
A Messina la politica è una farsa provinciale: il richiamo all’ordine del Padrone e la patetica scusa che insulta l’intelligenza di una città.


di Orofiamma Branciforte
Non illudiamoci.
Quello andato in scena a Messina non è un aneddoto politico, ma la radiografia di una patologia cronica. È il solito, stantio copione del potere provinciale italiano, recitato da maschere che si credono personaggi. Una farsa, e neanche di quelle scritte bene.
Da una parte, il Ras. L’uomo forte, il feudatario che non ha bisogno di cariche ufficiali perché la sua carica è il controllo stesso: di voti, di clientele, di destini. Un potere che si misura in longevità e capacità di manovra, che estende la sua ombra sul futuro come un’ipoteca. Non chiamiamola “Sorte”, è un insulto al vocabolario. Chiamiamolo col suo nome: un sistema.
Dall’altra, il sindaco di facciata. Il giovane scelto non per governare, ma per amministrare il consenso del capo. Un ruolo ancillare mascherato da primato cittadino, dove l’autonomia è una concessione, sempre revocabile. Lo si sceglie elegante, per bene, rassicurante. Serve a dare un volto pulito a logiche antiche.
E la dinamica è da manuale. Il Ras, forse per noia o per ribadire le gerarchie, lancia il suo avvertimento pubblico. Il richiamo all’ordine, travestito da critica politica sulla “sindrome del Re Sole”, non è altro che uno schiaffo dato al figlioccio davanti a tutti, per ricordare chi tiene il guinzaglio.
Poi, il grottesco. La marcia indietro, la toppa peggiore del buco. La colpa scaricata su un piscistocco. L’indigestione come motore della politica. Qui non c’è ironia, c’è solo la fotografia del disprezzo. È la certezza che all’elettorato si possa propinare qualunque fandonia, che la plebe sia così assuefatta da bersi anche la favola del pesce andato a male. È l’insulto finale all’intelligenza di una città.
Non ci sono messaggi cifrati, non c’è alta strategia. C’è solo la banale, brutale meccanica del potere per il potere, in un Mezzogiorno dove il vassallaggio è ancora una categoria dello spirito. Il tutto si chiude non a tarallucci e vino, ma con l’amaro in bocca di chi sa che nulla è cambiato e nulla cambierà.
Questa non è una situazione grave ma non seria. È una situazione disperatamente seria nella sua mediocrità. Missina è veramente malanova, scirocco e piscistocco.
