
Un polo tecnologico da sogno sulla carta, un cantiere infinito nella realtà. Tra annunci trionfali, fondi che evaporano e demolizioni a singhiozzo, l’I-HUB di Messina si trascina stancamente, sollevando più interrogativi che speranze. Viaggio in un’opera pubblica che puzza di incompiuta ancor prima di nascere.

di Giuseppe Bevacqua
Messina – Doveva essere il fiore all’occhiello della rinascita tecnologica messinese, un faro di innovazione per l’intero Mezzogiorno. L’I-HUB, un ambizioso progetto da decine di milioni di euro, prometteva coworking, centri di ricerca, parchi urbani e un futuro radioso per i giovani. Oggi, però, l’unica cosa che abbonda nell’area della cortina del porto sono le macerie – fisiche e metaforiche – di un sogno che fatica a decollare, impantanato in un balletto di ritardi, cifre ballerine e una cronica mancanza di chiarezza.
Il Calvario Infinito delle Demolizioni: Un “Domani” Che Non Arriva Mai
La storia dell’I-HUB è, prima di tutto, una via crucis di demolizioni annunciate e puntualmente rinviate. L’obiettivo iniziale? Progetti cantierabili entro la fine del 2021. Una chimera. Si arriva a giugno 2022 per sentir parlare di una gara d’appalto per abbattere mercato ittico, magazzini generali e Silos Granai, con l’avvio fissato per il 20 settembre 2022. Peccato che i “primi segni di demolizione” – e solo per gli ex Magazzini Generali – si vedranno solo il 14 settembre 2023, con due anni di ritardo sulla tabella di marcia. Un’inezia, per i tempi biblici delle opere pubbliche nostrane.
Ma il calvario è lungi dall’essere concluso. Novembre 2024: la Giunta Basile annuncia che le demolizioni ripartiranno a gennaio 2025, rimangiandosi la precedente promessa di novembre 2024. Gennaio 2025: nuova puntata della saga. Il vicesindaco Mondello e il DG Puccio, in commissione consiliare, giurano che Casa del Portuale ed ex Silos verranno giù “prima dell’estate“, con consegna lavori entro marzo. L’estate messinese, si sa, può essere elastica. E infatti, a maggio 2025, l’annuncio si aggiorna: ruspe “entro un mese” per gli ultimi due ruderi. Un “mese” che i messinesi attendono con il fiato sospeso, o forse con rassegnata ironia.
Le cause di questo stillicidio? Un classico del genere. Il farraginoso trasferimento della Casa del Portuale dalla Regione al Comune, un contenzioso che si trascina da anni e risolto solo sulla carta con un emendamento del 2024, ma il cui perfezionamento era ancora “in fase” a gennaio 2025. Poi le immancabili lungaggini delle gare d’appalto. E, ciliegina sulla torta, il dettaglio non trascurabile che a maggio 2025, con le ruspe quasi in moto per l’ultimo atto delle demolizioni, il polo tecnologico “deve ancora prendere forma anche dal punto di vista progettuale“. Anzi, adesso si parla anche di spostarlo nell’area delle ex Officine Grandi Riparazione. Si demolisce al buio, insomma, sperando che poi il progetto si adatti alle macerie create. Non mancano nemmeno i timori per la possibile presenza di amianto, un fantasma che potrebbe allungare ulteriormente i tempi e far lievitare i costi.
Il Giallo dei Finanziamenti: Da 70 Milioni a 50, Chi Ha Visto i Soldi?
Se le demolizioni sono un calvario, il capitolo finanziamenti è un vero e proprio giallo. Si parte in pompa magna nel luglio 2021: l’I-HUB vale la bellezza di 71,28 milioni di euro, un fiume di denaro da React-EU, PON Metro e POC. Addirittura, un comunicato del Comune del settembre 2023, ripescando una vecchia assegnazione del 2020, parla di 74,7 milioni. Cifre da capogiro, che facevano sognare una Messina proiettata nel futuro.
Poi, come per magia, il tesoretto si sgonfia. Novembre 2024: il Documento d’indirizzo alla progettazione (Dip) aggiornato dalla Giunta Basile parla di una dotazione di 50,54 milioni di euro, provenienti dal PON Metro Plus. Cinquanta milioni confermati a febbraio 2025. Che fine hanno fatto oltre venti milioni di euro? Spariti? Dirottati?
