In memoriam Francisci: “Non c’è spazio nella Chiesa per chi abusa di un minore”. La speranza che non si torni indietro ed il Pontificato in Evangelii Gaudium
Gli scandali maggiori (Becciu, McCarrick/Viganò) hanno avuto un impatto corrosivo, minando la credibilità necessaria per portare avanti le stesse riforme e offrendo facili appigli ai detrattori.
di Giuseppe Bevacqua
Nel giorno dei funerali di Francesco sul suo simulacro sventola una bandiera della quale fare tesoro e valore testamentario di continuità. Sin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha considerato la lotta contro gli abusi sessuali sui minori nella Chiesa cattolica una priorità assoluta. Un impegno che si è tradotto in azioni concrete, riforme legislative, gesti simbolici forti e, non da ultimo, nella resistenza incontrata sia dentro che fuori i Sacri Palazzi.
“Non c’è spazio nella Chiesa per chi abusa di un minore”, ha dichiarato Papa Francesco nel 2018, durante un discorso ai partecipanti al convegno mondiale sulla protezione dei minori.
L’annuncio della sua morte, il 21 aprile 2025, ha chiuso un capitolo durato dodici anni, un pontificato iniziato con la sorpresa di quel vescovo di Roma “venuto quasi dalla fine del mondo” nel marzo 2013. Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco, ha guidato la Chiesa cattolica attraverso un’era di profonde trasformazioni, segnata da un instancabile impulso riformatore che ha toccato le fondamenta stesse delle strutture vaticane, delle finanze, della pastorale e della cultura ecclesiale. La sua visione di una Chiesa “in uscita”, povera, misericordiosa e vicina alle periferie del mondo ha suscitato un’ondata di speranza e un vasto consenso popolare, ma ha anche innescato tempeste interne, resistenze tenaci, scandali dolorosi e dibattiti teologici accesi.
Una Chiesa in Uscita: La Visione di Francesco
Fin dai primi giorni del suo pontificato, Papa Francesco ha delineato una visione chiara per la Chiesa, un programma radicato nel Vangelo e orientato alla missione. Il documento chiave che funge da manifesto programmatico è l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, pubblicata nel novembre 2013. In essa, Francesco invita i fedeli a una “nuova tappa evangelizzatrice marcata dalla gioia”, una gioia che nasce dall’incontro personale con Gesù Cristo: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”. Questa gioia, secondo il Papa, non è un sentimento superficiale, ma una forza trasformatrice che libera “dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento” e spinge ad uscire da sé stessi per comunicare l’amore di Dio.
È una Chiesa che non teme di “sporcarsi le mani” nel servizio agli ultimi, che preferisce essere “incidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade
Il concetto centrale è quello della “Chiesa in uscita”, una Chiesa che abbandona l’autoreferenzialità e le comode sicurezze per avventurarsi nelle “periferie” geografiche ed esistenziali del mondo contemporaneo. È una Chiesa che non teme di “sporcarsi le mani” nel servizio agli ultimi, che preferisce essere “incidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze” . Questo richiede pastori che abbiano “l’odore delle pecore”, capaci di camminare con il popolo, di accompagnare l’umanità “in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere”, con pazienza e sopportazione apostolica. L’evangelizzazione, per Francesco, non avviene per proselitismo, ma “per attrazione”, attraverso la testimonianza credibile della gioia e della misericordia.
Due temi ricorrenti e fondamentali in questa visione sono la misericordia e la povertà. La misericordia è presentata come il cuore pulsante del Vangelo, un attributo divino inesauribile: “Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia”. Questa enfasi ha trovato espressione concreta nell’indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia (2015-2016). Accanto alla misericordia, vi è il desiderio profondo di “una Chiesa povera per i poveri”. Una scelta legata intimamente al nome stesso scelto dal Pontefice, Francesco, in omaggio al santo di Assisi, “uomo di povertà, uomo di pace”. Non si tratta di una povertà teorica, ma di una scelta concreta che si impara “toccando la carne di Cristo povero, negli umili, nei poveri, negli ammalati, nei bambini”. Questa opzione preferenziale per i poveri e gli emarginati si traduce in una critica costante alla “cultura dello scarto” e all’indifferenza globalizzata.
