
Il sole dell’estate scioglie la neve e le anomalie, a lungo nascoste, cominciano ad apparire. La possibile incompatibilità del Direttore Generale Pippo Campagna diventa un caso politico con l’interrogazione di Forza Italia.
E mentre il leader di Sud Chiama Nord cerca alleanze, gli avversari di sempre gli presentano il conto per gli insulti passati.

MESSINA – C’è un momento in cui la neve, che ha coperto tutto per mesi, inizia a sciogliersi sotto il solleone. È allora che i buchi e le contraddizioni del terreno, a lungo celate, vengono inesorabilmente al pettine. A Messina, la neve politica che per anni ha garantito una sorta di invulnerabilità al “sistema De Luca” si sta sciogliendo, e il primo, grande buco che emerge ha il nome e il cognome di Pippo Campagna.
La vicenda, esplosa in queste ore, è quella della sua possibile incompatibilità: Direttore Generale della Città Metropolitana di Messina e, contemporaneamente, Direttore Generale di ASM Taormina. Un cortocircuito evidente, dove il ruolo di controllore e controllato si fondono nella stessa persona. Un’anomalia che avevamo già sollevato lo scorso ottobre nel silenzio generale, ma che oggi è diventata una tempesta.
Il consigliere metropolitano di Forza Italia, Carmelo Pietrafitta, ha infatti rotto gli indugi presentando un’interrogazione formale sul caso. Ma è il contesto politico generale a rendere il tutto esplosivo. Cateno De Luca, attuale sindaco di Taormina e leader del movimento “Sud chiama Nord”, noto per la sua comunicazione aggressiva, per anni ha etichettato gli avversari del centrodestra, e in particolare di Forza Italia, con l’insulto gratuito di “banda bassotti”. Le prove sono sotto gli occhi di tutti e proprio tra i video pubblicati dall’ex leader di Sud chiama Nord, oggi impegnato in progetti edilizi nella sua Fiumedinisi. Prove inconfutabili e schiaccianti di cui si chiede conto.
In uno scenario politico oggi completamente ribaltato, è proprio De Luca a cercare un’alleanza con quel mondo che ha sempre combattuto. E la risposta, puntuale e tagliente, arriva dal deputato nazionale di Forza Italia, Tommaso Calderone, che presenta il conto: «De Luca prima di allearsi con noi deve chiedere scusa per tutte le volte che ci ha chiamato banda bassotti».

Non è una semplice battuta, ma un vero e proprio sbarramento politico. Forza Italia non solo non dimentica gli insulti, ma li usa come clava politica, chiedendo le scuse ufficiali come prezzo inevitabile per sedersi al tavolo. La denigrata “banda bassotti” di ieri è diventata l’interlocutore a cui oggi si deve chiedere il permesso. E le scuse pubbliche sono come un veleno politico che De Luca probabilmente non inghiottirà mai.
Il caso Campagna, dunque, non è un semplice scivolone amministrativo. È il sintomo di un modello di potere che scricchiola. La nomina di un uomo di fiducia in un doppio ruolo strategico poteva funzionare quando la copertura politica era totale, come il consenso di cui De Luca ha beneficiato e che oggi, anche quello, si scioglie come neve al sole. Ora, con gli equilibri cambiati, quella stessa scelta diventa un boomerang, una anomalia intollerabile.
Saranno gli organi competenti a stabilire se l’incompatibilità sussista sul piano giuridico. Ma politicamente, il danno è già fatto. Ha dimostrato che la stagione dell’invulnerabilità è finita. I “buchi sotto la neve” stanno emergendo uno a uno, e quella che De Luca chiamava “banda bassotti” e cui oggi avrebbe voluto allearsi come vice del Presidente della Regione, sembra aver appena iniziato a riscuotere.
