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Ottanta anni fa l’atomica a Hiroshima, ‘mai più’

- Editoriale
05/08/2025

La città e Nagasaki si preparano alla commemorazione

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TOKYO – A ottant’anni esatti da quella ferita che ha cambiato per sempre la storia dell’umanità, il Giappone si prepara a commemorare i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Ma non sarà una semplice rievocazione. Le parole del Primo Ministro nipponico, Shigeru Ishiba, pronunciate durante una recente audizione parlamentare, caricano l’anniversario di un’urgenza drammaticamente attuale. Quella del 6 e 9 agosto 1945 fu una “catastrofe immane”, ha sottolineato Ishiba, una tragedia innescata dalla Seconda Guerra Mondiale che “non può e non deve essere dimenticata dalle nuove generazioni, per non trovarci a combattere in un altro conflitto”.

Il monito del premier risuona in un contesto globale segnato da crescenti tensioni e da una rinnovata polarizzazione. L’eco di quel “mai più” che si levò dalle ceneri delle due città martiri sembra oggi affievolito dal rumore di nuovi conflitti e dalla mai sopita animosità tra le grandi potenze nucleari, in un mondo che, nonostante le tragiche lezioni del passato, appare ancora pericolosamente diviso in blocchi e fazioni.

Una partecipazione globale per non dimenticare

L’importanza dell’anniversario è testimoniata da una partecipazione internazionale senza precedenti. La municipalità di Hiroshima ha annunciato che un numero record di 120 nazioni sarà presente alla cerimonia di mercoledì 6 agosto. Un segnale forte, che conferma come la memoria di quell’evento sia un patrimonio condiviso. Tra i Paesi possessori di armi nucleari, hanno confermato la loro presenza Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Parteciperanno anche India e Israele, potenze nucleari di fatto non aderenti al Trattato di non proliferazione. Significativa e per la prima volta, la presenza di delegazioni dalla Palestina e da Taiwan, mentre si registra l’assenza di Cina, Pakistan e Corea del Nord.

Anche Nagasaki si attende una partecipazione record da oltre 100 Paesi. Il sindaco, Shiro Suzuki, ha esteso l’invito a tutte le missioni diplomatiche presenti in Giappone, accogliendo anch’egli per la prima volta la richiesta di Taiwan. “Spero che, assistendo in prima persona alla realtà del bombardamento atomico, i partecipanti si rendano conto delle conseguenze disumane dell’uso delle armi nucleari”, ha dichiarato Suzuki. Tra le presenze più attese, quella della Russia, che potrebbe tornare a partecipare per la prima volta dall’inizio del conflitto in Ucraina. L’ambasciatore statunitense in Giappone, George Glass, ha confermato la sua presenza a entrambe le cerimonie, a differenza del suo predecessore che lo scorso anno disertò Nagasaki per il mancato invito a Israele.

La memoria come strumento di pace

Il sindaco di Hiroshima, Kazumi Matsui, ha sottolineato una crescente consapevolezza internazionale, evidenziata dal numero record di 2,26 milioni di visitatori registrato nell’ultimo anno dal museo del Memoriale della Pace. “Come prima città a sperimentare la devastazione nucleare, intendiamo condividere ‘lo spirito di Hiroshima’ e promuovere una maggiore consapevolezza della pace”, ha affermato.

Questo rinnovato impegno per la memoria ha trovato un prestigioso riconoscimento internazionale con l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2024 a Nihon Hidankyo, l’organizzazione che riunisce gli “hibakusha”, i sopravvissuti ai bombardamenti. Un premio che onora decenni di sforzi instancabili per un mondo libero da armi nucleari, portati avanti da chi ha vissuto sulla propria pelle l’orrore atomico.


La Storia: I giorni che cambiarono il mondo

hiroshima cosa vedere

La mattina del 6 agosto 1945, alle 8:15, il bombardiere B-29 americano “Enola Gay” sganciò su Hiroshima la bomba atomica “Little Boy”. L’esplosione, di una potenza mai vista prima, rase al suolo circa il 70% della città. Le stime delle vittime, tra morti immediate e successive per le radiazioni, parlano di oltre 140.000 persone, in stragrande maggioranza civili. Il fungo atomico divenne il simbolo terrificante di una nuova era.

Nonostante la devastazione, il Giappone non si arrese immediatamente. Tre giorni dopo, il 9 agosto 1945, un altro B-29, “Bockscar”, sganciò la seconda bomba, “Fat Man”, sulla città di Nagasaki. L’obiettivo primario, Kokura, era stato risparmiato dalle nuvole. L’esplosione causò la morte di almeno 74.000 persone. Sei giorni dopo, il 15 agosto, l’imperatore Hirohito annunciò la resa incondizionata del Giappone, ponendo di fatto fine alla Seconda Guerra Mondiale. Il Giappone rimane ad oggi l’unica nazione ad aver subito un attacco nucleare in tempo di guerra, una tragica unicità che alimenta il suo ruolo di custode della memoria e promotore del disarmo a livello globale.

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