La visione delineata in Evangelii Gaudium non è rimasta una semplice esortazione spirituale, ma ha costituito la vera e propria matrice teologica e pastorale per le riforme strutturali intraprese successivamente. La chiamata a una “conversione missionaria della Chiesa” ha fornito la giustificazione per intervenire su quelle strutture curiali e finanziarie percepite come un ostacolo a questa missione evangelizzatrice. La costante enfasi sulla gioia e sulla misericordia, intesa come volto accogliente e non giudicante della Chiesa (“non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia”), mirava a rendere il messaggio cristiano più attraente nel mondo contemporaneo. Tuttavia, proprio questo approccio pastorale, incentrato sull’accompagnamento e il discernimento più che sulla rigida applicazione della norma, ha generato attriti e resistenze significative all’interno della Chiesa, alimentando critiche da parte di chi temeva un annacquamento della dottrina o della disciplina morale.
Le Grandi Riforme Strutturali
Animato dalla visione di una Chiesa più snella, missionaria e al servizio delle Chiese locali, Papa Francesco ha avviato un profondo processo di riforma delle strutture centrali della Santa Sede, intervenendo in particolare sulla Curia Romana e sulle finanze vaticane.
La Riforma della Curia Romana: Praedicate Evangelium
Il percorso di riforma della Curia è stato lungo e complesso, avviato quasi subito dopo l’elezione con l’istituzione di un Consiglio di Cardinali (il cosiddetto “C9”) per coadiuvare il Papa nel governo della Chiesa universale e studiare una revisione della Costituzione Apostolica Pastor Bonus di Giovanni Paolo II. Questo processo è culminato nella promulgazione, il 19 marzo 2022, della nuova Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, entrata in vigore il 5 giugno dello stesso anno.
L’obiettivo fondamentale dichiarato nel preambolo è quello di armonizzare il servizio della Curia con il compito primario della Chiesa: l’evangelizzazione. “Praedicate evangelium… è il compito che il Signore Gesù ha affidato ai suoi discepoli”, recita l’incipit, segnalando una chiara inversione di priorità. La Curia non è più vista primariamente come un organo di governo centrale, ma come un organismo di servizio al Papa e ai Vescovi per la missione della Chiesa nel mondo. Questo si riflette nella nuova struttura: il primo Dicastero nell’ordine di elencazione è quello per l’Evangelizzazione, risultato dell’accorpamento della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Propaganda Fide) e del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, presieduto direttamente dal Papa. Altri accorpamenti hanno riguardato, ad esempio, la cultura e l’educazione, confluite in un unico Dicastero.
Una delle novità più significative e potenzialmente rivoluzionarie di Praedicate Evangelium è l’affermazione che la potestà di governo nella Curia non deriva necessariamente dal sacramento dell’Ordine, ma dalla missione canonica conferita dal Papa. Di conseguenza, “qualsiasi fedele” – laico, laica, religioso/a – può presiedere un Dicastero o un Organismo curiale, “data la sua particolare competenza, potestà di governo e funzione particolare”. Questo principio rompe un legame secolare tra clericato e potere di governo all’interno delle strutture centrali della Chiesa, aprendo la strada a una maggiore partecipazione dei laici, incluse le donne, in ruoli di alta responsabilità. Un segnale in questa direzione era già stata la nomina di Suor Raffaella Petrini a Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Il Cardinale Marcello Semeraro ha sottolineato come questo rifletta il principio fondamentale che “Ogni cristiano, in virtù del Battesimo, è un discepolo missionario”, fondando la possibilità di una corresponsabilità più ampia nel servizio ecclesiale. Questa apertura rappresenta una sfida culturale profonda per un ambiente tradizionalmente dominato dal clero, e la sua effettiva implementazione e il suo impatto a lungo termine dipenderanno dalle future nomine papali e dalla capacità dei laici di operare efficacemente in questo contesto.
La Riforma delle Finanze Vaticane: Trasparenza e Centralizzazione
Al momento della sua elezione, Papa Francesco ereditò una situazione finanziaria vaticana complessa, segnata da opacità, scandali ricorrenti, mancanza di controlli centralizzati e una gestione frammentata dei patrimoni. La famosa registrazione trafugata in cui il Papa affermava “La cassa non è in ordine” rese pubblica l’urgenza di un intervento radicale.
La risposta è stata una serie di riforme mirate a introdurre trasparenza, rigore e controllo. Furono creati nuovi organismi chiave: la Segreteria per l’Economia (SPE), con autorità su tutte le attività economiche e amministrative della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano; il Consiglio per l’Economia, con compiti di indirizzo e vigilanza; e fu potenziato l’Ufficio del Revisore Generale, incaricato dell’audit dei bilanci. Figure tecniche e manager laici furono poste alla guida di questi enti.
