

MESSINA – Dopo un lungo letargo, qualcosa si muove. Ma a suonare la sveglia sono voci isolate, quasi a predicare nel deserto di un’aula consiliare distratta. Prima la senatrice Dafne Musolino, che ha portato la questione direttamente sul tavolo del ministro Giuli a Roma; ora il consigliere comunale del Pd, Alessandro Russo, che in riva allo Stretto cerca di scuotere l’amministrazione Basile. E il resto? Il resto del Consiglio, quello blindato dalla maggioranza che sostiene il Sindaco, rimane inerte. Silenzioso. Viene da chiedersi se l’assenza di dibattito nasconda un calcolo politico o, peggio, l’incapacità di cogliere la portata reale e pratica di una perdita devastante per la città.
La nota inviata da Russo al primo cittadino è un richiamo alla realtà che squarcia il velo dell’ottimismo istituzionale. Mentre Palazzo Zanca sembra tirare un sospiro di sollievo per l’individuazione dei locali in via Dogali, il consigliere dem mette in guardia dal rischio di guardare il dito e non la luna. La comunicazione ufficiale parlava di «soluzione felicemente trovata» , ma Russo smonta l’entusiasmo con la freddezza dei numeri: si tratta di «appena 250 metri quadri di appartamento». Uno spazio forse sufficiente per dare una scrivania ai dipendenti, ma assolutamente inadeguato per la vera essenza dell’istituzione.
È qui che l’inerzia della maggioranza appare più colpevole. Limitarsi a celebrare la nuova sede significa non comprendere la natura pratica del problema. In quei 250 metri quadri non c’è «nessuno spazio idoneo ad accogliere la sterminata documentazione storico-archivistica dell’Archivio di Messina». Accettare questa soluzione senza battere ciglio significa accettare lo “spezzatino”: salvi gli uffici, dispersa la memoria. Russo avverte chiaramente che, risolta la questione dei posti di lavoro, «l’altro vero, essenziale e delicatissimo problema della sede a Messina di tutto il patrimonio archivistico» rischia di scivolare nel dimenticatoio.
Mentre i consiglieri di maggioranza tacciono, Russo chiede a Basile di onorare gli impegni presi in Consiglio comunale. La richiesta è pragmatica: attivarsi con i vertici ministeriali per pretendere che l’Archivio resti a Messina «nella sua globalità e interezza» e sbloccare quello screening degli immobili comunali promesso mesi fa ma mai arrivato a dama. Messina non può permettersi «ottimismo di maniera». La sensazione, però, è che la politica cittadina stia sottovalutando un’emergenza culturale trattandola come una banale pratica di trasloco. Se l’attenzione rimane viva solo grazie a iniziative singole come quelle di Musolino e Russo, il rischio è che la città si svegli quando il cittadino avrà bisogno di una consultazione, di accedere materialmente a un atto, ma in via Dogali ci saranno solo uffici vuoti di storia.










