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Messina – Secondo palazzo di Giustizia. Due palazzi pagati a peso d’oro? Lo storico Nino Principato aveva già chiesto chiarimenti

- 26/05/2024

Sulla questione secondo palazzo di Giustizia di Messina si era già espresso due volte Nino Principato. Così oggi l’interrogazione del consigliere Alessandro Russo del PD suona come un segnale di allarme al quale l’amministrazione Basile deve rispondere. A dire la verità sarebbe stato il caso, comunque, che avesse risposto anche allo storico e cittadino Nino Principato che il 23 ottobre dello scorso anno ed il 20 marzo di quest’anno aveva fatto le sue dure osservazioni.

Il dubbio che si solleva da quanto scrivono Principato e Russo è questo. Perché due immobili acquistati dalla società “Unire 54 Spa” rispettivamente 3 milioni e 200 mila euro la ex Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele e 600 mila euro l’ex Banca di Roma, vengono valutati almeno al triplo del loro valore e tale valore è addirittura superiore a quello, già elevato, considerato “congruo” dall’architetto Giovanni Rizzo su incarico di “Patrimonio Spa” una delle società del Comune stesso che ne è l’acquirente? E perché non si attende, invece, la stima ed il parere dell’Agenzia delle Entrate, che non sarebbe stato “disponibile” fino al momento della stipula? Il prezzo è così lievitato oltre misura, anche oltre il valore massimo a metro quadro definito dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate? Il valore dei due edifici, infatti, passa da 1.800 e 1.200 euro rispettivamente della ex Cassa di Risparmio di Vittorio Emanuele e per la ex Banca di Roma, fino ad un valore di partenza pari a 2.132 euro e 1421 euro. Il Comune così acquista i due immobili per un valore che risulta, come detto, triplo rispetto a quello di acquisto della società acquirente e ben superiore anche al valore ritenuto congruo dallo stesso architetto Rizzo: si passa quindi dal valore congruo, secondo Rizzo, pari a 6.314.000 euro per l’edificio ex Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele e 2.679.000 euro per l’edificio ex Banca di Roma a ben 11.300.000 per l’edificio ex Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele e 5.829.503,40 per l’edificio ex Banca di Roma.

E’ così che Nino Principato chiede: “Come mai nel contratto di compravendita stipulato a luglio del 2023 La vendita degli immobili è convenuta a corpo e non a misura‘, cioè il prezzo è stato stabilito in relazione all’entità globale del bene indipendentemente dalle sue dimensioni reali, dal momento che c’era il parere di congruità dell’arch. Rizzo che, si presume, avrà dato la valutazione dei due immobili a metro quadrato vuoto x pieno, cioè superficie lorda e quindi a misura in maniera da avere precisi punti di riferimento?”. Come si legge nell’interrogazione di Alessandro Russo, l’architetto Rizzo effettua la stima sulla base delle piantine e da un sopralluogo esterno. Ovvero non entrerà mai nei due locali.

Principato precisa inoltre: “Il Comune, però, acquista i due immobili non con fondi propri ma con due mutui del Ministero dell’Economia e Finanza (art. 19 L. 119/81) che se ne accolla le rate di ammortamento (il cui utilizzo, è bene precisare, è soggetto alla valutazione della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.). Il nulla osta del Ministero della Giustizia per l’utilizzo dei mutui finalizzato all’acquisto degli immobili da destinare al secondo Palazzo di Giustizia del 30/10/2022 prot. n. 709522, è stato reso PRIMA del parere di congruità dell’Arch. Giovanni Rizzo del 17/07/2023: ci si chiede se tale parere dì congruità, visto che è posteriore, sia stato inviato al Ministero della Giustizia per le proprie determinazioni in merito, dal momento che i due mutui sono a suo carico”.

Il rischio adesso è che si possa concretizzare il danno erariale visto che l’iter per la realizzazione dei lavori di adeguamento anche sismico non sono ancora iniziati e che la data di scadenza dei 14 mesi si avvicina sempre più.