Un passo cruciale fu la centralizzazione della gestione finanziaria. Gran parte del patrimonio mobiliare e immobiliare precedentemente gestito dalla Segreteria di Stato – al centro di numerose polemiche e scandali – fu trasferito all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). Con successivi rescripta, il Papa ha stabilito che l’Istituto per le Opere di Religione (IOR), la cosiddetta “banca vaticana”, oggetto anch’esso di riforme interne, diventasse l’unico gestore istituzionale abilitato per il patrimonio mobiliare della Santa Sede, in quanto conforme agli standard internazionali. Si è cercato inoltre di implementare criteri di gestione etica degli investimenti (ESG) e di aderire agli standard internazionali antiriciclaggio (Moneyval). Anche gesti simbolici, come l’abolizione degli affitti di favore per cardinali e alti prelati, hanno voluto segnalare un cambio di passo verso una maggiore sobrietà ed equità.
Queste riforme finanziarie e la ristrutturazione della Curia sono apparse profondamente interconnesse. La pulizia delle finanze era indispensabile per ridare credibilità alla missione evangelizzatrice delineata in Evangelii Gaudium e perseguita dalla Curia riformata. Allo stesso tempo, la riorganizzazione della Curia, in particolare la riduzione del potere finanziario della Segreteria di Stato – implicata nello scandalo dell’immobile di Londra – era una precondizione per poter esercitare un controllo finanziario centralizzato ed efficace attraverso i nuovi organismi come la SPE e l’APSA.
Tuttavia, il cammino delle riforme economiche è stato irto di ostacoli. Si sono registrate forti resistenze da parte di settori della Curia abituati a una gestione autonoma e poco trasparente dei fondi. Figure chiave della riforma, come il primo Revisore Generale Libero Milone, sono state allontanate in circostanze controverse. Il crollo delle donazioni, in particolare dell’Obolo di San Pietro, forse anche a causa degli scandali, ha messo sotto pressione i bilanci vaticani. Alcuni meccanismi previsti, come il Comitato per gli Investimenti con il compito di definire linee guida etiche, non sono entrati pienamente in funzione. Lo stesso Papa ha riconosciuto che “non basta una legge a cambiare le prassi”, sottolineando come la resistenza più difficile da vincere sia quella legata alla “mentalità”. Se da un lato le riforme hanno introdotto maggiore trasparenza e controllo, dall’altro hanno comportato una forte centralizzazione del potere finanziario (in APSA e IOR), che, pur necessaria per spezzare vecchi potentati, potrebbe creare nuove dinamiche di potere e richiedere una vigilanza costante.
Riforma Giudiziaria e il Processo Becciu
Strettamente legata alla riforma finanziaria è stata la riforma del sistema giudiziario vaticano. Una delle decisioni più rilevanti è stata l’abolizione, nel 2021, del foro privilegiato per cardinali e vescovi, rendendoli perseguibili dai tribunali ordinari dello Stato della Città del Vaticano come qualsiasi altro cittadino.
La prova più eclatante di questo cambiamento è stato il maxi-processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, incentrato sulla controversa compravendita di un immobile di lusso a Londra. Il processo, durato oltre due anni, ha visto sul banco degli imputati dieci persone, tra cui per la prima volta un cardinale, Angelo Becciu, ex Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. Nel dicembre 2023, il Tribunale vaticano ha emesso una sentenza di condanna in primo grado per Becciu a 5 anni e 6 mesi di reclusione per peculato e abuso d’ufficio, insieme ad altre condanne per intermediari e funzionari coinvolti. Al di là delle vicende giudiziarie specifiche e dei successivi gradi di giudizio, il processo Becciu ha rappresentato un segnale forte della volontà di applicare le nuove norme sulla trasparenza finanziaria e sulla responsabilità penale anche ai più alti livelli della gerarchia. Parallelamente, sono state introdotte riforme nel codice penale vaticano per adeguarlo agli standard internazionali, includendo la criminalizzazione della tortura e dei delitti contro i minori e l’abolizione dell’ergastolo.
Insegnamenti Chiave per il Mondo Contemporaneo
Oltre alle riforme strutturali, il pontificato di Francesco è stato caratterizzato da un magistero ricco e attento alle sfide del mondo contemporaneo, espresso attraverso encicliche, esortazioni apostoliche e un costante impegno nel dialogo.
Laudato Si’(2015): La Cura della Casa Comune
Pubblicata nel maggio 2015, l’enciclica Laudato Si’ sulla cura della casa comune ha rappresentato un momento di svolta nel magistero pontificio, essendo il primo documento di tale livello interamente dedicato al tema dell’ecologia. Ispirata al Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, l’enciclica propone il concetto di “ecologia integrale”, sottolineando la profonda interconnessione tra la crisi ambientale, la crisi sociale e i modelli economici dominanti. “La nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia”, scrive il Papa, ma questa sorella “protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei”.
