
La sentenza della prima sezione civile del tribunale di Messina a firma della giudice Ivana Acacia rischia di sballare l’impianto di tenuta del Piano di Riequilibrio. Tutto risale al 2017 quando l’allora revisore contabile Federico Basile certificò il debito di 15.6 milioni di euro che l’Ato 3 vantava nei confronti del Comune di Messina per fatture emesse.
La storia del debito, che oggi ritorna come un boomerang, risale al 2006 e si snoda fino al 2017 proprio con il riconoscimento da parte del Collegio dei Revisori contabili del Comune di Messina che lo ratifica. Ma nel 2022 Federico Basile, diventato nel frattempo Sindaco, lo cancella senza considerare, probabilmente, che da debito fuori bilancio quei 15.6 milioni di euro per fatture emesse doveva rimanere nel Piano di Riequilibrio come “debito potenziale”.
La addotta transazione tra Comune di Messina e l’Ato3 che ne giustificherebbe l’eliminazione dal piano di riequilibrio del debito del Comune nei confronti della partecipata in liquidazione, infatti, Antonio Liotta, il liquidatore di Ato3, asseriva che “Agli atti di questa società non risulta con il Comune di Messina alcun accordo di abbattimento, né sottoscritto e né da sottoscrivere”. Nel gennaio del 2022 vi fu, infatti, un tentativo di composizione e di accordo intrapreso dall’allora assessore comunale Dafne Musolino che lo propose ricevendo solo una disponibilità “pro forma” da parte dei creditori di Ato3. Quanto si legge dalla nota stampa dell’allora assessore Musolino evidenziava su Ato3 “che il permanere della liquidazione non consente di ritenere, alla luce degli atti oggi esaminati, che la stessa Liquidazione possa essere definita in tempi brevi mentre, perdurando tale stato di cose, la situazione debitoria potrà solo aggravarsi”. Consigliando pertanto, all’epoca, a procedere alla dichiarazione di fallimento di Ato3. Azione proposta che non fu, invece, portata avanti.
Tant’è che oggi con la sentenza del tribunale di Messina, dopo una causa durata 14 anni, viene condannata Ato3 a pagare a Messinambiente, rappresentata dall’avvocato Daniele Passaro, 36 milioni di euro. A nulla varrà, ai fini del sistema del “dare” e “avere” che Messinambiente e Ato3 siano partecipate del Comune di Messina, ai fini di un’eventuale compensazione, in quanto essendo fallita la vecchia società di gestione dei rifiuti, e proprio a causa delle fatture non pagate dal Comune di Messina, il credito nel frattempo lievitato fino a 36 milioni di euro è adesso vantato dall’INPS, dai lavoratori, dall’erario per IVA non pagata e fornitori. Un debito quindi non compensabile tra le voci di bilancio delle ex società partecipate e il Comune di Messina che molto probabilmente dovrà farsene carico direttamente.
Una vera iattura per l’Ente guidato da Federico Basile che oggi fa i conti, e non più da “guardiano”, con un debito potenziale espunto dal Piano nel 2022, atto questo che potrebbe minare profondamente la stessa veridicità del Piano di riequilibrio. Se poi a questo si aggiunge che nel frattempo sono state effettuate assunzioni non autorizzate ed altre si stava per formalizzarle, 271 per essere precisi, nonostante non vi fosse alcun accordo preventivo con la Corte dei Conti, in assenza di bilancio consuntivo del 2023 non approvato nei tempi previsti, tutto rischia di diventare un pasticcio di enormi dimensioni. Intanto del consuntivo 2023 e dell’operato del commissario ad acta incaricato dalla Regione Sicilia nulla si sa. Il bilancio non sarebbe ancora arrivato in Giunta. Da lì poi dovrebbe essere sottoposto al parere della Commissione consiliare per poi essere votato in Consiglio comunale. Insomma la strada è lunga ed il tempo necessario a consumare l’iter del bilancio è lo stesso che intercorre tra oggi e la verifica periodica della Corte dei Conti sulla tenuta del Piano di Riequilibrio che ovviamente attende proprio l’approvazione del Consuntivo per esprimersi. Un bel pasticcio davvero.
