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Il Masaniello di Fiumedinisi e l’amico leghista: cronaca di un abbraccio che soffoca

- 22/09/2025
De Luca 022
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​​Le notti, a Fiumedinisi, portano consiglio o forse solo incubi. Chissà se Cateno De Luca, nel dormiveglia del suo borgo natio, senta il sudore freddo di chi, dopo una lunga corsa, si accorge di aver girato in tondo per poi ritrovarsi al punto di partenza, ma con le gambe più stanche e i polsi stretti da legacci che si è messo da solo. L’ultimo fantasma ad agitare i suoi sonni ha le fattezze cortesi ma inequivocabili di Nino Germanà, il leghista che a Messina ha fatto da ponte per la sindacatura di Basile e, forse, anche da sensale messinese per il matrimonio deluchiano con la destra, e che ora, con la calma di chi presenta il conto, sembra avvertirlo: la festa sta per finire.​

Non servono interviste al cianuro o minacce da prima pagina. La politica, quella vera, è fatta di sussurri, di non detti che pesano come macigni. E il macigno, oggi, è la presa di coscienza che “Sud Chiama Nord” non è più la novità scoppiettante, l’alternativa al sistema, lo spauracchio che fa tremare i palazzi. Dopo la scoppola delle Europee, dove la sua lista “Libertà” ha raccolto poco più dell’uno per cento, De Luca si è scoperto per quel che è: un leader regionale con ambizioni nazionali, un re di denari con un piccolo esercito che fuori da Messina conta quanto il due di coppe. Una girandola imprevedibile.

​Germanà, che è politico di lungo corso, lo sa. E glielo fa capire con l’eleganza crudele di chi ti porge il caffè prima di spiegarti che la casa non è più tua. “Il prossimo candidato sindaco? Non è detto che lo scelga Sud Chiama Nord”, è il messaggio che è rimasto nell’aria, di cui ne è rimasta impregnata. È un avvertimento, un memento mori politico. Un modo per dire all’irrequieto Cateno: la campagna acquisti è finita, tu resta pure a fare il sindaco di Taormina, e il tuo Basile a Messina si consideri un amministratore pro tempore. Al futuro della città, adesso, ci pensiamo noi. Noi che i voti li abbiamo, e non solo sulle sponde dello Stretto.​

Il “re” è nudo, e a spogliarlo è stato proprio l’alleato che nel 2022 gli servì a scardinare il centrodestra messinese per far accomodare Federico Basile sulla poltrona più alta di Palazzo Zanca. Un’operazione di puro trasformismo, benedetta da Germanà in nome di un pragmatismo che oggi presenta il suo lato più amaro. Perché Basile, come ricorda il senatore leghista a chi vuol intendere, “ha governato da solo”. Tradotto dal politichese: non ha mostrato alcuna riconoscenza. E come avrebbe potuto? Il sistema deluchiano, per autoalimentarsi, ha bisogno di fedelissimi, di un cerchio magico i cui membri sappiano come e dove far piovere i “contributi” al partito. Affidare incarichi a esterni sarebbe stata una eresia, oltre che un pessimo affare.

​E così, De Luca si ritrova oggi nella gabbia che si è costruito da solo. Illuso che salire di soppiatto sul carro dei vincitori, alleandosi con chi governa a Roma e a Palermo, fosse la mossa del cavallo, non si è accorto che quel carro era in realtà un cellulare diretto al confino politico. Ma soprattutto che inevitabilmente di tutto si è accorto il suo elettorato e che non lo ha di certo digerito. De Luca, così, adesso non ha più alibi: è dentro la coalizione, ma da sorvegliato speciale. Più si agita, più i lacci si stringono. Le sue sceneggiate, i suoi soliloqui, le sue fughe in avanti non comunicano più forza, ma solo una disarmante imprevedibilità.​

Dagli annunci odierni di mirabolanti “nuove e segrete strategie” quel che trasuda è solo incertezza. Dannosa incertezza, come quella il cui odore proviene dalle prossime elezioniin Calabria, dove comunque andrà per Occhiuto, in ogni caso si determinerà la cifra esatta del peso di Sud Chiama Nord nella coalizione. Un’incognita pesante e determinante per il mantenimento degli accordi con il centrodestra.

Il Masaniello di Fiumedinisi mostra in modo disarmante di non aver imparato che l’elettore, in tempi incerti, non cerca giocolieri o saltimbanchi, ma stabilità e programmi concreti. L’epoca dell’uomo solo al comando, che sfascia tutto per poi ricostruire a sua immagine e somiglianza, forse sta tramontando persino nella sua Messina. È la fine politica di Cateno De Luca? No. È solo il segnale che sta invecchiando. E che la politica, come la vita, alla fine presenta sempre il conto. E lo fa pagare con gli interessi.

basile germana 1
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