Francesco denuncia le cause profonde del degrado ambientale e sociale: un paradigma tecnocratico dominante, un antropocentrismo deviato, la cultura dello scarto, l’iniquità planetaria e la debolezza delle reazioni politiche. L’enciclica lancia un appello urgente a una “conversione ecologica”, che implica un cambiamento radicale negli “stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere”. Invita al dialogo globale e all’azione politica coraggiosa per proteggere l’ambiente e promuovere la giustizia tra le generazioni. Laudato Si’ ha avuto un’eco vastissima ben oltre i confini della Chiesa cattolica, influenzando il dibattito pubblico e politico sull’ambiente, pur non mancando di suscitare critiche da alcuni settori.
Amoris Laetitia(2016): L’Amore nella Famiglia
Frutto dei due Sinodi dei Vescovi sulla famiglia tenutisi nel 2014 e 2015, l’Esortazione Apostolica Amoris Laetitia (“La Gioia dell’Amore”) affronta la bellezza e le sfide della vita familiare nel mondo contemporaneo. Il documento celebra l’amore coniugale come un cammino di crescita, fatto di “gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo”, e sottolinea l’importanza della preparazione al matrimonio, dell’accompagnamento delle coppie e dell’educazione dei figli.
Il cuore pastorale dell’esortazione risiede nell’invito ad “accompagnare, discernere e integrare la fragilità”. Pur riaffermando l’ideale cristiano del matrimonio indissolubile, Amoris Laetitia chiede un approccio pastorale misericordioso verso le famiglie ferite e le situazioni cosiddette “irregolari”, in particolare quelle dei fedeli divorziati e risposati civilmente. È il Capitolo VIII del documento ad aver suscitato il dibattito più acceso. In esso, Papa Francesco, pur senza modificare la dottrina, apre alla possibilità, caso per caso, attraverso un percorso di discernimento personale accompagnato da un sacerdote, di un accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia per alcuni divorziati risposati. Questo discernimento deve tenere conto della coscienza individuale, delle circostanze attenuanti che possono diminuire la responsabilità soggettiva, del pentimento e del desiderio di vivere cristianamente nella nuova unione, anche considerando il bene dei figli. Il Papa ricorda che l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli”. Questa apertura pastorale, confermata successivamente da risposte ufficiali del Vaticano a richieste di chiarimento (dubia), è stata accolta con favore da molti come un’applicazione concreta della misericordia, ma criticata da altri come fonte di confusione e potenziale cedimento dottrinale. Al di là di questa specifica questione, l’esortazione promuove una visione più ampia della pastorale familiare, invitando a rendere le famiglie stesse protagoniste dell’evangelizzazione e a prendersi cura di tutte le fasi e le situazioni della vita familiare.
Dialogo Interreligioso e Fraternità Umana
Un filo conduttore del pontificato è stato l’instancabile impegno per il dialogo ecumenico e interreligioso. Francesco ha moltiplicato gli incontri con leader di altre confessioni cristiane e di altre religioni, vedendo nel dialogo una “condizione necessaria per la pace nel mondo”.
Un momento culminante di questo impegno è stata la firma, il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, del Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb. Questo testo storico condanna fermamente l’uso del nome di Dio per giustificare violenza e terrorismo, afferma il valore della cittadinanza basata sull’uguaglianza di diritti e doveri per tutti, difende la libertà religiosa e di credo come diritto fondamentale, e promuove la cultura della tolleranza, del dialogo e della collaborazione tra persone di fedi diverse. Il documento invita a riscoprirsi fratelli e sorelle perché figli di un unico Creatore. Nelle sue conversazioni, specialmente con i giovani, Francesco ha spesso usato l’immagine delle diverse religioni come “diverse lingue, diversi idiomi per arrivare a Dio”, sottolineando l’unicità di Dio e la comune figliolanza divina. Questo approccio, pur volto a costruire ponti di pace, ha sollevato interrogativi teologici in alcuni ambienti cattolici riguardo all’affermazione che la diversità delle religioni sia espressione di una “sapiente volontà divina”, evidenziando la delicata tensione tra l’apertura al dialogo e l’affermazione dell’unicità della rivelazione cristiana.
