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DIRITTO ALLA CASA, BILANCIO POLITICO SUI PRIMI SEI MESI DELL’OPERATO DI DE LUCA. L’analisi e le proposte del Circolo “P. Impastato”

- 01/01/2019

TRA RICORSO ALL’ EMERGENZA E PROGRAMMAZIONE ORDINARIA

Messina, 1 gennaio 2019 – documento del Circolo P. Impastato – Rifondazione Comunista Messina

Pubblichiamo integralmente il documento del Circolo P. Impastato – Rifondazione Comunista Messina.

“Iniziamo a conoscere bene il Sindaco nei primi 6 mesi del suo mandato. In particolare ci ha colpito e ci colpisce il suo dispositivo narrativo strettamente connesso al suo storytelling e la capacità di diffusione della sua narrazione attraverso i mezzi social che conosce e utilizza a menadito. È in perenne propaganda. Ad onor del vero, sebbene fosse evidente, ha svelato candidamente in una conferenza stampa (viva la sincerità) il suo schema narrativo che, traducendolo, crediamo si ripartisca su quattro tappe: ”esplorazionedrammatizzazione-reazione-soluzione”. Prima perlustra il grado di coscienza e conoscenza dei messinesi. Attraverso forti suggestioni descrive le problematiche messinesi sino a provocare vacillamenti, incertezze, paure e tenere sulla corda. Infine per “risolvere” annuncia e  fornisce proposte shock edulcorandole magari in corso d’opera.  Il ricorso costante alle dimissioni, per es., è stato un pezzo importante della sua tattica. Attenzione, i problemi a Messina esistono e come! Ma riesce a pomparli e a doparli facendoli sentire dalla cittadinanza con una maggiore gravità!  

Ma, concentrandoci sulla questione baracche e diritto alla casa più in generale. Lo abbiamo detto tre mesi fa in piena euforia sbaraccamento e lo ripetiamo oggi senza tema di smentita: sebbene il sindaco abbia sollevato con decisione la questione risanamento, mettendola inizialmente al centro della sua agenda politica, lo ha fatto però con non pochi errori di valutazione.

Siamo a ridosso del 31 dicembre, data fatidica nell’ordinanza sindacale n°163 di agosto con cui si predisponeva l’abbattimento di tutte le baracche a Messina successivamente ai 2 step fondamentali: relazioni dei nuclei interessati entro il 31 agosto e sgombero dei baraccati entro il 31 ottobre. Non ci limitiamo al semplice commento espresso dall’intera città sul fiasco di questa azione, ma ci preme capire le ragioni di questo fallimento. Il Sindaco ha messo il carro davanti ai buoi, con la predisposizione di un’ordinanza che non poteva concretizzarsi sul piano operativo senza le risorse a sei zeri che servono per abbattere e spostare migliaia famiglie in alloggi idonei.

Tornando alle suggestioni, per De Luca la richiesta dello “stato di emergenza” fu solo una provocazione: “un tentativo per svegliare le istituzioni superiori e denunciare la vergogna delle baracche” (sic!).  Francamente la provocazione non sortì gli effetti desiderati. Anzi, se qualcosa provocò, fu sicuramente la paura di tante famiglie che videro la scadenza dello sgombero avvicinarsi come uno spettro senza conoscere un’alternativa alloggiativa credibile. 

Il consiglio dei Ministri negò lo” stato d’emergenza” per una motivazione del tutto prevedibile quanto logica sul piano normativo: lo stato di emergenza, ai sensi della normativa vigente, può essere dichiarato al verificarsi o nell’imminenza di calamità naturali: Art 5 della Legge n. 225 del 24 febbraio 1992 e s.m.i.. Le ultime dichiarazioni di emergenza sanitarie, ambientali e tecnologiche (motivazioni a cui si voleva appellare il sindaco) sono state deliberate in Veneto, nelle province di Padova, Piacenza e Verona, a marzo di quest’anno, per contaminazione delle falde idriche; in Sicilia, a febbraio sempre di quest’anno, per criticità nei rifiuti (nominando commissario il Presidente Musumeci); e nel 2015 la Regione Puglia per la diffusione di un pericoloso batterio patogeno da quarantena, “xylella fastidiosa”.

Insomma al netto di tatticismi e/o provocazioni di sorta De Luca pensò di ascrivere la situazione drammatica delle baracche nel novero delle emergenze succitate e ci credette ancor di più quando in soccorso venne la Giunta Regionale che con delibera n °343 all. A del 19 settembre, suffragava lo S.di E. 

