Consorzi di imprese creati ad hoc solo per aggirare il fisco con somministrazione illecita di manodopera in favore di clienti, per lo più aziende siciliane. Falsi appalti di servizi che costituivano l’ossatura di un sistema che stamattina ha determinato la Guardia di Finanza su ordine della Procura di Catania di eseguire l’ordinanza cautelare che ha fatto scattare ordinanza cautelari per 18 persone di cui due in carcere e quattro ai domiciliari, compresi nove provvedimenti interdittivi.
L’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Catania si è spinta fino a Messina, Caltanissetta, Siracusa, Ragusa, Trapani, Cosenza, Vibo Valentia, Napoli, Roma, Viterbo e Varese.
Tutti sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione dei redditi infedele e fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti nonché indebita compensazione di crediti fiscali inesistenti.
I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania hanno eseguito anche il sequestro preventivo di 28 società commerciali coinvolte nella frode fiscale nonché di disponibilità finanziarie, di beni mobili ed immobili riconducibili ai principali indagati per un valore complessivo di oltre 8,2 milioni di euro.
LE INDAGINI
Le indagini, svolte anche mediante attività di intercettazione telefonica e ambientale, accertamenti bancari, acquisizioni documentali, escussione di persone informate sui fatti e servizi di osservazione, avrebbero fatto emergere secondo le accuse un diffuso sistema di frodi fiscali, realizzato attraverso la creazione di consorzi di imprese con il solo scopo di operare la somministrazione illecita di manodopera a favore delle aziende clienti, celata sotto forma di falsi appalti di servizi. Le investigazioni hanno preso avvio a seguito dello svolgimento di una serie di controlli fiscali, da cui sarebbero emersi i segnali di un fenomeno illecito organizzato e particolarmente diffuso, specie tra le imprese operanti nel settore turistico-alberghiero di Sicilia, Calabria e Lazio, dannoso sia per l’Erario, a causa dell’ingente evasione di imposte (dirette e IVA) e contributi previdenziali, sia per le aziende che operano lecitamente sul mercato, meno concorrenziali rispetto a quelle che si sarebbero avvantaggiate della frode, in grado di praticare tariffe più convenienti in virtù dei conseguenti più elevati margini di guadagno.
IL “SISTEMA” DELLA FRODE
Il meccanismo di frode si sarebbe basato su uno schema operativo ricorrente. In primo luogo, la costituzione di entità giuridiche in forma di consorzi (in questo caso il Consorzio Logatrans e il Consorzio In & Out con sede legale, rispettivamente, a Roma e Firenze) e società consorziate (oltre 26 susseguitesi nel tempo distribuite tra le province di Milano, Firenze, Roma, Catania e Messina), tutte prive di una propria organizzazione, di mezzi e senza l’assunzione di alcun rischio d’impresa, aventi di norma un ciclo di vita molto breve durante il quale avrebbero accumulato, senza onorarli, ingenti debiti tributari.
Tali soggetti giuridici, legalmente rappresentati da prestanome, spesso nullatenenti e privi di competenze professionali adeguate, avrebbero operato come meri serbatoi di manodopera, nel senso che sarebbero stati utilizzati esclusivamente per assumere un numero elevatissimo di lavoratori, per la maggior parte provenienti dalle aziende divenute clienti, per poi metterli a disposizione proprio di queste ultime sotto forma di appalto di servizi fittizio. In realtà, come emerso dalle investigazioni, i lavoratori non avrebbero mutato né sede lavorativa, né qualifica professionale, rimanendo, di fatto, alle dipendenze dell’originario datore di lavoro per continuare a svolgere le proprie ordinarie mansioni. Lo scopo sarebbe stato dunque quello di esternalizzare, solo in apparenza, la forza lavoro, in modo da conseguire diversi vantaggi consistenti.
Per le società clienti, nella maggiore flessibilità a fronte di una riduzione di costi sul lavoro, potendo modulare l’entità della manodopera in base alle esigenze di periodo e, al contempo, risparmiare sugli oneri retributivi, assicurativi, previdenziali e normativi connessi alle diverse tutele riconosciute ai lavoratori; ciò per effetto del licenziamento dei dipendenti delle predette aziende e della parallela assunzione in capo alle consorziate. Per di più, la stipula (solo formale) di un contratto di appalto avrebbe consentito alle clienti di detrarre l’iva applicata in fattura (non genuina) relativa ai “presunti servizi” erogati.
