Refrontolo è in provincia di Treviso e Marino Gazzola è morto in un cantiere mentre lavorava a 5 metri di altezza, cadendo da un’impalcatura. La notizia dell’ennesima morte sul lavoro sconvolge, ma ancor più sconvolgente, anzi allucinante, è l’età di Marino. Gazzola aveva 69 anni ed era ancora al lavoro, ancora operaio nella società edile di Altivole in cui lavorava. Marino è morto sul colpo. Un malore? Sicurezza non adeguata? Le condoglianze, le inchieste, le dichiarazioni di sindacati e di politici, sono come specchi rotti che ingannano circa il vero problema.
La generazione che oggi è in pensione, a 69 anni aveva già da tempo concluso il proprio percorso lavorativo. Quella che è seguita, a poche spanne di tempo, continua a svolgere anche lavori faticosi e pericolosi alla soglia dei settant’anni. Quella che seguirà si chiede se potrà mai andare in pensione…
IL DOPPIO FALLIMENTO
La morte di Marino Gazzola costituisce un doppio fallimento del sistema Italia: da una lato c’è quello del mondo del lavoro e della sua sicurezza, dall’altro collassa il sistema pensionistico a causa dell’invecchiamento della popolazione e del calo demografico. Questi fattori metteranno a dura prova i conti dell’Inps, che entro 10 anni potrebbe trovarsi gravemente in passivo.
Stando ai dati Inps, nel 2023 la spesa per le pensioni in Italia è aumentata del 6,34%, per un valore complessivo di 269,9 miliardi di euro. L’incremento è dovuto principalmente alla rivalutazione degli assegni mensili in adeguamento all’inflazione. Tuttavia, l’aumento delle pensioni ha ulteriormente “rosicchiato” le casse dell’Ente previdenziale che, stando ai dati del CIV, in futuro potrebbero trovarsi in grosse difficoltà.
Tra le varie informazioni riportate dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza si fa riferimento, in particolare, all’invecchiamento della popolazione e al calo demografico. Essi avranno un impatto negativo sul bilancio dell’Inps, che nel giro di 10 anni passerà da un attivo di +23 miliardi di euro nel 2023 a un passivo di -45 miliardi di euro nel 2032, mentre i risultati di esercizio peggioreranno, passando da -3 miliardi a -20 miliardi.
QUINDI?
In pensione con pochi spiccioli in tasca. Già nel 2030 la previdenza pubblica non coprirà nemmeno il 50% dell’ultimo stipendio dei lavoratori. I più colpiti saranno i lavoratori autonomi che passeranno dal 64% attuale a un misero 30% del reddito individuale. Il rapporto tra pensione e retribuzione (tasso di sostituzione) dei dipendenti pubblici e privati scenderà rispettivamente da 68,6 e 67,3% a 49,6%. E il quadro si fa ancora più nero negli anni successivi.
I dati forniti dalla Ragioneria generale dello stato, dall’Inpdap e dalla Covip parlano chiaro: se non si ricorrerà alla previdenza integrativa l’Italia è destinata a diventare un paese di pensionati affamati. Lavoratori anziani per non morire, che rischieranno però di morire di lavoro.
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