L’ordinanza in questione del sindaco, riposava sul postulato che in campo ci fosse un’emergenza e come tale, andava affrontata con gli strumenti emergenziali per raggiungere risultati in tempi brevi e con meno intralci burocratici possibili. Qui risiede però il problema politico. Sin dall’inizio abbiamo criticato per vari motivi questa operazione mentre si alzava trasversalmente il coro festante e incoraggiante di consiglieri e parlamentari (oggi volano gli stracci) che sosteneva il sindaco nella richiesta dello S. di E. Utilizziamo, ricordandole, le parole chiare di Angelo Borrelli, capo della Protezione civile nazionale: “la situazione messinese risulta essere la conseguenza di una condizione preesistente da anni e divenuta cronica anche (noi diremmo soprattutto) a seguito della mancanza di interventi” […] peraltro situazioni simili, comunemente diffuse in molte realtà delle periferie italiane, non possono essere oggetto di un intervento del Sistema nazionale di protezione civile”. 

Ma come dargli torto?

L’Emergenza è un evento inaspettato, inatteso, imprevisto, impensato, le cause sono non prevedibili con certezza e producono situazioni straordinarie le quali devono essere affrontate con mezzi e strumenti eccezionali: evento straordinario come l’eruzione dell’Etna e terremoto o come quello che a novembre in provincia di Palermo, con l’esondazione del fiume, ha distrutto le vite di 12 persone di cui 2 bambini ed un ragazzino! Sono stati stimati danni in 11 regioni per 3 miliardi! Chiamiamo le cose col proprio nome! 

La richiesta del Sindaco e della Regione (complice negli anni nella mala gestione dei miliardi della legge 10/90) non solo si incagliava nei requisiti chiari ed oggettivi della legge 225/92, ma sottendeva un’analisi sbagliata della situazione baracche. Le baracche a Messina (sono passati 110 anni dal terremoto) come il vasto disagio abitativo, sono un problema strutturale, perché strutturale è il vuoto di risorse e di azioni politiche sul tema casa. La scomparsa del welfare abitativo nazionale e locale, la disoccupazione altissima in città (Messina è al centesimo posto come disoccupazione giovanile e 92esima come occupazione nella classifica del sole 24 ore per la qualità della vita 2018) e la storica gestione patologica-clientelare degli alloggi ERP, hanno aggravato la questione casa/baracche esasperando la popolazione tutta. Dalla sfiducia nasce la richiesta di un intervento pubblico credibile ed efficace.  È proprio questo “clima” ed il sentimento diffuso di rassegnazione, che offrono l’alibi all’amministratore pubblico per ricorrere incautamente all’istituto dell’emergenza e ai poteri speciali. Questi, sovente, sono indice di un uso scorretto dei poteri ordinari da parte dei governi competenti a tutti i livelli, ma anche di scarsità di risorse economiche che si tende a superare con il disperato tentativo di attingere ai fondi nazionali o regionali per le emergenze.  Quest’anno nel bilancio dello stato nel capitolo 854 sono state assegnate alla Presidenza del Consiglio dei Ministri risorse pari a 51 milioni di euro per emergenze sismiche ecc. e nel capitolo 979 risorse per 240 milioni per il “Fondo nazionale per le emergenze nazionali”. Sebbene non siano cifre iperboliche si comprende però meglio il tentativo politico dell’operazione.

Questo approccio emergenziale, sperimentato in passato, tende oggi a sostituirsi come unico strumento sovraordinante per la gestione della vasta precarietà abitativa presente nel Paese e soprattutto da noi in città.  Abbiamo davanti un trasferimento della normazione extra ordinem dal livello legislativo a quello dei poteri dell’amministrazione, per colmare le incapacità politiche, amministrative e per superare come detto a carenze di risorse, questo è il dato politico! È chiaro, questo strumento è immediato, celere, slegato da lacciuoli burocratici e di controllo e dotato soprattutto di risorse cospicue (ricordiamo che il commissario per l’emergenza è titolare di contabilità speciale) e per tali motivi dispone di un grande potere politico.

