

Editoriale di GIUSEPPE BEVACQUA
Messina, 21 settembre 2025
“Inchiostro Obbediente” …. Esiste un paradosso insidioso che affligge le fondamenta della democrazia. La libertà di stampa si celebra quale pilastro irrinunciabile di una società aperta, ma nei palazzi del potere regionale e locale si perfeziona quotidianamente un’arte sottile e spietata: quella della “cattura dei media”. Non si tratta della censura brutale dei regimi autoritari, ma di un’operazione chirurgica, condotta con le armi del mercato e della legge per trasformare il “quarto potere”, il cane da guardia della democrazia, in un addomesticato cane da compagnia.
Il fenomeno descrive una realtà in cui gli organi di informazione, pur rimanendo formalmente privati, vengono di fatto controllati dal governo o da interessi politici. Come? Attraverso una coercizione economica che porta a un “graduale allineamento degli interessi”, svuotando il giornalismo della sua funzione essenziale di scrutinio critico del potere.
Pubblicità come ricompensa e punizione
Lo strumento primario di questa strategia è la spesa pubblicitaria istituzionale. Lungi dall’essere un mero strumento di comunicazione, essa diventa una leva di “favoritismo politico”, operando secondo un semplice ma crudele sistema di “ricompensa e punizione”. I fondi pubblici, pagati dai cittadini, vengono allocati non in base a criteri oggettivi come la diffusione o l’efficacia, ma secondo la logica dell’allineamento politico. Al fine di catturalo, che è di certo molto meglio che imporlo.
Le testate giornalistiche che offrono una narrazione compiacente, che evitano inchieste scomode e che amplificano la propaganda dell’amministrazione di turno, vengono premiate con lauti contratti pubblicitari. Quelle che, al contrario, osano criticare, indagare e svelare le inefficienze o gli interessi autoreferenziali del potere, vengono punite con l’esclusione sistematica da queste risorse.
Un meccanismo drammaticamente efficace nel contesto di una crisi strutturale che attanaglia l’editoria locale. Il crollo dei ricavi pubblicitari tradizionali ha reso le testate giornalistiche, specialmente quelle più piccole, economicamente fragili e vulnerabili. In questo scenario, la pubblicità erogata da un Comune, da una partecipata o da un assessorato regionale non è più una semplice voce di bilancio, ma spesso rappresenta la differenza tra la sopravvivenza e la chiusura. La dipendenza economica si trasforma così, inevitabilmente, in soggezione editoriale. L’alternativa è la scomparsa, o nel migliore dei casi, l’impossibilità di finanziare quel giornalismo investigativo costoso e complesso che è l’unica vera minaccia per i sistemi di potere consolidati.
L’Arte della spedizione punitiva: le Querele Strumentali
Così, quando la leva economica non basta a garantire l’obbedienza, entra in gioco un’altra arma: la molestia legale. Le querele strategiche (note come SLAPP, Strategic Lawsuits Against Public Participation), con le loro esorbitanti richieste di risarcimento, non hanno l’obiettivo di ottenere giustizia in un’aula di tribunale. Il loro scopo è più sottile: prosciugare le già esigue risorse finanziarie delle testate non allineate, costringendole a sostenere ingenti spese legali per difendersi da accuse pretestuose. Ma la sola notifica della querela, già di per sé, ottiene l’effetto di determinare confusione, generare incertezza, produrre sperpero di tempo necessario a difendersi. E ciò già basta.
Questa tattica mira a generare un “effetto raggelante” (chilling effect). L’obiettivo finale non è vincere la causa, ma creare un clima di paura e precarietà che spinga giornalisti ed editori alla più insidiosa delle censure: l’autocensura. Per timore di una querela milionaria o della perdita dell’ultimo brand che investe in pubblicità, si evita di pubblicare una notizia, si ammorbidisce una critica, si rinuncia a un’inchiesta. È la vittoria più completa e devastante della cattura dei media, perché il controllo si sposta da un’imposizione esterna a una disciplina interna, rendendo il sistema più efficiente e invisibile al pubblico.
Il risultato è un’informazione pilotata, una disinformazione per omissione che divulga solo le narrazioni utili a chi governa.
Il Valore del Rifiuto: L’Indipendenza come Scelta Etica
In questo scenario desolante, emerge con forza un concetto fondamentale: l’indipendenza giornalistica non è uno status, ma una scelta. Una scelta coraggiosa e quotidiana che si fonda su un principio tanto semplice quanto rivoluzionario: il rifiuto.
Come dimostrano modelli virtuosi, a livello nazionale, come Il Fatto Quotidiano che ha fatto del suo motto “Non riceve alcun finanziamento pubblico” il pilastro della sua esistenza, perché la vera indipendenza si costruisce sulla capacità di rifiutare proprio quella pubblicità istituzionale dispensata per comprare il silenzio e il consenso. Rifiutare quei fondi non è una decisione economica, ma una dichiarazione etica. Significa scegliere di rispondere unicamente ai propri lettori e alla propria coscienza, non ai detentori del potere politico ed economico.
Questa scelta, sebbene ponga sfide di sostenibilità enormi, è l’unica garanzia per un giornalismo che voglia ancora definirsi tale. È il coraggio di mantenere la schiena dritta, anche a costo di sacrifici, che distingue un giornalista da un propagandista, una testata libera, un blog con le mani libere, da un bollettino governativo. L’indipendenza non è in vendita, perché il suo valore non è misurabile in contratti pubblicitari, ma nella fiducia che i cittadini ripongono in chi ha il dovere di informarli. La salute della nostra democrazia, in Sicilia, a Messina, come altrove, dipende dalla resilienza e dal coraggio di chi, ogni giorno, sceglie di non farsi catturare.

