
Non solo pignoramenti spietati: il sistema di recupero crediti dell’azienda idrica è appaltato a una società esterna che procede in modo aggressivo commettendo anche errori, lasciando i cittadini in un incubo burocratico.
E, in caso di errore, mentre le vittime attendono per settimane i loro soldi, il presidente Alibrandi allarga le braccia: “Non ce ne occupiamo direttamente noi”.

C’è ormai da tempo un’aggressione silenziosa che si sta consumando a Messina, ma non è solo spietata: è anche grossolana e crudele nella sua incompetenza. È la guerra finanziaria dell’AMAM ai “morosi”, una guerra che non guarda in faccia a nessuno e che colpisce anche chi non ha colpe. L’ultimo caso documentato a maggio ha i contorni del kafkiano: un pensionato si è visto prelevare quasi 1900 euro dal conto corrente per errore. Aveva già saldato le bollette insolute e, addirittura, una parte di quel presunto debito era stata dichiarata prescritta dalla stessa AMAM.
E il colmo? Il problema non è stato ancora risolto.
A rendere la vicenda ancora più opaca è il vero protagonista di queste operazioni: non è l’AMAM a entrare nei conti correnti dei messinesi, ma una società privata di recupero crediti, la B Consulenze, con sede a Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza. È a questa ditta calabrese che l’azienda pubblica messinese ha appaltato il “lavoro sporco”, creando un cortocircuito di responsabilità in cui a rimetterci è sempre e solo il cittadino.
Di fronte a questo errore gravissimo, il presidente dell’AMAM, Paolo Alibrandi, ha fornito al malcapitato utente un pezzo di carta: la certificazione della società cosentina che attesta l’estinzione del debito. Un documento inutile. Alla banca, infatti, hanno allargato le braccia: per sbloccare i fondi ingiustamente pignorati potrebbero volerci fino a venti giorni, i tempi tecnici tra la direzione locale e quella generale. Venti giorni durante i quali un pensionato resterà senza i suoi soldi.
La risposta ufficiale del presidente Alibrandi, di fronte a questa ingiustizia, è un manifesto di impotenza e scarico di responsabilità. “Siamo davanti a situazioni limite che comunque non tratta l’Amam ma la società a cui è stato ceduto il compito di recuperare i crediti,” ha dichiarato, minimizzando poi la portata del fenomeno: “ai nostri uffici risultano solo due situazioni del genere“. E sulla presunta mancanza di preavviso, aggiunge: “Mi è stato detto che tra il pignoramento e il primo avviso trascorre un anno”.
Una difesa che non regge. Primo, perché l’errore è avvenuto e la responsabilità finale non può che essere del committente, l’AMAM. Secondo, perché anche “solo” due famiglie gettate in un incubo burocratico per errore sono troppe. Terzo, perché la lunga tempistica non cancella la violenza di un’azione finale che, come dimostrato, può essere fallace e devastante.
Ma anche quando il debito sussiste è legittimo lasciare pensionati senza risorse per far fronte alle spese e, addirittura, per vivere? E’ quel che è accaduto pochi giorni fa ad una signora che si è presentata all’AMAM in lacrime ed accompagnata dal suo avvocato. Nessun preavviso ma il conto corrente della pensionata è stato svuotato. Niente soldi, quindi, e gravi difficoltà anche psicologiche per una donna costretta a sopportare l’onta di non poter far fronte alle spese, e impossibilitata anche a fare la spesa.
La questione etica e sociale diventa ancora più grave. Parliamo di bollette dell’acqua, un bene primario, il cui debito viene gestito da un’entità esterna con un evidente interesse economico a massimizzare la riscossione, forse a discapito dell’accuratezza e dell’umanità. È accettabile che un’azienda pubblica affidi un compito così delicato, che tocca la sopravvivenza delle persone, a una società privata di un’altra regione, creando una filiera in cui nessuno è direttamente responsabile di errori catastrofici o di applicazione di procedure anche senza preavviso, come accaduto alla signora in questione?
L’invocazione dei cittadini colpiti non è più solo un appello, ma un grido di rabbia. Si chiede alla politica, al Sindaco, alle associazioni dei consumatori, di fare luce su questo appalto. Si chiede ad AMAM di riprendere il controllo diretto delle sue azioni e di rispondere ai cittadini senza nascondersi dietro un contratto. Prima che la guerra per l’acqua, combattuta per procura da mercenari del recupero crediti, lasci sul campo non solo i conti in rosso, ma anche la fiducia e la dignità delle persone. Sperando, nel frattempo, che l’acqua, vista la stagione estiva, non venga a mancare. Sarebbe davvero il colmo.
