
Mentre il Garante invoca zaini più leggeri, il Report Caritas svela il macigno della realtà: 59mila inattivi superano gli occupati e il 68% degli studenti è già schiavo dell’azzardo. Il ritratto impietoso di una città dove i servizi sociali annaspano e il futuro si brucia alle slot.


di GIUSEPPE BEVACQUA
E’ terribilmente stonata la “musica” che suona a Messina. Da una parte abbiamo le fanfare istituzionali, i tavoli tecnici, le slide colorate e quella retorica stucchevole sulla “digitalizzazione” che dovrebbe salvare le nostre anime (e le schiene degli studenti); dall’altra, c’è la città reale. Quella che stamattina, alla presentazione del Report Caritas 2024/25 intitolato non a caso Povertà Disarmanti, ci ha sbattuto in faccia la sua carta d’identità. Ed è una carta straccia.
Padre Nino Basile, che di questa umanità dolente è uno dei pochi a conoscere l’odore, ha snocciolato numeri che dovrebbero far tremare i polsi a chi ci governa, se solo avessero il tempo di alzare lo sguardo dai propri comunicati stampa. A Messina, signori miei, gli inattivi hanno superato gli occupati. Siamo a 59mila anime che non lavorano e spesso nemmeno ci provano più, contro 54mila che tirano la carretta. Una società che sta in piedi per miracolo, o forse per inerzia.
Il Garante per l’Infanzia del Comune, nel frattempo, si preoccupa del peso dei libri. Pare che la soluzione ai mali della gioventù peloritana sia il tablet, quel magico specchio nero che dovrebbe “alleggerire” i ragazzi. Ebbene, mentre ci si preoccupa di alleggerire gli zaini, nessuno sembra accorgersi che stiamo alleggerendo questi ragazzi del loro futuro. Il 15% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha mollato la scuola con in tasca a malapena la licenza media. Nella III Circoscrizione, quel girone dantesco che le istituzioni fingono di voler riqualificare da trent’anni, il dato sale a uno su cinque. Non servono tablet, serve scuola. Quella vera, quella che insegna a stare al mondo, non a scorrere un feed.
E qui veniamo all’ipocrisia più grande. Ieri in Prefettura si sono riuniti i vertici per discutere di “devianze giovanili”. Un altro bel termine da salotto. Hanno parlato di dispersione scolastica e di disagio, con quel tono grave di chi scopre l’acqua calda. Ma bastava leggere i dati della Caritas per capire che la devianza non è una malattia misteriosa piovuta dal cielo: è la figlia legittima della miseria e dell’abbandono. Se il 68,5% degli studenti messinesi dichiara di aver giocato d’azzardo almeno una volta – e parliamo di ragazzini, non di vecchi viziosi al bar – significa che lo Stato ha fallito. Punto.
Messina è stata la capitale dell’azzardo online nel 2023 e anche quest’anno si tiene stretta il podio. Ogni messinese ha bruciato in media 3.250 euro nel 2024 per inseguire la fortuna. E sapete qual è il paradosso? Che oltre il 40% dei contribuenti dichiara redditi da fame, tra zero e 15mila euro. Non hanno i soldi per il pane, ma li trovano per le slot o per le scommesse online. È la tassa sulla speranza, l’unica cosa che sembra rimasta a buon mercato in riva allo Stretto.
I Servizi Sociali? Evidentemente non pervenuti, o perlomeno non con la forza d’urto necessaria a scardinare questo sistema. Si limitano a tamponare l’emorragia con cerotti burocratici. L’Assegno di Inclusione, che ha sostituito il Reddito di Cittadinanza, arriva a meno persone (6.652 domande accolte contro i vecchi 17mila beneficiari), non perché i poveri siano diminuiti, ma perché abbiamo deciso che se non hai un minore o un disabile in casa, sei “occupabile”. Peccato che il lavoro non ci sia.
E in questo quadro desolante, dove le periferie sono polveriere sociali pronte a esplodere, ci sono anche i fantasmi. Quelli che dormono per strada, i “barboni” come li chiamavamo una volta senza tanti giri di parole politicamente corretti. Sono un centinaio, dicono le stime. Pochi? Forse. Ma per una città che si vanta della sua accoglienza, sono cento sconfitte che camminano. E poi c’è l’imprenditoria straniera, che in silenzio, tra mille difficoltà e senza credito dalle banche, prova a costruire qualcosa, spesso finanziandosi con i risparmi di una vita o con l’aiuto della comunità, mentre noi siamo ancora qui a discutere di massimi sistemi.
Questo ci dice il rapporto Povertà Disarmanti. Che siamo una città povera, vecchia e rassegnata, dove le donne non lavorano (tasso di inattività femminile oltre il 51%) perché devono curare anziani e bambini in un welfare inesistente. La verità, amara e tagliente come un colpo di scimitarra, è che mentre il Garante sogna la scuola digitale e i tavoli prefettizi sfornano buone intenzioni, Messina muore. Non di fame, forse, ma di mancanza di prospettiva. E non c’è app che possa risolvere questo problema.