Per gli ideatori del “sistema consorzio”, negli ingenti profitti illeciti derivanti dal mancato pagamento allo Stato dei debiti erariali (per imposte e contributi) maturati dal consorzio e dalle consorziate, neutralizzati attraverso indebite compensazioni con crediti IVA inesistenti derivanti dal simulato acquisto di beni strumentali da società “cartiere”, in realtà appositamente costituite dal sodalizio criminale per emettere fatture false.
LE AZIENDE CLIENTI
Quest’ultima operazione sarebbe stata essenziale nella filiera del sistema fraudolento in quanto, beneficiando di compensazioni con crediti inesistenti, le consorziate avrebbero potuto certificare al cliente finale di avere “correttamente” assolto agli obblighi di versamento, fornendo la certificazione di regolarità contributiva (da Inps o Inail competente per territorio) ovvero il modello Durc. L’escamotage avrebbe così consentito di aggirare le disposizioni introdotte per contrastare il fenomeno delle somministrazione illecita di manodopera.
FALSA FATTURAZIONE
Negli ultimi 5 anni il giro di fatture false legato al sistema di frode nel suo complesso sarebbe stato pari a oltre 56 milioni di euro di imponibile e oltre 13 milioni di IVA, garantendo profitti illeciti all’associazione a delinquere per oltre 8 milioni di euro, la metà dei quali sarebbe stata distribuita agli organizzatori del sistema sotto forma di compensi professionali, stipendi, rimborsi spese.
I NOMI
Il centro decisionale di tutto il sistema fraudolento sarebbe ubicato a Catania, nello studio in via Napoli del commercialista Antonio Paladino e del suo collaboratore Gaetano Sanfilippo, ritenuti i promotori e gli organizzatori del sodalizio criminale sebbene gli stessi non abbiano ricoperto alcun ruolo formale nei consorzi e nelle consorziate e nonostante il fatto che le tali società avessero sede legale in diverse province italiane (Milano, Firenze, Roma, Messina e Catania), a volte presso civici inesistenti o locali vuoti e/o in disuso.
Paladino e Sanfilippo sarebbero stati coadiuvati da una serie di persone. Tra i primi vi sarebbero Sergio Riitano, 55 anni, responsabile e referente della rete commerciale in Calabria e nel Lazio, Giuseppe Paparatto di 55 anni, referente di alcune strutture ricettive operanti in Calabria, nelle vesti di imprenditore, professionista, consulente del lavoro e depositario delle scritture contabili di società clienti dei consorzi Logatrans e In&Out nonché procacciatore di clienti per questi ultimi, unitamente a Mariangela Granvillano di 62 anni e Simonetta Massimi di 56 anni, entrambe addette alla gestione dei clienti/appaltanti, degli adempimenti giuslavoristici riguardanti i lavoratori in carico alle consorziate affidatarie e dell’interlocuzione e gestione delle teste di legno posti a capo dei consorzi e delle consorziate in qualità di legali rappresentanti.
Gli altri collaboratori del duo Paladino – Sanfilippo sarebbero costituiti da una serie di fedeli personaggi, pronti ad assumere il ruolo di amministratore di diritto delle diverse società via via costituite, facendo da paravento all’attività svolta dai due e informandoli anche nei casi di avvio di attività ispettive da parte di reparti territoriali della Guardia di finanza. Tra questi, destinatari di misura interdittiva, vi sono: Angelo Portale di 47 anni, Angela Di Prima di 63 anni, Caterina La Ferlita di 49 anni, Domenico Francesco Strano di 58 anni, Maria Salvo di 50 anni, Adriana Mercorillo di 46 anni, Gianluca Tagliaferro di 24 anni, Cinzia Gianformaggio di 27 anni e Monica Lo Savio Pagano di 27 anni.
LE CUSTODIE CAUTELARI
La custodia cautelare in carcere è stata disposta per Antonio Paladino e Gaetano Sanfilippo (peraltro già destinatari di un’altra misura nel 2020 a seguito delle indagini per frode fiscale condotte sempre dalle Fiamme Gialle etnee, su delega di questo Ufficio, nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata “Fake Credits“).
I domiciliari sono stati disposti per Mariangela Granvillano, Simonetta Massimi, Sergio Riitano e Giuseppe Paparatto.
Divieto per un anno di esercitare uffici direttivi di persone giuridiche per gli altri 9 soggetti, ritenuti più stretti collaboratori del duo Paladino Sanfilippo;
Sono state sequestrate 28 società, utilizzate per realizzare il sistema di frode, nonché di disponibilità finanziarie, di beni mobili ed immobili riconducibili agli indagati per un valore complessivo di oltre 8,2 milioni di euro.
Sotto indagine anche i rappresentanti legali delle aziende “clienti” che avrebbero usufruito maggiormente della somministrazione illecita di manodopera.
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