La Sinodalità come Metodo e Stile
Infine, un tratto distintivo del pontificato è stata la promozione della “sinodalità”. Questo termine, che deriva dal greco e significa “camminare insieme”, indica uno stile di vita e di governo della Chiesa basato sull’ascolto reciproco, sul dialogo e sul discernimento comunitario, coinvolgendo tutto il Popolo di Dio – laici, clero, vescovi – sotto la guida dello Spirito Santo e in comunione con il Vescovo di Roma. Francesco ha visto nella sinodalità non un parlamento dove si prendono decisioni a maggioranza, ma un processo spirituale volto a comprendere la volontà di Dio per la Chiesa nel tempo presente, in vista della missione.
L’obiettivo è quello di un “rinnovamento spirituale e di riforma strutturale” per rendere la Chiesa più partecipativa e missionaria.
Questa visione si è concretizzata nei Sinodi sulla Famiglia e, soprattutto, nell’avvio del grande processo sinodale globale “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” (2021-2024), che ha coinvolto consultazioni a livello diocesano, continentale e universale. L’obiettivo è quello di un “rinnovamento spirituale e di riforma strutturale” per rendere la Chiesa più partecipativa e missionaria. La promozione della sinodalità, intesa come recupero di una dimensione costitutiva della Chiesa primitiva, ha rappresentato un tentativo di decentrare alcune dinamiche decisionali e di valorizzare il sensus fidei del popolo di Dio. Tuttavia, questo approccio ha anche generato tensioni, in particolare quando decisioni papali prese motu proprio, come Traditionis Custodes, sono state percepite da alcuni come in contraddizione con lo spirito di ascolto e dialogo sinodale, rivelando una dialettica non ancora risolta tra primato petrino e collegialità episcopale/sinodalità ecclesiale.
L’insieme di questi insegnamenti mostra una coerenza di fondo con la visione espressa in Evangelii Gaudium. Il principio guida “la realtà è più importante dell’idea” sembra applicarsi costantemente: Laudato Si’ parte dalla realtà della crisi ecologica e sociale; Amoris Laetitia affronta le complesse realtà familiari contemporanee con approccio pastorale; il Documento di Abu Dhabi risponde alla realtà del conflitto e della mancanza di fraternità. Questo ancoraggio alla concretezza, pur cercando di illuminarla con la luce del Vangelo, ha reso il magistero di Francesco particolarmente rilevante per molti, ma anche più esposto a critiche per la sua enfasi sulla prassi pastorale rispetto alla riaffermazione astratta della dottrina.
Un Pontificato tra Venti Contrari
Il forte impulso riformatore e lo stile pastorale di Papa Francesco non sono stati privi di opposizioni e controversie. Anzi, il suo pontificato è stato costantemente accompagnato da critiche, resistenze interne e dallo scoppio o dalla gestione di gravi scandali che ne hanno messo alla prova la credibilità e l’efficacia dell’azione.
Resistenze Dottrinali, Pastorali e Liturgiche
Le critiche più esplicite sono provenute da settori conservatori e tradizionalisti all’interno della Chiesa – cardinali, vescovi, teologi e gruppi laicali. Figure come i cardinali Gerhard Ludwig Müller (ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede), Raymond Burke, Walter Brandmüller, Carlo Caffarra e Joachim Meisner hanno espresso pubblicamente perplessità o aperto dissenso. Le critiche vertevano su una presunta ambiguità dottrinale, in particolare riguardo all’esortazione Amoris Laetitia e alla sua applicazione pastorale ai divorziati risposati. Altri punti di attrito riguardavano le aperture ecumeniche e interreligiose, la riforma liturgica (in particolare dopo le restrizioni alla Messa pre-conciliare), le posizioni su temi sociali come l’immigrazione e, più in generale, uno stile di governo percepito da alcuni come autoritario o poco trasparente (“malgoverno”, “cerchio magico”).
L’episodio più emblematico di questa opposizione dottrinale è stata la presentazione dei Dubia (“dubbi”) relativi ad Amoris Laetitia nel settembre 2016. Quattro cardinali (Burke, Brandmüller, Caffarra e Meisner) sottoposero al Papa cinque quesiti formali che chiedevano una risposta “sì” o “no” su punti cruciali dell’interpretazione del Capitolo VIII, in particolare riguardo alla possibilità di ammettere ai sacramenti persone che vivono oggettivamente in contrasto con la legge morale (adulterio), all’esistenza di atti intrinsecamente cattivi e al ruolo della coscienza. Papa Francesco scelse di non rispondere direttamente ai Dubia nella forma richiesta, una decisione che i cardinali interpretarono come un invito a continuare la riflessione, ma che di fatto alimentò ulteriormente il dibattito e le divisioni. Solo anni dopo, nel 2023, il Dicastero per la Dottrina della Fede, in risposta a nuovi quesiti, ha confermato l’interpretazione pastorale aperta di Amoris Laetitia, sottolineando il ruolo del discernimento caso per caso.
