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Santa Maria Alemanna – I mercanti nel tempio, la coscienza in affitto e il Codice Penale: quando la storia rischia di diventare solo una location.

- 14/11/2025
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Ieri l’incontro promosso da Legambiente sul caso di Santa Maria Alemanna. Tra vincoli ignorati e necessità di gestione, l’analisi di un equilibrio difficile

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Giuseppe Bevacqua

di GIUSEPPE BEVACQUA

I riflettori si sono spenti nel Salone degli Specchi, ma il rumore di fondo è rimasto. Ieri sera a Messina non si è celebrato solo il processo a una festa di Halloween fuori luogo, ma si è tentato di scrivere le regole per il futuro, affinché i monumenti non diventino mai più merce da banco.

Al centro della scena, Silvia Mazza. Storica dell’arte e giornalista, non si è limitata alla cronaca. Ha portato sul tavolo qualcosa di più pesante delle opinioni: il Codice Penale. Ha ricordato a una platea attenta che la Legge 22 del 2022 non scherza. L’articolo 518-duodecies parla chiaro: chi destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere rischia l’arresto da sei mesi a tre anni. E chi non li rende fruibili, da due a cinque. Non sono dettagli per legulei, sono i confini che lo Stato ha tracciato tra la civiltà e la barbarie. Un promemoria necessario, visto che l’evento di Halloween si è tenuto nonostante una diffida e senza il “sì” della Soprintendenza.

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L’esito della serata, però, guarda avanti. Da questo scontro nasce una proposta concreta: una convenzione tra Soprintendenza e Comune. Un documento che dovrà mettere nero su bianco come si gestiscono i gioielli di famiglia. Servono criteri chiari per scegliere a chi dare le chiavi, trasparenza nelle assegnazioni e, soprattutto, un punto di equilibrio. I soldi servono, certo, per la manutenzione e la conservazione, ma non si possono barattare i valori immateriali di una chiesa del Duecento per far quadrare i conti con un party.

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E qui si apre il capitolo delle assenze. Silvia Mazza ha ringraziato il Soprintendente Orazio Micali, l’unico a metterci la faccia e a prendersi l’impegno pubblico di siglare questo patto. Dall’altra parte, il vuoto: gli assessori comunali invitati, Finocchiaro e Caruso, non si sono visti. Micali è rimasto solo a rappresentare le istituzioni, accettando il carico di dover dire quei “no” che proteggono e quei “sì” che valorizzano davvero.

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Attorno a questo nodo cruciale si sono mosse le altre voci. Quella di Nino Principato, custode della memoria storica, che ha ribadito come la compatibilità d’uso non sia un optional estetico ma sostanziale. Quella di Enzo Colavecchio, avvocato e veterano delle battaglie civili, presente per testimoniare che la vigilanza non va mai in pensione. E quella di Gianfranco Zanna di Legambiente, preoccupato che l’eccezione diventi regola.

Ma la vicenda potrebbe non finire nel Salone degli Specchi. Alfio La Rosa, presidente di Federconsumatori Sicilia, ha ascoltato e preso appunti. Ha raccolto materiale a sufficienza per bussare alla porta dell’AGCM, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Se ci sono state scorrettezze nelle procedure, qualcuno dovrà risponderne.

Mazza aveva visto giusto: serviva sollevare il tappeto. Ora sul confronto tra gli enti cala un doveroso riserbo, ma la lezione di ieri è chiara. I beni culturali possono produrre ricchezza, ma solo se non si svende la loro anima. Altrimenti, come ricordato citando la legge, il conto da pagare potrebbe essere molto più salato di un semplice affitto.

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