
Il Dottore Commercialista, già al vertice di Patrimonio, Atm e Messinambiente in liquidazione, si dimette dal cda della municipalizzata taorminese. Resta un accentramento di ruoli, pubblici e di partito, che solleva interrogativi sull’intreccio tra amministrazione e politica.

Una poltrona in meno, ma la galassia di potere resta intatta. Si è dimesso oggi dal consiglio di amministrazione dell’Azienda Servizi Municipalizzati di Taormina Pietro Picciolo, di Roccalumera, l’uomo per tutte le stagioni di Cateno De Luca. Una mossa che, dietro la probabile motivazione di un carico di lavoro insostenibile, scoperchia un vaso di Pandora sull’accentramento di incarichi nelle mani di un’unica figura, snodo cruciale tra la macchina amministrativa messinese e la cassaforte del partito che la governa. Un elevato numero di incarichi sul quale molte domande se le erano già poste i consiglieri comunali del PD di Messina.
UNA CATERVA DI INCARICHI
Perché se è vero che oggi Picciolo rinuncia a un ruolo, il suo curriculum resta un impressionante elenco di posizioni chiave. Dottore Commercialista e Revisore Legale, è innanzitutto il Direttore Generale della Patrimonio Messina Spa, la cassaforte immobiliare del Comune. Contemporaneamente, è il Liquidatore Unico di due relitti societari complessi e pieni di insidie come l’ATM (Azienda Trasporti di Messina) e la Messinambiente Spa, oltre che di Innovabic. Incarichi che da soli richiederebbero dedizione totale per gestire le intricate procedure legali, contabili e patrimoniali.
PICCIOLO E SUD CHIAMA NORD
Ma il Dottor Picciolo non è solo un tecnico al servizio dei Comuni a componente deluchiana. È, prima di tutto, l’uomo di fiducia di Cateno De Luca. Una fiducia che si manifesta nel ruolo più delicato e politicamente sensibile: quello di tesoriere di “Sud chiama Nord”. È lui, come risulta dagli atti ufficiali, colui che chiede, riceve e incassa i contributi destinati al movimento politico. Una posizione che solleva il più grande degli interrogativi: può, e soprattutto è opportuno, che il manager che gestisce il patrimonio pubblico di una città sia al contempo il cassiere del partito che esprime il sindaco e la maggioranza?
La sua ascesa è stata metodica, iniziata con la nomina a esperto a titolo gratuito del sindaco De Luca (e poi confermata dal successore Federico Basile) per le materie economico-finanziarie e i rapporti con le società partecipate. Da quella posizione di consulente strategico, il passo verso i ruoli operativi è stato breve, quasi naturale conseguenza di un disegno politico volto a piazzare la persona di massima fiducia nei punti nevralgici dell’amministrazione. Un uomo solo al “comando” (o sotto telecomando) della gestione del patrimonio, della chiusura dei conti col passato e, non ultimo, delle finanze del partito.
Le dimissioni da Taormina, dunque, appaiono più come un atto dovuto per alleggerire una posizione ormai indifendibile per il cumulo di impegni, che come un reale passo indietro. La questione di fondo rimane: è sostenibile un modello di gestione della cosa pubblica così fortemente accentrato? Ed è sano per la democrazia che i confini tra il ruolo di amministratore pubblico e quello di dirigente di partito diventino così labili, quasi a sovrapporsi nella stessa persona? La rinuncia di oggi non basta a rispondere a queste domande.
