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Taglia gola a figlio di 9 anni, ipotesi ‘sindrome di Medea’: cos’è

- 13/11/2025
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Lo psichiatra Mencacci: “Il contesto suggerisce questa chiave di lettura, ma occorre indagare su eventuali disturbi psicopatologici o altri fattori di rischio”

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Episodi come quello della madre che in provincia di Trieste ha ucciso il figlio di 9 anni tagliandogli la gola “rimandano a un quadro che in psichiatria viene spesso definito ‘sindrome di Medea’, in cui l’uccisione dei figli rappresenta un atto di vendetta nei confronti del partner. In situazioni di forte conflittualità di coppia o di separazione, l’omicidio del figlio può diventare, nella mente della persona che agisce, un modo estremo per colpire l’altro genitore, sottraendogli ciò che ha di più caro”. Lo spiega all’Adnkronos Salute lo psichiatra Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia.

“Si tratta di dinamiche molto rare – sottolinea – più frequentemente associate a condizioni in cui l’omicidio è seguito dal suicidio, cosa che in questo caso non sembra emergere. Non sappiamo ancora – precisa lo specialista – se fossero presenti disturbi psicopatologici o altri fattori di rischio, ma il contesto di separazione e l’elemento vendicativo rappresentano una possibile chiave di lettura iniziale”.

Mencacci evidenzia che “l’omicidio dei figli da parte della madre resta, in termini assoluti, un evento meno frequente rispetto agli omicidi intrafamiliari commessi dagli uomini. Tuttavia, quando avviene è spesso legato a dinamiche di coppia altamente conflittuali, vissute in modo distorto e drammatico da chi compie il gesto”.

E’ troppo presto per capire cosa sia scattato nella mente di questa mamma secondo Guido Di Sciascio, neopresidente della Società italiana di psichiatria (Sip), che invita alla “massima cautela nell’interpretare un episodio così drammatico. Al di là della costernazione di fronte a un evento di questo tipo – ha dichiarato all’Adnkronos Salute – l’unico elemento che abbiamo è che siamo in una fase di separazione e nella storia degli infanticidi è già accaduto che il gesto fosse rivolto in modo ricattatorio o vendicativo verso l’altro genitore”. Tuttavia, secondo lo psichiatra è difficile collocare quanto accaduto in uno schema clinico definito. “Esiste anche una categoria che viene chiamata ‘suicidio allargato’: invece di togliersi la vita, la persona uccide qualcuno molto vicino e questo accade in alcuni contesti di grave depressione”, ha spiegato l’esperto. “Ma oggi – insiste – è assolutamente prematuro fare valutazioni di questo genere. Con i dati attuali non possiamo trarre conclusioni”.

Di Sciascio ha sottolineato che la dinamica potrebbe anche non essere legata a una condizione psichiatrica. “Potrebbe trattarsi – ragiona il presidente Sip – di un gesto rivolto contro il partner, un atto per farlo soffrire. Sono comportamenti che, pur essendo evidentemente patologici dal punto di vista morale e relazionale, non sempre provengono da persone note ai servizi o con diagnosi psichiatriche”. Lo specialista ci ha tenuto a ribadire “i limiti di qualunque interpretazione immediata: un commento tecnico vero e proprio non è possibile in questa fase, qualsiasi inquadramento clinico adesso sarebbe azzardato”.

Sindrome di Medea,disagio
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