Un’altra forte ondata di critiche si è levata dal mondo tradizionalista in seguito alla pubblicazione, nel luglio 2021, del Motu Proprio Traditionis Custodes. Con questo documento, Papa Francesco ha drasticamente limitato la possibilità di celebrare la Messa secondo il Messale del 1962 (la cosiddetta “Messa tridentina” o “Vetus Ordo”), abrogando di fatto le più ampie concessioni fatte dal suo predecessore Benedetto XVI con Summorum Pontificum. La decisione, motivata dal Papa con la necessità di salvaguardare l’unità della Chiesa e l’accettazione della riforma liturgica del Vaticano II, che vedeva messa in discussione da alcuni gruppi legati al rito antico, è stata percepita da molti fedeli tradizionalisti come un atto “immotivatamente duro”, divisivo e punitivo, facendoli sentire “abbandonati e perseguitati”. La mossa ha riacceso il dibattito sull’eredità del Concilio Vaticano II e sulla legittimità della pluralità liturgica all’interno del Rito Romano.
Scandali Finanziari e Resistenze alle Riforme
Le riforme economiche e finanziarie, pur necessarie, hanno incontrato notevoli resistenze e sono state funestate da gravi scandali che hanno gettato un’ombra sul pontificato. Il caso più clamoroso è stato quello legato all’investimento immobiliare della Segreteria di Stato in un palazzo a Londra, che ha portato al già citato processo e alla condanna del Cardinale Becciu. Questo scandalo ha rivelato non solo presunti illeciti e una gestione opaca e spregiudicata di ingenti somme di denaro (si parla di centinaia di milioni di euro), ma anche le profonde resistenze interne alle riforme volute da Francesco. Figure incaricate di promuovere la trasparenza, come il Revisore Generale Libero Milone, sono state costrette alle dimissioni tra accuse reciproche. La difficoltà nel cambiare prassi consolidate e la persistenza di “mentalità” refrattarie al controllo e alla trasparenza sono state ammesse dallo stesso Pontefice e da alti prelati. Questi scandali, ampiamente riportati dai media, hanno inevitabilmente minato la fiducia dei fedeli, contribuendo probabilmente al calo delle donazioni e fornendo argomenti agli oppositori delle riforme.
La Crisi degli Abusi Sessuali e le Accuse di Viganò
La piaga degli abusi sessuali commessi da membri del clero ha continuato a scuotere la Chiesa durante il pontificato di Francesco, che ha ereditato una crisi profonda e ha cercato di affrontarla con nuove norme e strutture, come la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori e il Motu Proprio Vos Estis Lux Mundi del 2019, che stabilisce procedure per denunciare abusi e insabbiamenti anche a carico di vescovi. Tuttavia, la gestione della crisi è rimasta un punto critico.
Nell’agosto 2018, il pontificato è stato investito da un attacco frontale senza precedenti da parte dell’ex Nunzio Apostolico negli Stati Uniti, l’Arcivescovo Carlo Maria Viganò. In una lunga testimonianza pubblica, Viganò accusò Papa Francesco e numerosi alti prelati di aver coperto per anni le accuse di abusi sessuali (su seminaristi adulti e, in un caso, su un minore) mosse contro l’allora Cardinale Theodore McCarrick, Arcivescovo emerito di Washington. Viganò sostenne di aver informato personalmente Francesco delle accuse contro McCarrick già nel 2013, ma che il Papa non avrebbe preso provvedimenti, anzi, avrebbe continuato a servirsi della collaborazione di McCarrick, ignorando presunte sanzioni precedentemente imposte da Benedetto XVI. McCarrick fu poi privato della porpora cardinalizia nel luglio 2018 e successivamente dimesso dallo stato clericale.
Le accuse di Viganò, pubblicate durante il viaggio del Papa in Irlanda, scossero profondamente la Chiesa, soprattutto negli Stati Uniti, già traumatizzata dal rapporto sugli abusi in Pennsylvania. La risposta iniziale di Papa Francesco fu di non commentare direttamente le accuse (“non dirò una parola su questo”), invitando i giornalisti a trarre le proprie conclusioni. Successivamente, il Vaticano ha pubblicato un dettagliato rapporto sul caso McCarrick che, pur evidenziando errori e sottovalutazioni da parte di diverse amministrazioni vaticane, contestava la ricostruzione di Viganò su punti chiave. Le accuse di Viganò, tuttavia, hanno ulteriormente polarizzato la Chiesa, venendo utilizzate dagli oppositori di Francesco per attaccarne la credibilità e l’autorità morale. La gestione complessiva della crisi degli abusi è rimasta un’area di vulnerabilità e critica per il pontificato.
