
La definita “linea Basile” non è certo di… Basile, ma è quella quasi abbozzata ed immaginata dal dirigente del Dipartimento Regionale Agricoltura Gaetano Cimò. E’ sua, infatti, l’idea di ridurre la quantità di acqua per uso irriguo per aumentare quella idropotabile, ovvero l’acqua destinata ad uso alimentare. E’ probabile che Cimò, dopo aver pensato a voce alta, si sia poi morso lo lingua, perché? Il problema potrebbe stare tra i due termini, “irriguo” ed “idropotabile”, tra i quali corre una gran differenza in termini di qualità dell’acqua. Ma non essendo biologi non ci avventuriamo di certo in questo campo, così ci limitiamo a quelle che sono le conoscenze di buon senso che suggeriscono che, “ovviamente“, come direbbe il Sindaco Basile, non sono di certo la stessa cosa.
AGRICOLTORI ED ALLEVATORI SI RASSEGNERANNO A “PERDERE” ACQUA?
La considerazione, invece, va fatta sulle conseguenze che tale scelta potrebbe determinare visto che si ipotizza di ridurre ad un terzo l’acqua destinata all’irrigazione.
L’acqua disponibile in Sicilia quella è. Anzi è quest’acqua qua. Per cui se la si toglie da un lato per aumentarla da un altro, sempre qualcuno scontento, anzi in maggiore crisi, rimarrà, rischiando di sprofondare. Se allevatori e produttori agricoli, come quelli del frumento, ad esempio, già temono per i loro animali e per le loro colture, dato che le fonti di approvvigionamento irriguo (come il bacino di Pergusa in via di scomparsa) sono ormai ridotte al lumicino, pensare di ridurre ulteriormente l’acqua a loro disposizione che proviene dalla fonte Bufardo può essere un colpo di grazia all’economia agricola.
Ribadendo che rimane comunque sospesa la questione della qualità dell’acqua, tra quella ad uso irriguo e quella potabile, la soluzione dettata dal dirigente Cimò e fatta propria dal Sindaco di Messina Basile, pur senza citarne la fonte, presenta quindi enormi limiti.
Insomma sembra fin troppo semplice la “soluzione” immaginata. Che è pur sempre una proposta, così come emersa ieri al tavolo tecnico in Prefettura a Messina e rimpallata alla Cabina di Regia Regionale.
Pertanto adesso la domanda è se è praticabile sia dal punto di vista tecnico che sanitario, ma soprattutto a quali resistenze dal punto di vista di allevatori e agricoltori possa sollevare.
La prospettiva è che mentre negli invasi l’acqua disponibile scende sotto il 25%, ci si impantani in una “guerra tra poveri” che guarda fuori dai propri confini per trovare soluzioni d’urgenza che di “buon senso” rischiano di averne ben poco.
“Ovviamente“, sempre per citare il Sindaco Federico, bisognava pensarci prima attenzionando il proprio orticello, quello fatto di una rete idrica che fa letteralmente acqua da tutte le parti, come a Santa Margherita per intenderci. Una distribuzione che, in sei anni sei poteva essere migliorata e potenziata. Ma i 5 stop idrici a cui i messinesi si sono sottoposti sono stati rivolti all’esterno dei confini di Messina, senza guardare all’acqua che si perde in città ed a provvedere a captare fonti disponibili in una città, che come sosteneva qualcuno da sempre, “galleggia sull’acqua”. E magari implementare il parco autobotti di AMAM, che oggi ricorre anche all’Esercito.
Così il paradosso: mentre Messina dispone nel proprio territorio, di tante fonti non sfruttate, di pozzi privati anche mal celati, in Prefettura si discute di togliere l’acqua agli agricoltori per dirottarla in città. Acqua irrigua che non è certo il massimo in termini di potabilità. Ma quando si lavora in emergenza e senza programmazione, si sa, pur di scongiurare il crollo, tutto “fa brodo”, anzi acqua.
P.S. Oggi assisteremo di certo all’ennesima conferenza stampa che divulgherà la “linea Basile”. Attendiamo con ansia i proclami, gli ennesimi, di un’amministrazione che si è accorta a giugno che luglio ed agosto sarebbero stati un incubo per i cittadini che non anno acqua. A gennaio, però, ricordiamo che il quadro era già ben chiaro e che, se in sei anni non si era programmato nulla di concreto per intervenire su rete idrica e su captazione di nuove fonti di approvvigionamento, almeno si poteva preparare un adeguato piano di emergenza, senza la necessità, oggi, di dover chiedere al Prefetto tavoli tecnici e proporre sottrazioni di acqua a chi, in crisi, rischia di veder morire il proprio bestiame o di seccare le proprie produzioni, Per cui se di acqua ne scorrerà di più nei rubinetti (ma che acqua?), di certo scorrerà più denaro per comprare prodotti che, stante la crisi idrica e l’acqua sottratta, aumenteranno di certo di prezzo.
