
Bruxelles accende un faro sull’impatto dell’opera, sollecitando chiarimenti al governo italiano. L’amministratore delegato Ciucci parla di “normale dialettica”, ma le associazioni ambientaliste denunciano forzature e una rischiosa procedura “a spezzatino” che mette a repentaglio un ecosistema unico.

Una lettera inviata dal dipartimento Ambiente dell’Unione Europea al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) getta nuove ombre sul progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Il documento, visionato da Bloomberg e ripreso da diverse testate nazionali, solleva dubbi sull’impatto ambientale dell’infrastruttura, identificando “diverse aree che richiedono chiarimenti” e proponendo “ulteriori misure” per colmare possibili “carenze” prima di dare il via libera ai cantieri.

La richiesta di approfondimento da parte di Bruxelles infiamma un dibattito già incandescente. Da un lato, l’amministratore delegato della società Stretto di Messina, Pietro Ciucci, minimizza, definendo la comunicazione una “normale e prevista dialettica tra lo Stato italiano e l’Unione Europea”. Per Ciucci, questo scambio è anzi la “conferma della rilevanza strategica di un’opera che completa il più rilevante corridoio europeo nord-sud”. Rassicura, inoltre, che la società fornirà al Mase tutte le informazioni necessarie per rispondere ai quesiti della Commissione, forte del parere favorevole (seppur con prescrizioni) già ottenuto dalla Commissione tecnica di valutazione dell’impatto ambientale del ministero dopo 14 mesi di analisi.

Sull’altro fronte, le associazioni ambientaliste vedono nella mossa dell’UE la convalida delle loro preoccupazioni, a lungo inascoltate. Già ad agosto, Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF avevano presentato un reclamo a Bruxelles, evidenziando come l’impatto ambientale del Ponte sia “certo, documentato e, dopo anni di negazioni, ammesso dagli stessi proponenti”. Il cuore della loro denuncia risiede nella procedura speciale di Valutazione d’Incidenza (Vinca), attivata obbligatoriamente proprio a causa degli impatti “acclarati e non mitigabili” su aree protette dalle direttive comunitarie Habitat e Uccelli. Queste aree, parte della Rete Natura 2000, includono sia la costa calabra che quella siciliana, oltre al braccio di mare che le divide. Secondo gli ambientalisti, le condizioni previste dalle norme comunitarie per procedere nonostante tali impatti non sarebbero state rispettate.
A complicare ulteriormente il quadro è la metodologia scelta dal governo per portare avanti l’opera. Il recente decreto Infrastrutture ha di fatto sostituito l’idea di un progetto esecutivo integrale con un approccio per “fasi costruttive”. Una sorta di “spezzatino” che, secondo i critici, rende estremamente difficile verificare il completo adempimento delle 62 prescrizioni imposte dalla commissione Via-Vas del Mase. Senza una visione unitaria, il rischio è che la valutazione complessiva dei rischi e la risoluzione dei nodi problematici vengano sacrificate sull’altare di un’accelerazione politica. Questa fretta, impressa dal governo Meloni e dal ministro Salvini, non consentirebbe di studiare a fondo le criticità ambientali e strutturali, né di valutare seriamente le alternative per migliorare i collegamenti tra le due sponde con un impatto meno devastante.
La richiesta di chiarimenti da parte dell’Europa segna quindi un punto cruciale. Resta da vedere se si rivelerà, come sostiene Ciucci, un semplice passaggio in un “virtuoso dialogo” o se, come temono gli ambientalisti, confermerà che la costruzione del Ponte rappresenta un azzardo insostenibile per uno degli ecosistemi più preziosi del Mediterraneo.

