
Se riconosciuti colpevoli di danno erariale per colpa grave o dolo, i ministri e la Presidente del Consiglio (in quanto parte del Consiglio dei Ministri che ha approvato l’atto) rischiano personalmente sul loro patrimonio.
Salvini: ‘Convocata d’urgenza da Meloni dopo lo stop della Corte’

ROMA – Una riunione di governo sul Ponte sullo Stretto si terrà in mattinata a Palazzo Chigi, all’indomani della decisione della sezione centrale di controllo della Corte dei conti che ha negato il visto di legittimità alla delibera del Cipess sull’opera. Secondo alcune fonti, è prevista alle 10.30.
La “riunione d’urgenza” è stata convocata nella serata di ieri dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni “per affrontare la questione”, come ha spiegato il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini in un’intervista al Corriere della sera.
“Ora Salvini è al Mit per confrontarsi con tecnici, manager e uffici dopo la decisione della Corte dei Conti. L’obiettivo è trovare una soluzione per far partire i lavori. Il vicepremier e ministro è determinato”, si legge in una nota.
Qual è il rischio?
La decisione di procedere con il Ponte sullo Stretto, nonostante il “no” della Corte dei Conti al visto di legittimità sulla delibera Cipess, è una mossa politicamente e legalmente possibile, ma che espone i ministri e la Presidente del Consiglio a un rischio personale e concreto: quello di essere chiamati a rispondere per danno erariale in caso di fallimento dell’opera.
Il governo non è legalmente bloccato. Può, attraverso una nuova delibera del Consiglio dei Ministri, “forzare” la decisione, chiedendo alla Corte una registrazione “con riserva” e rimettendo la scelta finale al Parlamento, che apporrebbe un sigillo politico.
Tuttavia, è proprio questa forzatura a creare il rischio.
Il Rischio Principale: Danno Erariale per Colpa Grave
Se il governo va avanti, ignora i rilievi della Corte, e l’opera dovesse essere bloccata per problemi tecnici o finanziari (gli stessi, ad esempio, su cui la Corte ha espresso dubbi), i ministri firmatari della delibera potrebbero essere perseguiti dalla Procura della Corte dei Conti.
L’accusa sarebbe quella di danno erariale: aver causato un ingente danno economico allo Stato (miliardi di euro spesi inutilmente) non per un semplice errore, ma per “colpa grave” o, potenzialmente, “dolo”.
Ecco i punti chiave di questo rischio:
- Cade lo “Scudo” della Buona Fede: Le norme sulla responsabilità, incluso il cosiddetto “scudo erariale”, proteggono i decisori politici che agiscono in “buona fede”, specialmente quando approvano atti tecnici supportati da pareri favorevoli. La stessa legge prevede che la “colpa grave” è esclusa se l’atto ha ricevuto il visto della Corte dei Conti.
- Il “No” della Corte diventa la Prova d’Accusa: Procedendo contro il parere della Corte, i ministri farebbero il contrario. Il “no” o la “riserva” dei magistrati contabili diventerebbero la prova principale in un futuro processo. La Procura contabile non dovrebbe far altro che dimostrare che:
- La Corte dei Conti aveva formalmente avvisato il governo dei rischi (es. coperture finanziarie incerte, criticità tecniche, stime di traffico irrealistiche).
- Il governo ha deliberatamente ignorato questo avvertimento.
- L’opera è fallita proprio per i motivi elencati dalla Corte.
- Da Atto Politico ad Atto Temerario: In questo scenario, la difesa basata sulla “scelta politica” si indebolirebbe enormemente. I magistrati contabili potrebbero sostenere che non si è trattato di una scelta politica discrezionale, ma di una decisione palesemente imprudente e temeraria, presa contro l’avviso formale dell’organo preposto alla tutela della finanza pubblica.
Cosa Rischiano Concretamente?
Se riconosciuti colpevoli di danno erariale per colpa grave o dolo, i ministri e la Presidente del Consiglio (in quanto parte del Consiglio dei Ministri che ha approvato l’atto) rischiano personalmente sul loro patrimonio.
La Corte dei Conti può infatti condannarli a risarcire lo Stato, in tutto o in parte, per i miliardi spesi per un’opera mai realizzata. Si tratta di una responsabilità personale e patrimoniale che non ricade sul governo o sui partiti, ma sugli individui che hanno preso quella specifica decisione.