Le diverse forme di opposizione e gli scandali che hanno segnato il pontificato non sembrano essere fenomeni isolati, ma piuttosto manifestazioni interconnesse di un più ampio scontro di visioni sul futuro della Chiesa. Le critiche dottrinali, le resistenze alle riforme finanziarie e curiali, e persino le controversie sulla gestione degli abusi spesso provenivano da ambienti simili o si saldavano in un’unica narrazione critica verso la direzione complessiva impressa da Francesco. Questo suggerisce una frattura profonda che andava oltre le singole questioni. Inoltre, l’iter delle riforme sembra aver seguito un percorso ricorrente: identificazione del problema, avvio di un processo (spesso consultivo o sinodale), implementazione di nuove norme o strutture, seguita da difficoltà di attuazione, resistenze culturali e necessità di ulteriori chiarimenti o interventi, evidenziando l’enorme complessità del trasformare un’istituzione millenaria. Infine, gli scandali maggiori (Becciu, McCarrick/Viganò) hanno avuto un impatto corrosivo, minando la credibilità necessaria per portare avanti le stesse riforme e offrendo facili appigli ai detrattori.
L’Impatto e l’Eredità di Papa Francesco
Valutare l’impatto di un pontificato così denso e complesso a ridosso della sua conclusione è un compito arduo. Tuttavia, alcuni tratti distintivi dell’eredità di Papa Francesco appaiono già delineati, sia all’interno della Chiesa che nel suo rapporto con il mondo.
Una Nuova Percezione Globale del Papato
Indubbiamente, lo stile personale di Francesco – la sua semplicità comunicativa, il linguaggio diretto e spesso colloquiale, la scelta di vivere a Santa Marta anziché nel Palazzo Apostolico, l’enfasi sulla misericordia e la vicinanza ai poveri – ha modificato profondamente la percezione del papato a livello globale. Per molti, dentro e fuori la Chiesa, è apparso come una figura più accessibile, umana e pastoralmente attenta. La sua costante attenzione ai drammi del mondo contemporaneo – le guerre, le migrazioni, la povertà, la crisi ambientale – lo ha reso una voce morale di riferimento sulla scena internazionale. I suoi appelli per la pace e la giustizia, pur non sempre ascoltati, hanno avuto un peso simbolico e linguistico riconosciuto. Questa accresciuta rilevanza globale, tuttavia, lo ha anche esposto a critiche politiche da parte di chi non condivideva le sue posizioni su temi come l’economia, l’ambiente o l’accoglienza dei migranti.
Il Primato della Giustizia Sociale e delle Periferie
Un elemento centrale e probabilmente duraturo del suo pontificato è stato il riposizionamento delle priorità ecclesiali verso le “periferie”, sia geografiche che esistenziali. La sua costante difesa dei poveri, dei migranti, degli emarginati (“scarti”), esemplificata dal suo primo viaggio a Lampedusa, e la sua critica radicale all'”economia che uccide” e alla “globalizzazione dell’indifferenza” hanno radicato la dottrina sociale della Chiesa nel cuore della sua azione pastorale. L’enciclica Laudato Si’, collegando inscindibilmente la crisi ambientale alla crisi sociale, rappresenta il culmine di questa visione. Questo spostamento di accento verso la giustizia sociale e l’opzione preferenziale per i poveri costituisce una delle eredità più significative, ma anche una delle principali fonti di attrito con settori più conservatori, sia all’interno che all’esterno della Chiesa.
L’Avanzamento del Dialogo e della Sinodalità
Il pontificato ha segnato progressi significativi nel dialogo ecumenico, in particolare con le Chiese Ortodosse, e nel dialogo interreligioso, culminato nel Documento di Abu Dhabi con il mondo islamico. Francesco ha impresso una forte accelerazione a questi processi, considerandoli essenziali per la pace e la testimonianza cristiana nel mondo contemporaneo.