Attenzione, nulla da dire su De Luca, il quale ad oggi non si è trovato in questa posizione, ma poniamo un problema politico di approccio e di gestione e ricordiamo l’uso sproporzionato, nel 2008-2009, di ordinanze di protezione civile emanate dal Presidente del Consiglio dei Ministri (più di 160) che riguardarono situazioni delle più disparate. Adesso qualcosa è cambiato: la gestione dei grandi eventi ad esempio, non rientra più nelle competenze della protezione civile: ricordiamo gli appalti ed il giro di tangenti milionario e le condanne per il G8 della Maddalena, i mondiali di nuoto del 2009, i 150 anni dell’Unità d’Italia e poi il ricorso alla P.C. per organizzare l’anno giubilare paolino, le visite papali ecc. Una macchia indelebile per il Paese!  Uno dei casi più gravi di corruzione. Un settore dell’amministrazione dello Stato controllato e complice di cricche rapaci del capitalismo italiano (Bertolaso fu assolto per l’inchiesta dell’Aquila ma 2 anni di reclusione furono inflitti al vice capo dipartimento della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis).

E allora diciamola tutta: il problema è prettamente economico!

Le assegnazioni di questi giorni in ambito risanamento sono il frutto del lavoro ordinario della scorsa amministrazione che si è interrotto ad un passo dalla consegna degli alloggi a “Camaro sottomontagna”, ad esempio. Va riconosciuta la capacità organizzativa e la celerità dell’amministrazione per “sbloccare” i suddetti alloggi, ma siamo davanti alla montagna che partorisce il topolino. L’eccessiva sovraesposizione mediatica per queste assegnazioni, mal celava secondo noi i guasti che hanno paralizzato tutta l’operazione Risanamento:

  • I soldi della Regione (65 milioni della legge 10/90) non bastano e non sono subito disponibili;
  •   per reperire immobili sul mercato, con un bando comunale, si utilizzano incomprensibilmente le risorse del progetto Pon Metro – SpazIA che è stato “bocciato” rimodulato successivamente stravolgendone le finalità originarie. Dalle informazioni in nostro possesso le offerte di alloggi sono circa 440 ed ancora devono passare le verifiche per trasformarli in alloggi di edilizia popolare;
  • Infine, sempre in merito alle risorse e ai relativi progetti per ottenere i fondi PON Metro, la Giunta comunale attraverso la conferenza stampa del 27 dicembre scorso, con il Sindaco e l’Assessore Carlotta Previte, comunica alla città con estremo giubilo che per il Piano Operativo presentato sono stati ammessi a finanziamento 17 su 24 interventi per un importo complessivo di € 62.195.002,08. Per quanto concerne il diritto all’abitare, registriamo delle discrasie tra i progetti revisionati da questa amministrazione e gli obiettivi specifici, i criteri ed il cuore dell’azione relativamente all’asse 4 ed in parte all’asse 3 del “Piano Operativo Nazionale delle città metropolitane versione 4.0”. Al punto 2.A.5 “Obiettivi specifici corrispondenti alla priorità d’investimento e ai risultati attesi” ci si pone il superamento e la prevenzione della povertà abitativa, si identifica il fenomeno della povertà abitativa come fattore inibitorio d’integrazione sociale e si attenziona particolarmente il tema degli sfratti  e soprattutto quelli per morosità. A Messina ci sono stati 338 provvedimenti di sfratto nel 2017. Guardando i progetti dell’Amministrazione rimodulati si intravede uno spostamento sostanziale di risorse verso l’acquisto di immobili sul mercato per trasferirvi le famiglie delle baracche. Insomma si è deciso, e questa è una scelta politica, di dirottare le risorse sul “capitolo Risanamento” e dare un’accelerata (così dicono). Si sono barattati alcuni importanti servizi per l’inclusione sociale, vedi l’abbandono di progetti per l’homelessness (rischiando la disaffiliazione e l’esclusione irrevocabile di tanti soggetti deboli) e l’Agenzia per la Casa, con “infrastrutture per l’inclusione sociale”. Il criterio ad esempio del recupero di strutture abbandonate o semplicemente da ristrutturare (con consumo suolo zero) per fronteggiare il disagio abitativo e previsto dal Piano Operativo, non è stato considerato. Le azioni 3.1.1 – 4.1.1 e 4.2.1, del Piano operativo della Giunta. versione rimodulata, prevedono sostanzialmente progetti di risanamento urbano, per un totale di € 28.484.870. Speriamo a questo punto che i vari organismi di controllo e di sorveglianza non sollevino nulla, rischiando di invalidare i progetti e perdere risorse per la città.

Che proponiamo:

Innanzitutto diciamo che dobbiamo finirla di trattare il problema casa come emergenza.

