
L’inchiesta svela il sistema dell’associazione “Womanity” per ottenere fondi pubblici. Nelle carte i nomi del presidente Ars Galvagno e dell’assessore Amata, che per mesi ha taciuto l’indagine a Schifani.

Un terremoto politico-giudiziario scuote i vertici della Regione Siciliana, con un’indagine per corruzione che arriva a toccare le poltrone più alte di Palazzo dei Normanni e del governo. Al centro della bufera ci sono il Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana (ARS), Gaetano Galvagno, e l’assessore regionale al Turismo, Sport e Spettacolo, Elvira Amata. Nuovi, inquietanti sviluppi investigativi, emersi da esplosive intercettazioni (pubblicate da La Sicilia), delineano i contorni di un presunto sistema di potere basato su amicizie, fondi pubblici e segreti, gettando un’ombra pesantissima sulla stabilità del governo Schifani.
La crepa più profonda è quella della fiducia politica: Elvira Amata, esponente di Fratelli d’Italia come Galvagno, era a conoscenza di essere indagata già da gennaio, ma ha taciuto la circostanza al Presidente della Regione, Renato Schifani, che lo ha appreso solo dagli organi di stampa. Una mossa che ora apre scenari imprevedibili e pone un serio interrogativo sulla sua permanenza in giunta.
“Womanity”: L’associazione al Centro del Sistema e l’uomo di Mistretta

Il nuovo capitolo dell’inchiesta, nata per far luce sui fondi milionari legati allo scandalo del festival di Cannes, ruota attorno a un’associazione denominata “Womanity”. Secondo gli inquirenti, a costituirla sarebbero state l’esperta di marketing Marianna Amato (da non confondere con l’assessore) e il consulente legale Giuseppe Mistretta.
La sede di “Womanity”? A Mistretta, nel Messinese. Una scelta che gli investigatori non ritengono casuale: Mistretta è la cittadina d’origine di Giuseppe “Pippo” Martino, potente segretario particolare dell’assessore Elvira Amata. Le carte rivelano un intreccio in cui i ruoli sembrano confondersi. Sarebbe stato proprio Martino, secondo le sue stesse confidenze, a predisporre lo statuto dell’associazione e a muovere le leve per farle ottenere finanziamenti.
Il Fiume di Denaro Pubblico e i “Concerti di Natale”
Le intercettazioni svelano un flusso di denaro pubblico apparentemente pilotato verso “Womanity”. Parlando con l’ex portavoce di Galvagno, Sabrina De Capitani, Martino si vanta: all’associazione di Marianna Amato «avrebbe fatto avere 10.000 euro» dal Dipartimento del Turismo. I finanzieri hanno individuato il provvedimento: un decreto dell’11 dicembre 2023 per i “Concerti di Natale” a Mistretta e Palermo.
Ma non è tutto. Martino ricorda alla De Capitani che altri 7.000 euro a Womanity li «avete fatti avere voi», riferendosi alla presidenza dell’Ars. Anche in questo caso, gli inquirenti hanno trovato un riscontro: un contributo per iniziative culturali erogato da Palazzo dei Normanni per gli stessi concerti natalizi. Un evento, due finanziamenti da due rami diversi dell’amministrazione regionale, entrambi riconducibili politicamente ad Amata e Galvagno.
“Siamo un’Associazione a Delinquere”: le Frasi Shock
A rendere il quadro ancora più torbido sono le parole degli stessi protagonisti. Marianna Amato, discutendo con la De Capitani sulla necessità di svelare a Galvagno il sodalizio con Martino, ammette quanto fosse palese il legame: «Ma tu vuoi che io mi prenda due di Mistretta così dal nulla? È subito riconducibile a Pippo!».
La conversazione si fa poi agghiacciante quando Marianna Amato, quasi citando Martino, si lascia scappare una definizione del loro operato: «Poi dice “siamo un’associazione a delinquere”, lui cosa sfrutta, ovviamente, le mie amicizie». Una frase che, unita a un’altra considerazione («Minchia per adesso sono tutti ricattabili»), svela una mentalità e una spregiudicatezza che ora sono al vaglio della magistratura.
Il Ruolo di Galvagno e le Conseguenze Politiche
Il Presidente dell’ARS, Gaetano Galvagno, appare nelle carte in un ruolo ambivalente. Viene consultato direttamente da Marianna Amato su come gestire la divisione dei guadagni con Martino. Galvagno, da «amico», le dà consigli quasi paterni, evidenziando la sua inadeguatezza: «Queste cose non le sai fare, amore mio, non le sai fare, non sono cosa tua», arrivando a suggerirle di «cambiare lavoro». Gli inquirenti, tuttavia, si chiedono se questo non fosse un maldestro tentativo di gestire una situazione diventata esplosiva.
Ora, la palla di fuoco è sul tavolo del Presidente Schifani. Il silenzio dell’assessore Amata rappresenta una grave violazione del patto di lealtà che lega un membro della giunta al suo presidente. Le conseguenze sono tutte da ipotizzare: chiederà Schifani un passo indietro all’assessore per tutelare l’immagine e l’operatività del suo governo? O prevarranno gli equilibri politici interni a Fratelli d’Italia? Di certo, l’inchiesta è destinata ad allargarsi e il clima a Palazzo, già rovente per il caldo estivo, è diventato politicamente irrespirabile.
