Non solo la lottizzazione della sanità. Nelle carte dell’indagine su Cuffaro spunta un capitolo “omissato” sugli interessi legati al Ponte sullo Stretto.

C’è un copione che in Sicilia non passa mai di moda: quello della Sanità usata come bancomat del consenso e scettro del potere. L’ultima inchiesta della Procura di Palermo, che ha chiesto l’arresto per l’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro (insieme ad altri 17), non racconta nulla di nuovo. Semmai, conferma l’immortalità di un metodo.
Al centro del palcoscenico, come sempre, c’è la Sanità. “Noi abbiamo Enna, Palermo e Siracusa“. Eccola, la frase che vale un’indagine, lo zenit del potere. Pronunciata da Cuffaro, non sapendo di essere intercettato, non è una rivendicazione geografica: è un piano di occupazione.
Secondo i magistrati, l’obiettivo era chiaro: accaparrarsi un terzo delle posizioni di vertice delle Asp siciliane. Le ragioni, sottolineano i pm, sono di “immediata intuizione“: le “enormi risorse economiche” che circolano in un settore dove la competenza, e quindi il controllo, è saldamente regionale.
Mettere gli uomini “giusti” al posto giusto. La strategia è antica. Serve, secondo l’accusa, a condizionare appalti, truccare concorsi e, infine, consolidare il potere. “Io lavoro per te“, diceva lo stesso Cuffaro a Roberto Colletti, poi nominato ai vertici dell’azienda ospedaliera Villa Sofia. È la logica della fedeltà che sovrasta la competenza, il vincolo personale che diventa sistema di gestione.
E dove c’è una spartizione, serve un “quadro complessivo“. A parlarne è l’onorevole Saverio Romano (Noi Moderati), ora deputato, anche lui indagato. «Tranne il rapporto con Caltagirone non mi interessa di valorizzare… ma se si fa un quadro complessivo perché il Civico a Palermo se lo devono prendere Forza Italia o Fratelli d’Italia?».
La domanda è retorica e, secondo l’accusa, allude alla necessità di piazzare l’uomo “giusto”, Alessandro Maria Caltagirone, poi nominato direttore generale a Siracusa. Romano e Caltagirone sono ora indagati per turbativa d’asta, relativamente a un appalto che sarebbe stato illecitamente aggiudicato alla ditta Dussmann.
Naturalmente, l’onorevole Romano, in una conferenza stampa convocata a Roma, rovescia il tavolo. Parla di “orrore giudiziario”, nega tutto: “Non c’è nulla riferito a me che possa essere reato“. Lamenta un “danno mediatico irrisarcibile“, la condanna già emessa dalla stampa. È il controcanto obbligato del politico colto nell’ingranaggio, la difesa di chi sente messa in discussione la propria stessa “attività politica“.
Ma un sistema di potere non si regge solo sui vertici. Ha bisogno di occhi e orecchie. L’inchiesta, infatti, scoperchia anche due “talpe”: un colonnello dell’Arma, Stefano Palminteri, che avrebbe fornito informazioni riservate all’ex governatore, e una dirigente regionale che gli avrebbe passato i bandi in anteprima. In cambio? L’ufficiale, dice Cuffaro intercettato, cercava un incarico per la moglie. Il più classico do ut des.
Il tocco da maestro, che rivela la strategia di lungo termine, emerge infine nel “casting” per la Nuova Dc. Cuffaro, intercettato, medita di mettere a presidente del partito persone “al di sopra di ogni sospetto“. Il nome (omissato) è quello di Laura Abbadessa, moglie del magistrato Massimo Russo. Non perché “basti” a fermare le indagini, ma per dare una patina di rispettabilità. Il vecchio trucco del gattopardo.
Ma la vera novità, il convitato di pietra che aleggia su questo banchetto sanitario, è il Ponte sullo Stretto.
Spunta all’improvviso, tra le carte dell’inchiesta. È un capitolo a sé, dedicato agli “interessi suscitati dall’opera”. Ma è un capitolo quasi muto, “pieno di omissis”.
Questo silenzio assordante è, paradossalmente, più loquace di mille intercettazioni. Rivela che l’inchiesta sta toccando un nervo scoperto, un santuario di interessi trasversali che va ben oltre la “semplice” (e già miliardaria) spartizione delle poltrone sanitarie.
Se la Sanità è il presente, il feudo da cui mungere risorse e consenso quotidiano, il Ponte è il futuro. È l’Eldorado del Terzo Millennio, la nuova, grande frontiera della spesa pubblica. Muoverà miliardi, attirerà colossi industriali, consulenti e, inevitabilmente, gli appetiti della politica che conta.
Gli omissis suggeriscono che gli inquirenti stanno guardando proprio lì: al posizionamento strategico. Non si tratta (ancora) della vecchia tangente; si tratta di essere presenti ai tavoli giusti, di conoscere le mosse in anticipo, di condizionare le scelte, di garantire che gli “amici” siano al posto giusto quando il fiume d’oro inizierà a scorrere.
Il fatto che la politica, già indagata per aver messo le mani sulla gestione di ospedali e ambulanze, avesse gli occhi puntati anche sull’Affare del Ponte, dimostra una sola cosa: la Sanità è il banchetto quotidiano, ma il Ponte è la cena di gala per cui tutti, da tempo, stanno affilando i coltelli.










