
Accade, a Messina, che la normalità assurga al rango di notizia. Stamattina, al capolinea di Villafranca, un autista della linea 33, sorella della ben più nota e discussa linea 39, ha compiuto un gesto di “inaudita eversione”: ha applicato la legge. Ha contato i posti a sedere, ha guardato i passeggeri in attesa, e con salomonica fermezza ha lasciato a terra tutti coloro per cui il Codice della Strada non prevedeva un trespolo. Un affronto. Una sedizione!
Per anni, le carrozze extraurbane di ATM S.p.A. hanno viaggiato interpretando il concetto di capienza con la stessa elasticità di un politico in campagna elettorale. Un numero scritto sul libretto? Dettagli, orpelli burocratici. La vera capienza la decideva la fisica della compressione, umana, in un ammasso di studenti, lavoratori e anime pie in bilico tra il finestrino e la schiena del vicino. Un carro bestiame su gomma, dove l’incolumità era un optional e la sicurezza un concetto astratto, buono per i convegni.
Le sigle sindacali si sgolavano da tempo inviando missive a Prefettura e Polizia Stradale. Parlavano di pericoli, di responsabilità, di regole. Parole che, con ogni probabilità, venivano archiviate nella grande cartella denominata “Verrà il giorno”. E il giorno è venuto. Ma non per mano delle Istituzioni, non per un’illuminazione sulla via di Damasco della dirigenza aziendale. No. A restaurare l’ordine ci hanno pensato loro, gli “Operatori di Esercizio”.
Non è dato sapere se si tratti di un’iniziativa personale, un ammutinamento del buon senso, o di una tardiva e silenziosa direttiva aziendale per evitare il peggio. Fatto sta che qualcosa si è mosso. E mentre i sindacati cantano una vittoria venata di sarcasmo (“assumiamo la notizia con soddisfazione”), già si preparano al consueto, stizzito controcanto dell’Azienda, pronta a vedere in ogni rivendicazione di legalità una “sterile propaganda” o un atto di lesa maestà.
In questa guerra di trincea tra chi chiede il rispetto delle regole e chi agisce “d’imperio”, a pagare il conto, come sempre, è l’utenza. L’ignaro passeggero lasciato a terra, senza un perché, senza un avviso. Vittima sacrificale sull’altare di una battaglia giusta ma tardiva.
Resta, sospesa nell’aria greve dello Stretto, una domanda tanto semplice quanto imbarazzante, che ora attende risposta dalla Polizia Stradale: ma allora, fino a ieri, su quelle linee si viaggiava nell’illegalità? Si è atteso l’esasperazione degli autisti per scoprire che il Re, forse, era nudo e il bus, di sicuro, era troppo pieno? Attendiamo lumi. Possibilmente prima che accada un altro “miracolo”.