Le spiegazioni ufficiali, arrivate con il consueto tempismo – ovvero dopo le prime denunce pubbliche – parlano di “risparmi”. Il DG Salvo Puccio, nel giugno 2024, si affretta a negare rischi per i fondi, sostenendo che i costi di demolizione si sono rivelati “inferiori alle stime”. I 16 milioni previsti per abbattere tutto sarebbero diventati meno di 7 (1,6 milioni per il mercato ittico e 4,7 per il resto). I “fondi complementari” risparmiati? Utilizzati per altri interventi PON, assicura Puccio, mentre i 50 milioni per la costruzione dell’I-HUB sarebbero al sicuro nel PON Plus, “nessuno li ha toccati”. Una narrazione che sa tanto di toppa messa in fretta e furia. Perché questa “oculata gestione” emerge solo dopo le accuse di definanziamento lanciate, ad esempio, dal Movimento 5 Stelle, che già nel maggio 2024 parlava di I-Hub “senza fondi” e risorse “dirottate altrove”? Il dubbio che il budget iniziale fosse gonfiato o che il progetto sia stato ridimensionato per carenza di liquidità resta, eccome.
E incombe, come una spada di Damocle, il rischio di perdere anche i fondi europei rimasti, quelli del PON Metro 2021-2027, che esigono il completamento dell’opera entro il 2028 e il collaudo nel 2029. Scadenze che, visto l’andazzo, sembrano più un miraggio che un obiettivo concreto. L’allarme lanciato da CGIL e SUNIA per Catania sul rischio di perdere fondi PNRR e PON Metro per ritardi e problemi di programmazione suona come un sinistro campanello anche per Messina.
Ma Serve Davvero? L’Ombra della “Cattedrale nel Deserto”
Al di là del balletto di date e milioni, una domanda sorge spontanea, sempre più insistente: ma questo I-HUB, così come è stato nebulosamente concepito, serve davvero a Messina? Le promesse sono altisonanti: riqualificazione urbana, un polo attrattivo per tecnologia e innovazione per tutto il Sud Italia, coworking, centri di ricerca, un nuovo parco, vivibilità urbana, sinergie con l’università. Insomma, un libro dei sogni.
Peccato che le voci critiche siano altrettanto numerose e taglienti. C’è chi bolla l’idea come “poco chiara, assurda, balzana“, presagendo “soldi buttati alla stragrande“. Persino la scelta dell’area della cortina del porto è contestata, con suggerimenti ironici di cercare “altre allocazioni più funzionali“. E come dare torto, se ancora a maggio 2025, con le demolizioni quasi ultimate, il progetto “deve ancora prendere forma anche dal punto di vista progettuale”? Si abbattono edifici storici (o anche solo vecchi e brutti, come il silos granario mai entrato in funzione, consolazione magra per alcuni) senza avere un’idea chiara di cosa sorgerà al loro posto. Un concorso di progettazione internazionale, annunciato per definire la struttura, se da un lato promette qualità, dall’altro certifica il vuoto progettuale attuale. I “tre paletti principali imposti ai tecnici” – spazio pubblico tecnologico, piano terra pedonale, spazio esterno flessibile – sembrano più una dichiarazione di vaghe intenzioni che solide linee guida.
Il rischio è quello di costruire l’ennesima “cattedrale nel deserto”, un contenitore scintillante ma vuoto, o peggio, sottoutilizzato. La domanda di innovazione è stata realmente analizzata o si confida, come spesso accade, che l’offerta crei la sua domanda? Un operatore locale lamenta la scarsa considerazione per le startup messinesi già esistenti, un segnale preoccupante di possibile scollamento tra le grandi manovre e la realtà del territorio.
Un Futuro Appeso a un Filo (e a un Concorso di Progettazione)
L’I-HUB di Messina è un cantiere avvolto nelle nebbie. Nebbia sui tempi, nebbia sui fondi, nebbia sul progetto definitivo. Mentre le ruspe (forse) completeranno il loro lavoro, la città attende di capire se da quelle macerie sorgerà davvero un polo di sviluppo o l’ennesimo monumento allo spreco e all’inefficienza. Le aspettative della comunità, che invoca il coinvolgimento di professionisti locali e una progettazione di altissimo livello per evitare “disastri urbani”, si scontrano con una realtà fatta di annunci roboanti e concretizzazioni deludenti.
La trasparenza, finora, è stata la grande assente. E senza trasparenza, senza un dibattito pubblico serio e informato, senza una visione chiara e condivisa, l’I-HUB rischia di rimanere un’eterna promessa, un buco nero nel waterfront e nelle casse pubbliche. Messina merita di più di un futuro incerto, costruito su fondamenta di ritardi e misteri.

Fare una stazione pullman in modo da liberare tante strade dal caos dei mezzi fermi qua e la, soprattutto considerando che ci troviamo di fronte agli aliscafi ed alla stazione, possibile che nessuno si accorga del caos e di questa necessità?