
Il presidente dell’Assemblea ai capigruppo: «Clima d’odio, ora garanzie per chi è rimasto a bocca asciutta». L’esponente di Controcorrente attacca: «Logiche da sistema Cuffaro, servono le forze dell’ordine»
PALERMO – È notte fonda a Palazzo dei Normanni quando i telefoni dei capigruppo di maggioranza vibrano all’unisono. Siamo nel cuore della maratona per la Finanziaria, le ore in cui la tensione è palpabile e la stanchezza gioca brutti scherzi. Il mittente è il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno. Il testo, rivelato da LiveSicilia, è un J’accuse che scoperchia il vaso di Pandora delle tensioni interne al centrodestra, ma che per l’opposizione diventa immediatamente la prova regina di una gestione spregiudicata delle risorse pubbliche.
Lo sfogo notturno
Galvagno non usa mezzi termini. Parla di un «clima che definisco quasi di odio», di una manovra con «134 articoli non condivisi minimamente con me» e di una maggioranza logorata dalla mancanza di fiducia. Il presidente dell’Ars descrive scene da “far west” istituzionale, citando il presidente della commissione Bilancio, Daidone, «quasi violentato per la bulimia di alcuni». Ma è il passaggio sulla gestione delle risorse residue a innescare la miccia politica. Galvagno scrive: «Chi non ha avuto nulla verrà garantito in questa fase nelle uniche cose possibili rimaste: tabelle e riserve». Una frase che suona come una promessa di riequilibrio interno, ma che letta dall’esterno appare come una ammissione di colpa sui metodi di ripartizione dei fondi.
L’attacco di La Vardera

A raccogliere quella frase e trasformarla in un caso giudiziario è Ismaele La Vardera. Il deputato di Controcorrente non attende l’alba per andare all’attacco. «Ho appreso dalla stampa di questo messaggio», dichiara La Vardera, sottolineando come le parole di Galvagno – su cui ricorda pendere una richiesta di rinvio a giudizio – mettano «nero su bianco quello che tutti temevano: una nuova spartizione nascosta nelle tabelle della finanziaria». Per l’ex Iena il messaggio è la fotografia di un sistema che non cambia: «Dimostra che il sistema Cuffaro viene ancora utilizzato. Una frase più di tutte mi ha lasciato a bocca aperta: quella su chi non ha avuto nulla che verrà garantito». La Vardera annuncia battaglia: «Ho già chiesto ai miei legali di preparare un esposto. La Procura deve acquisire questa manovra, si tratta di soldi pubblici. Servirebbero le forze dell’ordine all’Ars».
La resa dei conti
Il messaggio di Galvagno, che chiedeva esplicitamente di essere inoltrato a «ogni singolo deputato», tradisce l’esasperazione di chi si sente accerchiato. «C’è gente che ha incassato e gente che è rimasta a bocca asciutta e non funziona», scrive il presidente, puntando il dito contro chi ha «mimetizzato le proprie proposte all’interno di tabelle e riserve». La chiusura del messaggio ha il sapore dell’ultimatum politico: «È chiaro che dopo questa finanziaria chiederò un serio confronto perché non sono più disposto a perdere tempo per far incassare gli altri e ricevere l’odio gratuito». Se non si chiarirà, lascia intendere Galvagno, l’alternativa è «andare a casa». Ma prima del chiarimento politico, ora la maggioranza dovrà affrontare quello, ben più spinoso, delle carte bollate annunciate dall’opposizione.










