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Mercato Vascone, il “malocchio” e l’elogio ironico degli “umarell” all’assessore Finocchiaro

- 16/10/2025
Massimo Finocchiaro
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MESSINA – C’erano una volta gli “umarell”. Non quelli veri, in carne, ossa e pensione, ma quelli evocati a sproposito dall’assessore Massimo Finocchiaro. Era il tempo in cui tutto andava bene, madama la marchesa, e se qualcuno osava turbare la narrazione di un’amministrazione scattante e produttiva, veniva additato come un gufo o, peggio, un curioso da cantiere. Il presidente della Terza Circoscrizione, Alessandro Cacciotto, era diventato un tormentone, quasi un disco rotto: si presentava davanti ai cancelli sbarrati del mercato Vascone (e come lui anche noi, per non dire dei mercatali) e, con la desolazione di un cantiere vuoto alle spalle, si chiedeva e chiedeva: “Come mai i lavori sono fermi?“.

Domanda semplice, legittima. Pericolosa. Talmente pericolosa che l’assessore Finocchiaro, infastidito da tanta audacia – quella di un presidente di quartiere e di qualche giornale locale che si permettevano di fare il proprio mestiere – scelse la via del sarcasmo. Invocò proprio loro, gli “umarell”, quasi a dire che solo dei pensionati senza nulla da fare potevano perdere tempo a sindacare sull’andamento di un’opera che, a suo dire, procedeva liscia come l’olio. “Notizie infondate”, diceva Finocchiaro. Era la supercazzola politica perfetta: ridicolizzare l’interlocutore per non rispondere nel merito. Peccato che, a differenza dei film di Monicelli, qui non ci sia nulla da ridere.

Oggi quella bomba a orologeria, che Cacciotto e gli operatori del mercato segnalavano da mesi, è finalmente esplosa tra le mani dell’assessore. Il castello di rassicurazioni è crollato sotto il peso della più banale delle verità: il cantiere non era solo fermo, era agonizzante. E ora, nel silenzio assordante di chi non ha più battute sagaci da offrire, l’amministrazione ha dovuto ammettere la catastrofe. È arrivata la diffida alla ditta di Modica, un ultimatum di quindici giorni per resuscitare un’opera morta, pena la risoluzione del contratto e la richiesta di restituzione di un lauto anticipo da duecentomila euro.

Una sconfitta su tutta la linea, la cronaca di un disastro annunciato che oggi assume i contorni grotteschi della beffa. E quale beffa più grande, per i sessanta commercianti del mercato rionale più amato dai messinesi, che scoprire che il Comune sta ora lavorando per rendere “maggiormente confortevole” la loro attuale, provvisoria sistemazione? Quella striscia di parcheggio che si affaccia, con macabro tempismo, sul Gran Camposanto. Una canaletta per le acque piovane, i bagni resi agibili. Misure che non sanno di temporaneità, ma di rassegnazione, e che non funzionano neanche bene, visti gli allagamenti. È l’ammissione implicita che quella vista sui cipressi sarà la loro compagna di lavoro ancora a lungo, molto a lungo.

Ah, la lungimiranza! La stessa che portò a scegliere quell’area, trasformando un parcheggio in un suk improvvisato, con tutti i disagi del caso. E meno male che gli operatori accettarono, fidandosi delle scadenze. Scadenze che oggi sono carta straccia.

L’assessore Finocchiaro tace. Forse cerca nuove, brillanti metafore per spiegare come si possa passare da “tutto procede bene” a “stiamo per rescindere il contratto”. Potrebbe dare la colpa all’allineamento dei pianeti, alla congiuntura economica internazionale o, perché no, a un complotto degli “umarell” che, con il loro sguardo critico, hanno gettato il malocchio sul cantiere.

La verità è più semplice e amara. Mentre un assessore si dilettava in ironie fuori luogo per zittire le critiche, un’opera fondamentale per un intero quartiere andava alla deriva. E oggi, con la prospettiva di un nuovo, infinito appalto all’orizzonte, resta solo il sapore sarcastico di quelle vecchie dichiarazioni. Chissà se l’assessore, passando davanti a quel cantiere deserto, sentirà la mancanza delle domande di Cacciotto. O forse, più semplicemente, eviterà di guardare. Dopotutto, non è mica un “umarell”.

Mercato vascone
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