
Manuli e Corvaia denunciano: ignorati i rilievi della magistratura contabile e costi per consulenze già raddoppiati prima del via. “Follia basare il piano economico sulla riscossione forzata: si rischiano voragini nei conti e stangate per i contribuenti”
Hanno tirato dritto, come treni che ignorano i segnali di stop. Nel consiglio comunale del 10 novembre, la maggioranza ha dato il via libera alla costituzione di “Equità Urbana S.p.A.”, convinta – o fingendo di esserlo – di aver messo a tacere i dubbi della Corte dei conti. Ma a leggere le carte, come fanno notare dai banchi dell’opposizione di “Rinascimento Taormina”, pare che i nodi siano rimasti tutti lì, stretti al pettine. E a pagarne il prezzo, domani, saranno i taorminesi.
L’amministrazione sostiene di aver recepito i rilievi dei magistrati contabili. Balle, ribattono i consiglieri di minoranza. Le correzioni sbandierate nel deliberato non si trovano nello Statuto e le richieste di chiarimento sul Piano Economico Finanziario (PEF) sono state liquidate con spiegazioni parziali. Luca Manuli, capogruppo di Rinascimento Taormina, è netto: «Ci è stato detto che i nodi erano superati. Non è così». Lì dove la Corte chiedeva numeri e dettagli, l’amministrazione ha risposto con formule generiche, insufficienti a giustificare il perché si voglia ignorare un parere parzialmente negativo.
Un bilancio fondato sulla “coazione sistematica”
Il vero capolavoro dell’assurdo sta nei conti. Questa nuova società si regge su una scommessa che fa tremare i polsi: il 60% dei ricavi dovrebbe arrivare dalla riscossione coattiva. In pratica, si pianifica il futuro dando per scontato che i cittadini non pagheranno se non costretti con la forza. Lo sintetizza con amara ironia il consigliere Nunzio Corvaia: «Un Comune non può reggersi sull’idea che l’ordinario sia il mancato pagamento e la coazione sistematica». La Corte invitava alla prudenza; la politica locale ha risposto con l’azzardo.
Costi fuori controllo prima ancora di partire
E mentre la macchina non ha ancora messo in moto il motore, il tassametro corre già all’impazzata. Solo per le consulenze legali e amministrative – osserva Manuli – sono state impegnate risorse quasi doppie rispetto al preventivo, per una società che di fatto non opera ancora. C’è poi la questione dell’aggio sulle riscossioni: fissato a un vertiginoso 6%, quando il mercato viaggia su cifre ben più modeste, intorno allo 0,5%. Una discrepanza che grida vendetta e che, senza la clausola di salvaguardia richiesta dall’opposizione, rischia di diventare un salasso legalizzato.
L’appello al buon senso (inascoltato)
Rinascimento Taormina chiede un passo indietro, o almeno un bagno di umiltà. Bisogna ammettere gli errori: riportare lo Statuto in aula per modificare l’articolo 11, adeguare i contratti di servizio alla realtà ed evitare di creare “doppioni” tra le varie partecipate che servono solo a moltiplicare le poltrone. Sarebbe necessario usare parametri di mercato seri, non numeri autoreferenziali, e costruire un sistema di controllo vero, che permetta ai consiglieri di vedere dove finiscono i soldi. Ma le scelte prese oggi sulla base di piani approssimativi – avverte Manuli – domani diventeranno costi certi per i cittadini. E a quel punto, non basterà più una nota stampa per rimediare.










