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L’arte del rifiuto e l’editto n. 51: nel “Ducato di Taormina” la lezione (non di vita) del Sindaco costa 500 euro

- 23/09/2025
De Luca sulla rupe

Il pugno di ferro del Sindaco contro chi sbaglia la differenziata si scontra con la grammatica del diritto. E la sua ordinanza, forse, è solo carta straccia.

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Signori miei, c’è da perdere la testa a fare il cittadino per bene, specie a Taormina. Da mesi i taorminesi si arrabattano con i mastelli colorati, quasi un esame di laurea ogni sera per distinguere l’umido dalla plastica, il vetro dalla carta, nel sacro timore di sbagliare un conferimento e offendere l’ecologia. E mentre il probo cittadino si applica in questa nuova arte, ecco che il Sindaco, novello e autonomo legislatore, promulga un editto e decide di brandire la spada: chi sgarra, paga. E paga caro.

Con la sua ordinanza numero 51, il primo cittadino ha infatti calato la ghigliottina: una sanzione fissa, secca, senza appello. Cinquecento euro. Che tu abbia confuso la buccia di mela con un tappo di sughero, o che tu abbia depositato il mastello dieci minuti fuori orario, la tagliola scatta uguale per tutti. Una visione della giustizia, diciamolo francamente, più adatta a un campo di addestramento che a una comunità di persone civili.

Intendiamoci, l’ordine è sacro e le regole vanno rispettate. Ma il diavolo, come si suol dire, si nasconde nei dettagli. E qui, a leggere le carte che hanno avuto la pazienza di spulciare i Repubblicani di Taormina, di diavoli ce n’è più d’uno.

Il primo, e più grosso, è che il Sindaco ha fatto il lavoro di un altro. Le regole generali, quelle che toccano le tasche e le abitudini di tutti, le scrive il Consiglio Comunale, che è il piccolo parlamento della città. Il Sindaco, invece, può usare la clava dell’ordinanza urgente solo se crolla un ponte o scoppia un’epidemia. E, a quanto ci risulta, Taormina non è sotto assedio di sacchetti della spazzatura. Non ancora, almeno. Dunque, primo vizio: incompetenza. Un medico che si mette a fare l’ingegnere.

Poi c’è il capriccio della pena. Le leggi dello Stato, quelle scritte a Roma, prevedono già multe per chi abbandona i rifiuti. Ma al nostro Sindaco, evidentemente, non bastavano. Ha voluto creare un suo piccolo codice penale privato, ignorando quel principio di buon senso, prima ancora che di diritto, per cui non si possono inventare punizioni che la legge non prevede.

E infine, la misura. Anzi, la sua totale assenza. Applicare la pena massima per ogni infrazione, dalla più lieve alla più grave, è una faccenda che fa a pugni con la logica. È come dare l’ergastolo sia a chi ruba una mela, sia a chi svaligia una banca. Si chiama proporzionalità, e pare che da Palazzo non sia passata.

Così, i Repubblicani, da buoni custodi del Codice, hanno preso carta e penna e hanno fatto le pulci all’ordinanza. Non per difendere i furbi, ma per tutelare un principio: che il potere, anche quello del più piccolo dei Comuni, non può agire d’impulso, ma deve rispettare le regole del gioco. Quelle regole che garantiscono tutti, persino chi sbaglia a buttare la spazzatura.

Ora la palla torna al Sindaco. Vedremo se avrà la saggezza di fare un passo indietro o se vorrà insistere in questa sua personale battaglia di civiltà a colpi di sanzioni zoppe. Ai cittadini, nel frattempo, non resta che continuare a studiare i colori dei mastelli. Con la speranza che il loro impegno non venga ripagato da una multa tanto severa quanto, a quanto pare, illegittima.

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