Emergenza non è!   In città, secondo i dati dell’Unione Inquilini Messina, vi è un fabbisogno di alloggi sociali stimati per circa 5.000/6.000 nuclei familiari messinesi, mettendo assieme i vari casi di precarietà abitativa presenti sul nostro territorio. Ovviamente l’assenza cronica di politiche abitative per incrementare gli alloggi sociali ha prodotto delle ricadute negative effettive anche sul versante risanamento. Se in questi anni ci fosse stata su più livelli, una programmazione per aumentare tali alloggi, le famiglie messinesi avrebbero avuto uno strumento in più per uscire dalla condizione informale e spesso mortificante che caratterizza le abitazioni delle casette e delle baracche. Nell’arco di decenni abbiamo assistito ad un vero e proprio ricambio generazionale degli abitanti delle baracche fino ad arrivare ad una “fotografia” definitiva degli aventi diritto col censimento partito dalla legge regionale 4/2002. Definitiva per modo di dire. Perché, quale soluzione si offre a tutti quei nuclei familiari che abitano da anni nelle zone di risanamento e che non sono stati censiti? Ci sarà qualche caso minoritario di strumentalizzazione della propria condizione. Ma non sono precari della casa anch’essi?

Allora, se il problema è anche economico ci pare il caso di attenzionare le risorse degli ex fondi Gescal prelevati dai lavoratori negli anni per realizzare alloggi di edilizia residenziale pubblica. Per la Regione Sicilia sul conto corrente infruttifero 20128/1208 CDP.ED.SOVV.FONDO GLOBALE REG sino a circa 4-5 anni fa, c’era un tesoretto che ammontava a circa 271.000.000 di euro. Siamo arrivati al 31.03.2017 e l’Assessorato Regionale edilizia varia servizio 5, accerta una giacenza di 119.000.000 di euro. Intanto ci chiediamo che fine abbia fatto questa mole di denaro spesa in alcuni anni (circa 150 milioni di euro). La delibera 327 della Giunta Regionale dell’08.08.2017 accerta che, al netto delle somme impegnate al 04.07.2017 per progetti, accantonamenti di legge ecc, si può programmare un piano di utilizzazione di risorse, ovviamente per progetti di Edilizia popolare sovvenzionata, per una somma complessiva di 19.000.000 di Euro: 7.100.000 (linea a) 11.900.000 per la linea b.

Il 23 marzo 2017 alle ore 10,00 presentano progetti quasi tutti gli Istituti IACP. L’istituto di Messina, come si evince dal verbale, non segnala particolari situazioni rientranti nell’oggetto della riunione (casi di grave tenuta strutturale di alloggi erp) salvo poi richiedere in calcio d’angolo, dopo alcuni mesi, 1 mln di € per mettere in sicurezza le famigerate case fantasma di Zafferia c/da cavalieri. I lavori dovevano iniziare a novembre dell’anno scorso e non sono ancora partiti.

Per lo IACP Messina, comprese le risorse per Zafferia, è stato ripartito il 17,99% della linea b ovvero 2.140.810,00 euro!

Chiediamo al Sindaco di lavorare per trasferire le risorse rimanenti nell’Agenzia Risanamento al fine di:

  1. Contribuire economicamente alla costruzione di nuovi alloggi;
  2. acquistarli sul mercato;
  3. ristrutturare con interventi straordinari o ordinari quelli esistenti;  
  4. compiere opere di urbanizzazione a loro connesse;

Parallelamente rilanciamo una commissione d’indagine conoscitiva del Parlamento Siciliano che abbia il compito di verificare come sono stati spesi i fondi Gescal, con lo scopo anche di evidenziare le inefficienze degli amministratori che non sono stati in grado di proporre progetti. L’Amministrazione si faccia promotrice.

In questi anni non è stato speso il becco di un quattrino per Messina. Stessa identica cosa per le risorse della legge 10/90: 500 miliardi delle vecchie lire. Parrebbe rimangano 65mln di euro.

