
Il governo dirotta i fondi dello Stretto per coprire il buco Zes e Transizione 5.0. Le imprese tirano un sospiro di sollievo, ma esplode il caso politico. Hyerace (PD): «Basta bonus spot, quelle risorse devono restare a Sicilia e Calabria».

ROMA – La coperta corta della Manovra ha costretto il governo a una scelta di campo: sacrificare, almeno per ora, il sogno infrastrutturale del Ponte per salvare la realtà produttiva del Paese. Nella riscrittura della legge di bilancio, 3,5 miliardi di euro inizialmente blindati per il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria nel biennio 2024-2025 vengono riprogrammati.
La destinazione? Due emergenze non più rinviabili: il rifinanziamento di Transizione 4.0 e 5.0, i cui fondi si erano esauriti lasciando scoperte migliaia di istanze, e soprattutto il salvataggio del Credito d’imposta Zes. Su quest’ultimo fronte, l’Agenzia delle Entrate aveva certificato un “buco” tale da ridurre l’agevolazione promessa alle imprese dal 100% a un misero 60%, scatenando la rivolta del mondo produttivo. I soldi del Ponte serviranno a evitare il tracollo di fiducia delle aziende che hanno investito al Sud.
L’affondo del PD: «Il Ponte non si fa, ridateci i soldi»
Se sul fronte economico la mossa appare come una necessità contabile, sul fronte politico si apre una faglia profonda. A dare voce allo scontento e a interpretare questo spostamento di fondi come la certificazione del fallimento del progetto Ponte è Armando Hyerace, segretario provinciale del Partito Democratico di Messina.
Hyerace interviene a gamba tesa nel dibattito, evidenziando quello che il PD considera il vero “non detto” della manovra governativa. «Di poche ore fa la notizia: il Governo intende definanziare i 3,5 miliardi di euro destinati al ponte sullo Stretto», attacca il segretario dem. «È ormai evidente che l’opera non si fa, ma non è ancora chiaro per quale finalità verranno utilizzate queste risorse».
Il rischio dei “Bonus Spot” e la proposta Nicita-Irto
Il timore sollevato dal Partito Democratico è che il tesoretto sottratto alla grande opera si disperda nei mille rivoli della spesa corrente, tradendo la vocazione territoriale di quei fondi. «Se dovessero finire – come spesso accade – in bonus spot distribuiti qua e là, sarebbe l’ennesimo smacco per Sicilia e Calabria», avverte Hyerace. «E l’ennesima conferma di una narrazione che non regge alla prova dei fatti».
La posizione del PD messinese non è solo di denuncia, ma si ancora a una proposta legislativa precisa, attualmente sul tavolo del Senato: l’emendamento a firma di Antonio Nicita e Nicola Irto. La richiesta è netta: quelle risorse, tecnicamente “scippate” (come recita la retorica dell’opposizione) alla dotazione infrastrutturale di Sicilia e Calabria, non devono finire nel calderone nazionale, ma devono essere vincolate ai territori di provenienza per investimenti «veri, utili, immediati».
La sfida al Governo
La sintesi politica di Hyerace assume i toni di una rivendicazione territoriale che va oltre la semplice dialettica tra maggioranza e opposizione. Il messaggio lanciato da Messina a Roma è perentorio: «Se il ponte non si fa, i soldi non possono sparire. Devono tornare dov’erano».
Lo slogan finale del segretario provinciale dem risuona come un avvertimento in vista del voto finale sulla Manovra: «RIDATECI I SOLDI!!». Resta ora da capire se il governo, oltre a tappare le falle del bilancio corrente, riuscirà a garantire che questo “prestito forzoso” preso dal sud non diventi un addio definitivo a risorse che il Mezzogiorno considerava acquisite, con o senza Ponte.










