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Dissesto Taormina, l’atto d’accusa dei Repubblicani: “Conti sani un giorno, bancarotta quello dopo. Una farsa a danno dei cittadini”

- 25/07/2025
de luca taormina

Un’analisi durissima del Partito Repubblicano punta il dito su Amministrazione, Commissione di Liquidazione e Revisori. Nel mirino transazioni sospette, prescrizioni ministeriali ignorate e un debito da 40 milioni “scomparso”.

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TAORMINA – Un castello di carte crollato in appena 24 ore. O forse, una demolizione controllata i cui costi sono stati scaricati interamente sui cittadini. È questo il cuore del durissimo atto d’accusa firmato dal Partito Repubblicano di Taormina, che rilegge la cronistoria del dissesto finanziario del Comune non come una fatalità, ma come il risultato di una gestione opaca e, a tratti, connivente tra politica, burocrazia e organi di controllo.

Il documento parte da un paradosso temporale che ha del clamoroso. Il 21 luglio 2021, gli stessi vertici burocratici – Segretario Generale, Ragioniera Capo e Collegio dei Revisori dei Conti – attestavano in atti ufficiali la sostanziale salute dei conti comunali. Appena un giorno dopo, il 22 luglio, i medesimi soggetti redigevano una relazione di segno diametralmente opposto, descrivendo una situazione di squilibrio irreversibile per giustificare la delibera di dissesto. Una “giravolta”, secondo i Repubblicani, che rappresenta il “peccato originale” di tutta la vicenda e che solleva un interrogativo politico pesantissimo: si è trattato di incompetenza o di una precisa strategia?

Un percorso a ostacoli: le prescrizioni ignorate

L’analisi repubblicana si addentra poi nella gestione post-dissesto, evidenziando come le 15 prescrizioni imposte dal Decreto Ministeriale del 28 dicembre 2022 siano state sistematicamente disattese. Il divieto di nuove assunzioni sarebbe stato aggirato attraverso l’incremento dell’organico della municipalizzata ASM; i vincoli di spesa corrente sarebbero stati sforati senza conseguenze; e la separazione dei ruoli tra l’esecutivo politico e la Commissione Straordinaria di Liquidazione (OSL) sarebbe stata costantemente violata.

Il quadro che emerge è quello di un dissesto “pilotato”, in cui il monitoraggio sui conti sarebbe stato reso inefficace da una presunta complicità tra dirigenti, revisori e la stessa OSL, con la “partecipazione attiva dell’esecutivo”.

Le transazioni sotto la lente: casi emblematici di mala gestio

Il documento non si limita alle accuse politiche, ma entra nel merito di specifiche operazioni finanziarie, definite “emblematiche”.

  1. Caso We Build (ex Impregilo): L’analisi denuncia un trattamento di favore che avrebbe portato all’annullamento di un debito di circa 40 milioni di euro. Un importo enorme, generato dal collaudo finale di un’opera, che secondo i Repubblicani sarebbe stato cancellato con una “transazione tombale” citata in delibera in modo “subdolo”, senza la dovuta trasparenza.
  2. Caso Rete Fognante: Viene contestato il riconoscimento di un credito di circa 5 milioni, poi transatto per 2,5 milioni, a un ente consortile di cui fanno parte altri tre Comuni. Il debito, secondo l’analisi, non risultava iscritto nei bilanci di Taormina, violando gli statuti e i diritti degli altri enti consorziati.
  3. Caso Eredi Ferrara: Si punta il dito sulla gestione di un esproprio risalente agli anni ’70, per cui il Comune aveva già sborsato oltre 18 milioni di euro. La vicenda, secondo i Repubblicani, richiedeva un attento monitoraggio per accertare se il debito residuo fosse stato già pagato o fosse caduto in prescrizione, evitando così ulteriori esborsi.

Il conto pagato dai cittadini e la chiamata alla responsabilità

La conclusione dell’analisi è amara. I danni di questa gestione ricadono interamente sulla collettività: aumento della pressione fiscale, perdita di fiducia nelle istituzioni e una potenziale svalutazione dell’immagine di Taormina agli occhi degli investitori.

Per il Partito Repubblicano, i responsabili hanno nomi e cognomi. L’atto d’accusa chiama direttamente a rispondere:

  • La Commissione Straordinaria di Liquidazione, per inefficienza e connivenza.
  • I Revisori dei Conti, per il silenzio complice sulle irregolarità.
  • L’esecutivo comunale, per le continue interferenze e la responsabilità politica complessiva.

Un j’accuse a tutto campo che mira a scoperchiare il “vaso di Pandora” del dissesto taorminese, trasformando un procedimento tecnico-finanziario in una battaglia squisitamente politica sulla trasparenza e il futuro della città.

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