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“Siamo in Gabbia Come in un Pollaio”: L’appello del siciliano di Fiumefreddo dall’Inferno di ‘Alligator Alcatraz’

- 20/07/2025
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Il siciliano Gaetano Mirabella Costa e un altro connazionale detenuti nel controverso centro per migranti in Florida, voluto da Trump. Tra denunce di condizioni disumane e isolamento legale, si accendono i riflettori su una realtà da incubo nel cuore delle Everglades.

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“Siamo letteralmente in gabbia, come in un pollaio. Fateci uscire da questo incubo”. L’appello, carico di disperazione, arriva dai microfoni del Tg2 e a lanciarlo è Gaetano Mirabella Costa, 45enne originario di Fiumefreddo di Sicilia. La sua prigione non è un carcere comune, ma un luogo che già nel nome evoca isolamento e pericolo: ‘Alligator Alcatraz’, il nuovo centro di detenzione per migranti irregolari sorto per volontà dell’amministrazione Trump nelle paludi delle Everglades, in Florida, un ecosistema popolato da alligatori, coccodrilli e pitoni.

Da oltre otto giorni, Mirabella Costa si trova recluso in questa struttura, descrivendo una realtà agghiacciante. “Siamo in 32 in una gabbia, i bagni sono aperti, tutti ti vedono quello che fai,” ha denunciato, sottolineando l’impossibilità di ricevere assistenza. “Non ho la possibilità di parlare con un avvocato e nemmeno con un giudice, non so bene che reato mi viene contestato”.

La sua vicenda legale è complessa. Residente in Florida da alcuni anni, è stato arrestato lo scorso 3 gennaio per detenzione di stupefacenti senza prescrizione medica e aggressione ai danni di un anziano. A maggio è arrivata una condanna a sei mesi. Una volta scontata la pena, anziché essere rilasciato, è stato preso in custodia dall’ICE (Immigration and Customs Enforcement) e, il 9 luglio, trasferito ad ‘Alligator Alcatraz’ per violazione delle norme sull’immigrazione, in attesa della deportazione in Italia.

La madre, Rosanna, ha raccontato al telegiornale dettagli umilianti sulla detenzione del figlio, visto in udienza “con catene ai piedi e catene alle mani, come un cane”. Nonostante lo shock, l’unico barlume di speranza è un contatto telefonico: “Ho sentito mio figlio, l’unica cosa positiva è che ha la possibilità di parlare al telefono”, ha affermato la donna.

Un “Inferno” nelle Paludi e un Altro Italiano Detenuto

Gaetano Mirabella Costa non è l’unico italiano all’interno del centro. Con lui si trova anche Fernando Eduardo Artese, un 63enne con doppia cittadinanza, italiana e argentina. Artese, il cui caso non sembra legato a reati penali ma a una violazione delle norme sul visto, è stato arrestato a fine giugno. Le sue parole, riportate da media americani, descrivono il centro come “un campo di concentramento” dove i detenuti vengono trattati “come criminali” in una “continua umiliazione”.

‘Alligator Alcatraz’, inaugurato ai primi di luglio, è il simbolo del pugno di ferro sull’immigrazione dell’amministrazione Trump. Realizzato in tempi record su una pista di atterraggio dismessa (il Dade-Collier Training and Transition Airport), il centro è stato definito dallo stesso Presidente “controverso”, una valutazione liquidata con un eloquente “non me ne frega nulla”. L’obiettivo dichiarato dalla Sicurezza Interna (DHS) è quello di ospitare “alcuni dei migranti più minacciosi”, ma le testimonianze che emergono, incluse quelle dei due italiani, dipingono un quadro di sofferenza generalizzata che colpisce anche chi, come Artese, non ha precedenti penali.

Condizioni Disumane e la Battaglia Legale dell’ACLU

Le denunce di Mirabella Costa trovano eco in numerosi rapporti e azioni legali. L’ACLU (American Civil Liberties Union), insieme ad altre organizzazioni per i diritti umani, ha intentato una causa legale contro l’amministrazione, definendo ‘Alligator Alcatraz’ una “prigione ombra” dove i diritti fondamentali vengono sistematicamente violati. La causa sottolinea proprio l’impossibilità per i detenuti di comunicare con i propri avvocati, un ostacolo insormontabile per contestare la propria detenzione.

Le testimonianze raccolte parlano di tende sovraffollate e roventi che si allagano quando piove, cibo scarso e di pessima qualità, servizi igienici inadeguati e un’infestazione di insetti. Le autorità della Florida, che gestiscono la struttura, hanno respinto le accuse, sostenendo che il centro rispetta tutti gli standard richiesti.

Intanto, la Farnesina ha confermato di essere a conoscenza della situazione. Il Consolato Generale d’Italia a Miami e l’Ambasciata a Washington stanno monitorando da vicino i casi di Mirabella Costa e Artese, mantenendo contatti con le famiglie e sollecitando le autorità statunitensi per ottenere informazioni e garantire l’assistenza necessaria in vista di un possibile rimpatrio. Ma mentre la diplomazia si muove, per gli uomini rinchiusi ad ‘Alligator Alcatraz’ ogni giorno è un’attesa estenuante, intrappolati in una gabbia circondata dalle paludi e da un muro di silenzio legale.

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