Inoltre pensiamo al patrimonio pubblico in disuso, centinaia di immobili pubblici e privati insistono sul nostro territorio in preda all’incuria e all’abbandono. Perché non avviare politiche di recupero di questi immobili al fine di aumentare l’offerta di alloggi sociali. Impossibile? Assolutamente no! In molti comuni d’Italia ed anche a Messina sono stati avanzati e realizzati progetti anche di autorecupero al fine di riutilizzare gli immobili pubblici abbandonati o da ristrutturare. Questo tipo di politiche da un lato costruisce le condizioni per una riqualificazione servendosi del protagonismo degli abitanti e dall’altro offre agli stessi alloggi autorecuperati a canone sociale. Aver istituito l’agenzia ”Messina social city” (che sostituisce l’istituzione dei Servizi sociali) ed aver inserito all’art. 4  – Oggetto attività –  punto l dello statuto:  gestione di immobili comunali inutilizzati o da acquisire sul mercato da recuperare e destinare alla emergenza abitativa, ci segnala la reiterata e sbagliata tradizione assistenziale per far fronte al fenomeno povertà e al disagio abitativo. Collocare il recupero urbano e la gestione del disagio abitativo dentro i “servizi sociali” è un errore di approccio politico che tante Istituzioni commettono. Errore, figlio del neoliberismo e della sua idea di città. Estromettere dal campo delle politiche abitative e politiche urbane il diritto alla casa è una scelta che genera modalità assistenzialistiche per la gestione del problema abitativo con tutte le sue varianti. La strada secondo noi più giusta è affrontare il problema a 360 gradi. Con le grandi aziende come Poste Italiane, FSI, Enel, Anas o Ipab, Asp, ecc si possono fare protocolli d’intesa per recuperare le proprie strutture abbandonate e utilizzarle per fronteggiare la precarietà abitativa e restituire il vero decoro alla città. E poi, tentiamo di far scorrere la graduatoria ERP ad oggi congelata. Mediante l’art 21 comma 1 e comma 1 bis della legge 164/2014 si possono richiedere per utilizzare e valorizzare, attraverso accordi di programma, le strutture demaniali a Messina inutilizzate. Nella nostra città ci sono il 18,24% dei fabbricati siciliani, centinaia di compendi demaniali. La legge prevede che “hanno priorità di valutazione i progetti di recupero di immobili a fini di edilizia residenziale pubblica, da destinare a nuclei familiari utilmente collocati nelle graduatorie comunali per l’accesso ad alloggi di edilizia economica e popolare e a nuclei sottoposti a provvedimenti di rilascio per morosità incolpevole, nonché’ gli immobili da destinare ad autorecupero, affidati a cooperative composte esclusivamente da soggetti aventi i requisiti per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica”.

Come non ricordare inoltre l’esistenza sfrontata e beffarda di 30.000 alloggi privati sfitti, prodotto di anni di speculazione edilizia e menzionati spesso dallo stesso Sindaco, che si fanno “burla” delle 6.000 famiglie in precarietà abitativa. Si incentivino i proprietari di case sfitte attraverso vantaggi fiscali per affittare a canone concordato e ribadiamo al Sindaco un’altra volta di utilizzare in questa fase di passaggio anche lo strumento della requisizione temporanea per la “grande proprietà”.

Per tutto questo è necessario un Assessorato alle politiche per la casa che lavori non in giustapposizione, ma sinergicamente con l’assessorato al patrimonio, all’urbanistica e a i servizi sociali. In tal modo si possono produrre innovative ed efficienti politiche abitative, e non scadere nello specialismo e nella riduzione dell’abitare, tipico di tanti interventi che compiono i comuni verso le fasce povere della popolazione. Le strutture temporanee abitative ad esempio, che a Messina sono sorte solamente dall’insorgenza di famiglie a rischio esclusione sociale devono essere concepite, curate e costituite dall’Amministrazione. Al momento però registriamo un approccio molto superficiale, quasi impalpabile. Forme di passaggio da casa a casa, strutture che accolgono con dignità e attenzione famiglie sfrattate o con altre problematiche, sono importanti se riescono a svolgere però il proprio compito in un arco di tempo ristretto e non infinito. Il temporaneo, a Messina e non solo, si trasforma, senza alloggi sociali, in definitivo. Dunque più alloggi sociali e più strutture di passaggio. Garantire forme di protezione specifiche per casi di grave esclusione abitativa e migliorare la selettività delle misure sociali secondo i vari, tanti profili di svantaggio: strategia di welfare abitativo coerente con i bisogni e i problemi delle famiglie che subiscono questo dramma. In sintesi una differenziazione sociale, un approccio multidimensionale e non un intervento di massa, indistinto, indifferenziato che rischia di creare altri problemi e spersonalizza l’individuo.

Infine è del tutto evidente che la conquista del diritto all’abitare dentro quello più ampio del diritto alla città non può che sorgere dal protagonismo, dalla resistenza, dagli urti di chi la città la abita e  sente sul collo il peso degli assetti di potere e dei suoi processi di urbanizzazione”.