227 views 6 min 0 Comment

Sicilia, l’ora della scelta: i fatti e i tormenti del Presidente

- 10/11/2025
Nuccia Albano

Resa dei conti in Sicilia: Schifani al bivio tra i veleni dell’inchiesta e la tenuta del governo.

WhatsApp vds

Non si dorme bene, a Palermo, da quando la Procura ha scoperchiato l’inchiesta che sta avvelenando la politica regionale. Il tempo della riflessione, delle attese, delle cautele diplomatiche, è scaduto. L’orologio batte l’ora della decisione. E Renato Schifani ha passato un’altra notte tormentata.

Oggi il Presidente ha convocato la giunta. Ha chiesto a tutti gli assessori di “esserci di persona”. Non una riunione di routine. All’ordine del giorno c’è un punto solo: “Comunicazioni del presidente della Regione”.

Schifani deve decidere cosa fare di Totò Cuffaro. Non dell’uomo, ma del suo peso politico, della sua ingombrante presenza nel governo.

I due scenari sul tavolo

Sul tavolo del Presidente ci sono due opzioni. Entrambe amare, entrambe con un prezzo.

La prima ipotesi è quella della “decuffarizzazione” mirata. L’assessorato alla Famiglia è ritenuto il cuore dell'”inquinamento” descritto nelle carte. È da lì che, secondo i PM, partivano le soffiate sui bandi. La dirigente generale, Letizia Di Liberti, è già stata sospesa. Ora, per completare l’opera, toccherebbe alla titolare politica di quella delega, l’assessore Nuccia Albano.

La Albano non è indagata, ma le intercettazioni la citano spesso. E raccontano, dicono gli inquirenti, di una presenza del leader della Democrazia Cristiana, Totò Cuffaro, ben più che “immanente” in quegli uffici. Rimuoverla sarebbe un segnale forte.

La seconda ipotesi è più estrema, ma non meno probabile: la rottura totale. Schifani potrebbe revocare le deleghe non solo alla Albano, ma anche ad Andrea Messina, assessore alle Autonomie locali. Un gesto che significa una cosa sola: cacciare la Democrazia Cristiana dal governo.

Il prezzo della rottura

È una mossa che farebbe tremare i polsi a chiunque. Schifani non guida una corazzata; la sua maggioranza all’Ars è già zoppicante. Perdere i cinque deputati di Cuffaro (compreso il capogruppo Carmelo Pace, per cui pende una richiesta di domiciliari) significa rischiare di andare sotto a ogni votazione.

Ma qui, la politica si mescola all’umore personale. Chi ha parlato con Schifani lo descrive “inorridito e umanamente deluso”. Ha letto i giudizi che Cuffaro e Saverio Romano, intercettati, esprimevano su di lui. E la fiducia, una volta persa, è difficile da recuperare.

Il Presidente, forse, sperava in un passo indietro elegante, in “dimissioni gradite” per salvare la forma. Ma dalla Dc fanno sapere che “non sono in programma”. I telefoni tra Schifani e Cuffaro sono muti.

In entrambi i casi, che si tratti di uno o due assessori, Schifani è deciso: terrà per sé l’interim. È un modo per dire: “La guida è mia”. Ed è un rifiuto netto alla proposta che, neanche troppo velatamente, gli ha recapitato Raffaele Lombardo.

Il gioco degli alleati

Mentre Schifani medita, gli “alleati” si muovono. È il gioco delle parti. Lombardo, il patron dell’Mpa, ha colto la palla al balzo e, dalle colonne de La Sicilia, ha chiesto l’azzeramento totale della giunta. Un reset per ripartire.

“Non mi faccio tirare per la giacchetta, le carte continuo a darle io”, è stato lo sfogo del Governatore con i fedelissimi. Il gelo con l’autonomista era noto. La mossa di Lombardo è stata letta per quello che è: un tentativo di speculare sulla crisi.

Eppure, l’idea di Lombardo piace a molti. “Un’intervista lucida e competente”, commenta Tommaso Calderone di Forza Italia. “Uno tsunami del genere – aggiunge – non può essere liquidato con l’ipocrita sostituzione dei più deboli”.

Ma qui la faccenda si complica. Un azzeramento totale, come chiede Lombardo, rischia di “gettare il bambino con l’acqua sporca”, avverte Luca Sbardella, commissario di Fratelli d’Italia. E perché lo dice? Perché se Schifani decidesse di applicare la “questione morale” in modo rigido, dovrebbe guardare anche in casa FdI, dove l’assessore Elvira Amata è indagata nella stessa inchiesta.

È un domino pericoloso. Se cade uno, rischiano di cadere tutti. E qui sta il paradosso finale: l’alleato di cui Schifani, dopo il tradimento percepito da Cuffaro, sembra fidarsi di più è il leghista Luca Sammartino. Proprio lui, imputato a Catania per corruzione elettorale. In questo risiko di veti incrociati e scheletri negli armadi, la pulizia radicale è impossibile.

L’ombra sul futuro

Resta la paura, quella che un big della maggioranza confessa a taccuino chiuso: “D’ora in poi, ogni buona azione di Schifani, che ha governato bene, rischia di essere offuscata”. Alla fine, negli occhi dei siciliani, cosa resterà? Non le riforme o i conti, ma le questioni giudiziarie.

Oggi inizia la settimana più difficile. Domani l’opposizione sarà in piazza, davanti a Palazzo d’Orléans, per chiedere le dimissioni di Schifani. Negli stessi minuti, in Tribunale, inizieranno gli interrogatori (Cuffaro e Romano sono attesi per venerdì). Nel mezzo, c’è una manovra regionale bloccata. “Siamo in alto mare”, ammettono tutti.

L’inchiesta non ha restituito solo presunte illegalità. Ha svelato fratture personali, rapporti difficili, veleni. La ferita che il Presidente farà più fatica a sanare.

ANDREA MESSINA
ANDREA MESSINA