola (Firenze) Luigi Dainelli commenta il nome scelto dal Ros per il blitz di cattura del boss. Dainelli e la moglie Patrizia Nencioni sono zii di Nadia, 9 anni, e Caterina, 50 giorni, uccise il 27 maggio 1993 dall’autobomba di via dei Georgofili. 

“Non so dire – ha proseguito Luigi Dainelli – se qualcuno di loro, dei carabinieri, scegliendo la parola Tramonto abbia voluto ricordare le bambine e aver voluto richiamare attenzione sulle vittime dell’attentato di Firenze, o se si sia voluto anche interpretare qualcosa di più, forse pure il tramonto personale del boss Matteo Messina Denaro che viene segnato dal suo arresto“. “Questo non lo so – ha concluso -, ma so che al di là di tutto, facendo così, c’è stato un pensiero di investigatori e inquirenti dedicato alla strage di Firenze. Speriamo che Messina Denaro si decida a parlare, a dire la verità completa sulle stragi. Noi speriamo che con questo arresto si possa saperne di più“.

Nadia Nencioni scrisse la poesia Tramonto pochi giorni prima dell’attentato in un quaderno tuttora conservato e riprodotto per raccontare la vicenda nelle scuole. Gli zii Dainelli sono tra i pochissimi parenti della famiglia Nencioni distrutta dall’autobomba. Il 22 dicembre 2017 morì a 94 anni la nonna paterna delle bimbe Lucia Vignozzi. Nel giardino pubblico davanti alle finestre della sua casa a La Romola fu posto il monumento che ricorda anche oggi i suoi familiari morti nell’attentato.

lapide georgofili

STORIA ED EPILOGO DELLA STRAGE DI VIA DEI GEORGOFILI

“Nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993, alle ore 1.04, a Firenze, in un’antica via del centro storico, via dei Georgofili, ai piedi della storica Torre del Pulci, sede dell’Accademia dei Georgofili, deflagra un’autobomba.+

Via dei georgofili dopo lattentato 1993 comune di firenze
Via dei georgofili dopo l’attentato, 1993 (comune di Firenze)


Si tratta di un Fiat Fiorino imbottito di 250 chilogrammi di una miscela esplosiva composta da tritolo, T4, pentrite, nitroglicerina. L’esplosione provoca il crollo della Torre sede dell’Accademia dei Georgofili e la devastazione del tessuto urbano del centro storico per un’estensione di ben 12 ettari, con un impatto che è stato definito “bellico”.
Muoiono Caterina Nencioni di 50 giorni, Nadia Nencioni di 9 anni, Angela Fiume di 36 anni, Fabrizio Nencioni di 39 anni, Dario Capolicchio di 22 anni. Angela, custode dell’Accademia dei Georgofili, risiedeva nella Torre con la sua famiglia. Dario, che proveniva da Sarzana e studiava architettura a Firenze, muore trasformato in una torcia umana nella sua abitazione, posta nell’edificio di fronte alla Torre. I feriti sono 48, moltissime famiglie rimangono senza tetto. Molti edifici della zona come Palazzo Vecchio, la Chiesa di S. Stefano e Cecilia e il complesso artistico monumentale della Galleria degli Uffizi subirono gravi danni: si perdono per sempre capolavori e preziosi documenti, il 25% delle opere presenti in Galleria subisce danni ma soprattutto si perdono per sempre cinque vite umane.
L’ipotesi di un attentato prende corpo fin dal giorno successivo, quando i vigili individuano il cratere che è di 3 metri di diametro e 2 di profondità. Altrettanto rapidamente si scopre che il Fiat Fiorino è stato rubato a Firenze in via della Scala non molti giorni prima dell’attentato e “imbottito” a Prato. In breve tempo, inoltre, gli inquirenti individuano negli uomini dell’organizzazione mafiosa “Cosa Nostra” gli esecutori materiali della strage.
Dopo un lungo iter processuale vengono comminati 15 ergastoli, definitivamente attribuiti dalla Cassazione il 6 maggio 2002.
Dieci anni, però, non sono stati sufficienti a scoprire chi ha ordinato questa strage, o, quantomeno, chi ne era a conoscenza e non l’ha fermata perché i suoi interessi coincidevano con quelli della Mafia.
Quanto ancora dovremo aspettare per scoprire quei volti?”

da Associazione tra i Familiari delle Vittime della Strage di Via dei Georgofili