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Manovra di bilancio: la forbice di Schifani incombe sui 16 milioni degli emendamenti di “Scateno”

- Politica, Ultima Ora
09/12/2025
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Siamo alle solite, nel grande teatro siciliano della politica, dove le leggi non si scrivono: si gonfiano. Sul tavolo del presidente della Regione, Renato Schifani, c’è una forbice che serve a sfoltire una Finanziaria che, partita snella con ventotto articoli, è arrivata a superare quota cento dopo il passaggio nei terreni fertilissimi della commissione Bilancio. È il classico miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, o meglio, delle mance e delle prebende, che trasforma una legge di stabilità in un bazar dove ogni deputato cerca di piazzare la sua mercanzia.

Schifani, che la politica la conosce e ne annusa i pericoli, sa che quel mostro giuridico va domato prima che soffochi tutto. Le norme “ordinamentali”, quelle che non costano ma complicano, quelle approvate a ventine in commissione, sono le prime candidate a cadere sotto la lama. Rischiano di essere estromesse oggi stesso, all’incardinamento in Aula, o di essere affossate silenziosamente durante l’esame. È un rischio che profuma di certezza, tanto da costringere il governatore a convocare un vertice di maggioranza per guardare in faccia i suoi e capire chi sta giocando al rialzo.

Ma a quel tavolo ci sono sedie vuote che pesano. Non c’è il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, volato a Bruxelles per i riti istituzionali, una fuga elegante dal pollaio domestico. E soprattutto non c’è la Democrazia Cristiana. I cuffariani galleggiano in quel limbo tipicamente democristiano, né dentro né fuori, sospesi a metà tra l’essere un partito cacciato dalla giunta e l’essere alleati indispensabili. Hanno mandato un “pizzino” ufficiale: niente vertici, grazie. Parlano di «rapporto diretto» con Schifani, di lealtà alla coalizione, ma la verità è che aspettano l’evoluzione post-bilancio. Tradotto dal politichese: aspettano di vedere se e come rientreranno nella stanza dei bottoni, magari sotto la guida di un Ignazio Abbate che prova a tenere il timone dritto mentre la base freme.

E poi c’è il rumore di fondo, quello sguaiato. C’è l’aria pesante attorno a Cateno De Luca. Il “redivivo Scateno”, dopo i fatti di Naxos e le parole grosse volate verso un’ex assessora, grida al complotto. Parla di «vendetta squadrista» contro i suoi emendamenti, sedici milioni di euro “segnalati” che ora tremano davanti alla scure della maggioranza. È lo spettacolo nello spettacolo: De Luca che attacca il commissario di Fdi Luca Sbardella, definendosi un «politicante inaffidabile» ma pur sempre un uomo libero, contro i «delinquenti abituali» e i «cerchi magici».

È un clima teso, figlio di paradossi: De Luca vota la sfiducia a Schifani ma incassa il via libera su milioni di emendamenti, irritando la maggioranza che dovrebbe sostenere il governatore. In questo caos, la forbice di Schifani sembra l’unico tentativo di razionalità in un Palazzo che, come sempre, preferisce il frastuono alla politica, e l’ingordigia alla visione. Si taglierà, forse. Ma in Sicilia, si sa, tutto cambia affinché nulla cambi davvero, in attesa della prossima spartizione.

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