All’interno della Chiesa, la spinta verso la sinodalità rappresenta forse la scommessa più ambiziosa e dall’esito più incerto. L’aver avviato un processo globale di consultazione e discernimento che coinvolge l’intero popolo di Dio ha potenzialmente gettato le basi per un modo diverso di “essere Chiesa”. Tuttavia, la sua istituzionalizzazione e la sua reale efficacia dipenderanno in gran parte dai suoi successori e dalla capacità della Chiesa a tutti i livelli di interiorizzare una cultura dell’ascolto e della corresponsabilità, superando resistenze strutturali e culturali.
Riforme Irreversibili?
Le riforme strutturali, in particolare quelle della Curia e delle finanze, hanno modificato leggi e organismi. Ma sono davvero irreversibili? Come ha notato il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, citando la Lettera di Giacomo, serve pazienza e discernimento per capire cosa rendere istituzionale nel tempo. Lo Spirito, ha aggiunto, non permette inversioni di marcia totali, ma la storia insegna che le riforme possono essere rallentate, svuotate o reinterpretate. Molto dipenderà dal prossimo pontefice e dalla volontà di proseguire sulla strada tracciata. Un fattore chiave in questo senso è la composizione del Collegio Cardinalizio, che Francesco ha profondamente rinnovato, nominando porporati provenienti da tutto il mondo, spesso dalle periferie, alterando gli equilibri geografici e forse anche ideologici in vista del prossimo Conclave. Tuttavia, la resistenza più profonda rimane quella della “mentalità”, come ammesso dallo stesso Francesco, e cambiare una cultura richiede tempi più lunghi di un pontificato.
Un Bilancio Complesso e Aperto
Papa Francesco lascia una Chiesa indubbiamente diversa da quella che ha trovato nel 2013. Una Chiesa più consapevole delle sfide globali, più orientata alla missione e alla misericordia pastorale, con strutture centrali parzialmente riformate e un processo sinodale avviato. Ha goduto di un’immensa popolarità e ha ispirato milioni di persone con la sua testimonianza di fede semplice e radicale.
Allo stesso tempo, lascia una Chiesa attraversata da profonde divisioni, con tensioni dottrinali e liturgiche acuite, riforme strutturali ancora fragili e la piaga degli abusi non del tutto sanata. È stato un Papa “irritante” per alcuni, profetico per altri; un pontefice che ha cercato di applicare lo spirito del Concilio Vaticano II con coraggio, ma la cui eredità rimane complessa e dibattuta.
Le Domande Aperte per il Futuro
Papa Francesco passerà alla storia come un pontefice trasformatore, un pastore “venuto dalla fine del mondo” che ha cercato con tenacia di scuotere la Chiesa cattolica dal torpore e di riportarla al cuore del Vangelo: l’annuncio della gioia e della misericordia di Dio, specialmente ai poveri e agli emarginati. Ispirandosi al Concilio Vaticano II e alla sua esperienza latinoamericana, ha impresso una forte spinta missionaria, avviando riforme strutturali ambiziose e promuovendo uno stile sinodale di “camminare insieme”.
Il suo pontificato, tuttavia, è stato un percorso costellato non solo di applausi, ma anche di tempeste. La sua visione pastorale, incentrata sull’accompagnamento e il discernimento, è stata accolta da molti come un’espressione autentica della tenerezza di Dio, ma ha suscitato perplessità e opposizioni in chi temeva un cedimento sulla dottrina e la disciplina. Le riforme economiche e curiali, pur necessarie, hanno incontrato resistenze tenaci e sono state segnate da scandali che ne hanno offuscato l’immagine. La gestione della crisi degli abusi, nonostante gli sforzi, è rimasta un fronte aperto e doloroso.
Francesco è stato un Papa che ha confortato molti ma ne ha anche “irritati” altri, portando alla luce tensioni latenti all’interno del cattolicesimo contemporaneo. La sua eredità non si misura solo nei successi o nei fallimenti delle singole iniziative, ma nelle domande profonde che ha costretto la Chiesa ad affrontare: Qual è il vero volto della misericordia? Come coniugare verità e carità, dottrina e pastorale? Come essere una Chiesa fedele alla Tradizione e al contempo capace di parlare al mondo di oggi? Quale ruolo per i laici e le donne? Come vivere la sinodalità a tutti i livelli?
Il futuro della Chiesa sinodale da lui sognata, la solidità delle riforme intraprese e la capacità di navigare le complesse dinamiche interne ed esterne dipenderanno dalle scelte del suo successore e dalla risposta dell’intero popolo di Dio. Papa Francesco ha lasciato un'”impronta duratura”, ma anche molte “fragilità” e questioni aperte, indicando una direzione ma lasciando la mappa del viaggio futuro ancora in gran parte da disegnare.
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.Ok