

Tra complimenti istituzionali e strategie difensive, si consuma l’ennesimo atto della saga giudiziaria di Salvatore Cuffaro. Se nel 2015 l’inchiesta che aprì le porte di Rebibbia era stata vissuta con l’amarezza di chi si sentiva vittima di pressioni, oggi la musica cambia, almeno nella forma. «Bravi, indagini minuziose» e, soprattutto, «scevre da condizionamenti politici».
Queste le parole che l’ex governatore ha rivolto ai carabinieri del Ros di Palermo, lodando le modalità operative con cui è stata condotta l’indagine che ora rischia di costargli gli arresti domiciliari. Un fair play ostentato che però si è infranto davanti alla porta dell’aula del Gip.
La strategia del silenzio e la nota della discordia
L’udienza è stata fulminea. Cuffaro, difeso dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Marcello Montalbano, ha scelto la via della prudenza: si è avvalso della facoltà di non rispondere, limitandosi a dichiarazioni spontanee per disconoscere il contenuto di un documento che sta infiammando lo scontro tra accusa e difesa.
Al centro della scena c’è un’annotazione di servizio datata 6 novembre 2025. Due pagine, vergate dai militari del Ros «per dovere d’ufficio», che racchiudono quello che appare come un vero e proprio “sfogo” dell’ex leader Dc, avvenuto a margine delle perquisizioni in cui sono stati rinvenuti e sequestrati 80mila euro.
Le “verità” a margine della perquisizione
Secondo quanto verbalizzato dai carabinieri, Cuffaro, trovandosi di fronte agli investigatori, avrebbe parlato a ruota libera, convinto forse di poter chiarire la sua posizione “da uomo a uomo”. Un flusso di coscienza suddiviso per argomenti che tocca i nervi scoperti dell’inchiesta su appalti e nomine:
- L’affare Asp Siracusa: Cuffaro avrebbe ammesso di aver «tentato di aiutare Mauro Marchese nel vincere la gara» ponte. Il motivo? L’imprenditore della Dussmann lamentava l’ostruzionismo dell’ex Dg Ficarra. L’intervento sarebbe passato per una richiesta ad Alessandro Caltagirone (definito «uomo di Forza Italia»), una mossa che lo stesso Cuffaro avrebbe bollato come «leggerezza». Tuttavia, la vera «svolta» nella procedura, secondo l’ex governatore, sarebbe arrivata solo grazie all’intervento di Saverio Romano e a non meglio precisate «spinte da Roma».
- Il “favore” ai dipendenti: Nel racconto emerge anche la richiesta a Marchese di aumentare le ore a due dipendenti in difficoltà, per garantire loro almeno 800 euro al mese.
- Il concorso OSS: Qui l’ammissione si fa colorita. Cuffaro avrebbe confessato di aver fatto «una minchiata» col solo intento di favorire una ragazza, la cui identità è rimasta celata.
- Roberto Colletti: Sul manager, l’ex presidente ha tagliato corto definendolo un amico di vecchia data, aggiungendo dettagli ritenuti irrilevanti ai fini investigativi.
L’ombra della talpa e il “do ut des”
Il capitolo più delicato riguarda il tenente colonnello Stefano Palminteri, soprannominato nelle intercettazioni “il colonnello”. L’incontro tra i due sarebbe avvenuto tramite un avvocato comune.
Secondo il racconto attribuito a Cuffaro:
Il militare avrebbe avvertito l’ex governatore dell’esistenza di indagini sul suo conto e su quello dell’onorevole Carmelo Pace, mettendoli in guardia l’uno dall’altro. In cambio di queste soffiate (che Cuffaro riteneva però “millantate”), Palminteri avrebbe chiesto un aiuto per ottenere la poltrona di Direttore Generale della Gesap, la società di gestione dell’aeroporto di Palermo.
Accuse pesanti che Palminteri ha già respinto con fermezza durante il suo interrogatorio sabato scorso.
La battaglia procedurale
Ora la partita si sposta sul piano tecnico. I Pubblici Ministeri hanno depositato l’annotazione il 7 novembre, forti di una sentenza che ne supporterebbe l’utilizzabilità. La difesa, però, alza il muro: per i legali di Cuffaro quelle parole, dette senza avvocato e in un contesto informale, sono inutilizzabili in questa fase. Resta la fiducia nella giustizia dichiarata ai cronisti, ma tra le righe di quel verbale si legge tutta la preoccupazione di chi conosce bene il peso delle parole.










