
A Milano i giudici hanno stabilito che il trasporto di persone in piedi in autostrada è una prassi pericolosa che non trova alcuna legittimità.

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A Messina, si sa, accadono cose meravigliose. A volte, con la giusta calma, si arriva persino a scoprire l’acqua calda. È il caso della linea 39 dell’ATM, l’autobus che ogni giorno trasporta frotte di studenti da Santa Margherita al polo Papardo, avventurandosi per un lungo tratto sulla tangenziale. Una manna dal cielo per i ragazzi, se non fosse per un dettaglio che definire trascurabile è un eufemismo: la sicurezza.
Già ad aprile, da queste pagine, avevamo documentato la faccenda con un video inviatoci da un genitore preoccupato che mostrava la questione in modo piuttosto eloquente: bus urbani lanciati in un tratto autostradale, senza cinture di sicurezza, probabilmente senza limitatori di velocità e, soprattutto, con decine di passeggeri costretti a viaggiare in piedi, aggrappati ai sostegni come intrepidi equilibristi. Avevamo sollevato il problema. Risultato? Un silenzio assordante. Da parte dell’ATM, delle forze dell’ordine, dell’Amministrazione comunale e del Consiglio, organo deputato al controllo della sua partecipata. Il nulla cosmico.
Poi, a settembre, il miracolo. Il quotidiano locale ripubblica la stessa, identica notizia. E qui, la magia. Improvvisamente, la città si desta. Il peso (supposto) di altri ascolti, evidentemente, ha un potere taumaturgico. Si muove qualcosa. E cosa si muove, di grazia? L’assessore alla Viabilità, Salvatore Mondello, si produce in un capolavoro di funambolismo politico: «È tutto legittimo, ma qualcosa si può cambiare».
Una frase che andrebbe scolpita nel marmo della narrazione personalizzata di questa amministrazione comunale. Come a dire: va tutto benissimo, ma forse no. È legale? Forse, ma è meglio di no. Insomma, mai ammettere l’evidenza.
IL CASO MOVIBUS DI MILANO
Peccato, caro assessore, che di “legittimo” in questa prassi ci sia ben poco. A meno che Messina non goda di un Codice della Strada personalizzato, la giurisprudenza parla una lingua diametralmente opposta. Chiedere, per informazioni, alla società Movibus di Milano. Nel 2019, due loro autisti si rifiutarono di effettuare un servizio analogo, trasportando passeggeri in piedi su una tratta autostradale. L’azienda li punì. Ne nacque una battaglia legale che, dopo un lungo percorso, ha visto i lavoratori trionfare in Tribunale e poi in Corte d’Appello.
La sentenza è chiara, inequivocabile, e vale la pena ricordarla. I giudici hanno stabilito che il trasporto di persone in piedi in autostrada è una prassi pericolosa che non trova alcuna legittimità. Hanno ribadito un concetto fondamentale: “L’autista è responsabile dell’autoveicolo che riceve in consegna ed è tenuto ad osservare tutte le norme di legge ed i regolamenti per la circolazione.”
Nel caso milanese si trattava di quindici chilometri di autostrada, un “pericolo evidente per l’incolumità dei passeggeri”, scrivono i giudici, ricordando che la cintura di sicurezza riduce dell’80% il rischio di morte.
Quindi, assessore Mondello, delle due l’una: o l’ATM di Messina beneficia di una deroga speciale alle leggi della fisica e dello Stato, oppure quella della linea 39 non era, non è, e non sarà mai una prassi legittima. Era, ed è, semplicemente un rischio calcolato. Sulla pelle degli studenti. E attendere che se ne accorga qualcun altro per “cambiare qualcosa” non è attenzione alla sicurezza. È solo una tardiva e imbarazzata presa d’atto.
