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I “pacchi” di Natale del Sindaco Basile: Messina tra frenesia immobiliare, manutenzioni da pagare e giovani che se ne vanno

- 27/12/2025
basile papa 1

Senza un piano commerciale vero e sviluppo concreto, l’unico indice in crescita è l’età media. L’amministrazione accumula immobili per un futuro che non c’è: di questo passo, più che i fondi per l’innovazione, a Basile serviranno quelli per costruire altre «Casa Serena».

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Il Natale è passato, i panettoni sono finiti, ma a Palazzo Zanca l’eco dei festeggiamenti continua. Il Sindaco Basile si è vestito da Babbo Natale, sacco in spalla, annunciando ai messinesi di aver portato doni magnifici. Ma scartando la carta patinata della propaganda, cosa resta? Regali o cambiali? O, per dirla con la sagacia popolare, veri e propri “pacchi”?

C’è una frenesia strana che aleggia nelle stanze del potere, una sorta di bulimia da “Monopoli”. Il Primo Cittadino si muove come un immobiliarista scatenato: compra, opziona, acquisisce. Ex Dogana, ex Sanderson, la sede di via Romagnosi, il fantomatico I-Hub, l’istituto Don Bosco e c’è chi parla anche dei locali delle “Piccole Suore”. Tutto bellissimo e molto vicino alla Curia per la verità, ma sulla carta. Peccato che in questa corsa all’acquisto manchi un passaggio fondamentale, quel “piccolo” dettaglio democratico che si chiama Consiglio Comunale.

Basile tira dritto, senza passare dal Via per il confronto sul piano città, ignorando l’atto dovuto per gli acquisti previsti. Un uomo solo al comando che firma assegni (virtuali) senza chiedere se in cassa c’è la copertura per il “dopo”. Perché il punto dolente è proprio lì: i soldi. Le intenzioni di riqualificazione sono tante, i fondi reali, quelli spendibili domani mattina, rimangono per ora inchiostro su delibere o promesse romane. Siamo ancora al “a caro amico”.

Siamo di fronte all’ennesima “Annunciazione” di memoria Troisiana: squillano le trombe, arrivano gli angeli, ma il miracolo concreto non si vede. E il pericolo, subdolo, si nasconde proprio nell’euforia dell’annuncio. Chiunque abbia gestito un patrimonio immobiliare sa una verità inoppugnabile: comprare è la parte facile, il difficile è mantenere.

Qualcuno si è preso la briga, calcolatrice alla mano, di stimare i costi di gestione di questi colossi che Basile sta “regalando” alla città? Prendiamo il Don Bosco: una superficie enorme, storica, ma costosa. Quanto peserà sul bilancio comunale, e quindi sulle tasche dei messinesi, tenerlo in vita, riscaldarlo, pulirlo, ristrutturarlo? E lo stesso vale per l’ex Sanderson – ancora persa nei verbi difettivi della burocrazia regionale – o per l’ex Dogana. Stiamo collezionando scatole vuote che rischiano di diventare buchi neri finanziari.

E poi c’è il mistero glorioso: quella “cosa” chiamata Fertility. Di cosa stiamo parlando? Simulazioni di lavoro? L’annuncio è di “530 borse di inclusione sociale e lavorativa per favorire l’occupazione e il reinserimento sociale”. Un’altra occasione per prendere tempo prima della caduta nel limbo dei Neet? Un altro I-Hub di cui vedremo i mattoni forse tra dieci anni? Mentre si gioca con le parole inglesi e i progetti futuristici, la realtà bussa alla porta con i pugni chiusi: Messina si svuota. La città è a corto di ossigeno, di occupazione vera, di sviluppo economico immediato.

Piuttosto che acquisire maniacalmente nuovi muri, l’amministrazione dovrebbe preoccuparsi di riempire quelli che ci sono. L’economia locale soffre, stretta tra una congiuntura globale difficile e un piano commerciale locale che definire inconsistente è un complimento. La viabilità è un rebus irrisolto, appesa alla speranza di fondi europei che forse arriveranno. E se arriveranno, resta l’incognita più grande: se sarà ancora Basile il Sindaco, saprà usarli per creare sviluppo o solo per comprare un altro palazzo da lasciare ai posteri come monumento alla manutenzione insostenibile?

Basile procede confermando che di elezioni anticipate non se ne parla. Ma non tiene conto che Messina non ha bisogno di nuovi proprietari terrieri. Ha bisogno di una urgente visione di sviluppo economico e di scelte che non scadano come un mutuo trentennale sulle spalle delle future generazioni che nel frattempo se ne vanno via. Altrimenti il rischio è che fra qualche anno serviranno nuove “Casa Serena” per contenere i soli abitanti che resteranno in città: gli anziani.

Schifani e Basile nell'area ex Sanderson