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“SANCTUARIUM” A SANTA MARIA ALEMANNA, SENZA NULLA OSTA. IL SOPRINTENDENTE DIFFIDA IL COMUNE: “AUTORIZZAZIONE OBBLIGATORIA MAI RICHIESTA”

- 31/10/2025
alemanna trolling

CHI HA TROLLATO CHI? UN BOOMERANG SENZA PRECEDENTI CHE RITORNA ADDOSSO ALL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE

Il Comune concede Santa Maria Alemanna per una Festa di Halloween senza l’autorizzazione obbligatoria della Soprintendenza. Colti in fallo, gli organizzatori cambiano orario. Micali: “Atto non in archivio, Mandata diffida”.

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di GIUSEPPE BEVACQUA

Un “evento culturale” o una festa di Halloween in salsa “Kissene” (frega)? A Messina, la distinzione pare opzionale, soprattutto se di mezzo c’è uno dei gioielli più puri dell’architettura medievale siciliana. Il Comune di Messina, ente proprietario, concede l’antichissima chiesa sconsacrata di Santa Maria Alemanna a una Srls (società a responsabilità limitata a socio unico) nata a fine febbraio 2025, con mille euro di capitale sociale, per una “Premiazione dei ragazzi in maschera“, come recita l’asettica determina numero 9354 del 27 ottobre.

Poche ore dopo, la maschera (è il caso di dirlo) cade. Sulla pagina social di un gruppo noto per organizzare serate danzanti nelle discoteche cittadine, appare la locandina. Non c’è nessuna premiazione. C’è “SANCTUARIUM”. Inizio: ore 22.30, 31 ottobre. Inequivocabile. La grafica stilizzata della chiesa gotica campeggia tra foto di serate alcoliche. Lo slogan è un capolavoro di velleità: “perditi negli archi gotici, nel suono, nel ritmo… Quello che succede rimane dentro”.

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IL RISIBILE ED EVIDENTE “DIETRO FRONT” CON PATETICO AGGIUSTAMENTO IN DIVENIRE

A far scattare l’allarme è lo storico messinese Nino Principato. Scoppia il caso. Ed ecco che, maldestramente, l’orario sulla locandina cambia: non più le 22.30, orario da discoteca, ma un più rassicurante e innocuo 17.30. Gli organizzatori, nel frattempo, ridacchiano. Sostengono di aver “trollato” la città, che “la strategia è stata una provocazione consapevole, pensata per far parlare”.

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Peccato che il frettoloso e posticcio cambio d’orario dimostri l’esatto contrario: che il “trolling” se lo sono fatti da soli e che, colti in fallo, hanno dovuto rimediare in tutta fretta. La loro tattica del “dire e non dire” puzza di marcia. Si vede che il Pandoro Gate della Ferragni non ha insegnato molto: se i consumatori hanno pagato un biglietto per una discoteca e si ritrovano a una “premiazione di ragazzi in maschera” (o viceversa), è materiale per il Codacons.

L’INTERVENTO DI SILVIA MAZZA

Sul caso interviene, con la durezza dell’analisi legale e culturale, la storica dell’arte e giornalista Silvia Mazza. Parliamo di una firma di “FINESTRE SULL’ARTE”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”, opinionista su “Gazzetta del Sud” e “La Sicilia”, le cui inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e dal compianto Folco Quilici. Una specialista in conservazione (Carta del Rischio), non una passante.

Ma, soprattutto, stiamo parlando di Santa Maria Alemanna. Non di un garage. Un monumento voluto da Federico II di Svevia intorno al 1220, affidato ai Cavalieri Teutonici come priorato e ospedale. Un luogo che vide curato Miguel de Cervantes dopo la battaglia di Lepanto. Un raro, purissimo esempio di gotico in Sicilia, sopravvissuto a stento ai terremoti del 1783 e del 1908, riaperto solo nel 2001 dopo decenni di restauro. Un luogo adesso concesso dal Comune per “SANCTUARIUM”.

LA LEGGE IGNORATA E L’AUTORIZZAZIONE FANTASMA

Ma il punto non è il “trolling”. È la legge. Cruda. Ignorata.

Quel monumento non è solo del Comune. È un bene vincolato ex art. 10 dalla Soprintendenza. La sua concessione in uso è regolata dall’articolo 106 del Codice dei Beni Culturali, una norma definita dalla Corte Costituzionale “di grande riforma economico-sociale”, vincolante anche per la Sicilia autonoma.

La legge dice che si può concedere, a pagamento, ma solo per finalità compatibili con il carattere storico-artistico. E soprattutto, trattandosi di un bene pubblico, la concessione è “subordinata all’autorizzazione del Ministero” (in Sicilia, l’Assessorato tramite la Soprintendenza). Il Comune avrebbe dovuto chiederla, in tempo utile, e la Soprintendenza avrebbe avuto 30 giorni per rispondere.

Ed ecco il focus della notizia, il punto di rottura. Peccato che, contattato da Silvia Mazza, il Soprintendente di Messina, architetto Orazio Micali, sia categorico: “Questa richiesta di autorizzazione non è agli atti di questo Ufficio”.

Messo al corrente della vicenda, Micali ha agito d’imperio: ha inviato immediatamente una PEC al Comune chiedendo conto dell’autorizzazione e comunicando che, “in caso contrario, deve astenersi dal concedere il bene”. Una diffida.

“IL COMUNE NON POTEVA NON SAPERE. E GLI ASSESSORI?”

Sulla procedura, anche l’ex Soprintendente di Catania, Donatella Aprile, è netta: “Se è un ente pubblico a non richiedere l’autorizzazione è ancora peggio del privato… Un Comune no. Non può non sapere e non coinvolgere la Soprintendenza“. E cosa deve fare l’organo di tutela? “Scrivere immediatamente al Comune che si diffida dell’uso del bene in assenza dell’autorizzazione“. Esattamente quanto fatto da Micali. E Massimo FInocchiaro ed Enzo Caruso, assessori al ramo del Comune di Messina, SAPEVANO? E, se no, come facevano a non sapere, come Finocchiaro a candidamente dichiarato? Questa è la leggerezza con la quale si concede il patrimonio storico artistico e culturale cittadino? Ci starebbe bene una richiesta di dimissioni, se esistesse una opposizione in Consiglio Comunale. Perché la sensazione è che tutto poteva passare nel silenzio assoluto e nel solco della totale ed imperdonabile ignavia e indifferenza dei cittadini messinesi. Così come si è letto oggi sul quotidiano locale dove, addirittura, si è provato a “minimizzare”.

MAL COMUNE MEZZO GAUDIO, MA ANCHE LA VERGOGNA

Come scrive Silvia Mazza su “Finestre sull’Arte”, Messina è in buona compagnia. L’uso improprio dei siti archeologici è un vizio nazionale, che in Sicilia ha visto apripista come il buffet al tempio di Segesta (2013) o l’acropoli di Selinunte trasformata in discoteca. Spesso con danni reali, non solo d’immagine, come al selciato di Palazzo Pitti a Firenze o ai leoni della Reggia di Caserta.

Al di là della grave falla autorizzativa, resta il fatto. Quella “premiazione” o quel “Sanctuarium” (iniziato alle 22.30 o alle 17.30 poco cambia nella sostanza ma il cambio di orario definisce la cifra di quanto è accaduto in stile “mani nella marmellata”), “sono quanto di più lontano esista dalla valorizzazione culturale prevista dall’articolo 9 della Costituzione“, scrive Silvia Mazza. Sono, per dirla con Gino Famiglietti, già a capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero, “una valorizzazione becera in termini di mero utilitarismo economico“.

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