
L’incastro con la Regione: se Schifani regge si va alle urne in primavera, in caso di crisi a Palermo tutto rinviato al 2027. La strategia di De Luca per evitare l’Election Day

Tra lo scintillio delle luminarie dell’Immacolata, mentre la folla sciama da un albero di Natale all’altro nel cuore dello shopping cittadino, un interrogativo — insistente, quasi ossessivo — serpeggia ben oltre le decorazioni festive. Non è un dubbio sui regali, ma sull’assetto istituzionale della città: quando si andrà a votare?
L’eco della domanda non si spegne il giorno dopo, anzi: rimbomba nei corridoi di Palazzo Zanca, dove l’incertezza regna sovrana da settimane e dove, con ogni probabilità, continuerà a regnare per almeno un altro mese, forse oltre. È un’attesa logorante, fatta di tatticismi e sguardi in tràlice. Che non aiuta e non serve a Messina. Perché appare ormai evidente — secondo i rumors che filtrano dalle stanze dei bottoni — che prima della fine di gennaio non vi sarà alcuna fumata bianca sulla data delle elezioni anticipate.
Il dilemma politico del momento, depurato dalle retoriche di parte, può essere semplificato in un’equazione di cristallina, seppur cinica, Realpolitik: il destino delle urne peloritane è legato a doppio filo alla tenuta di Palazzo d’Orléans. La variabile indipendente si chiama Renato Schifani. Se il governo regionale dovesse reggere l’urto delle tensioni interne e navigare fino alla naturale scadenza del mandato (il 2027), allora le quotazioni di un ritorno al voto a Messina già nella prossima primavera subirebbero un’impennata verticale, quasi ineluttabile. Viceversa, qualora a Palermo la situazione dovesse precipitare — un’ipotesi di scuola che nessuno, tra gli addetti ai lavori e gli osservatori più attenti, si sente di escludere a priori —, la clessidra messinese potrebbe rallentare improvvisamente, allineandosi anch’essa all’orizzonte temporale del 2027.
È in questo risiko di date e scadenze incrociate che si inserisce la strategia di Cateno De Luca. Il leader di Sud chiama Nord — che da sempre predilige dettare l’agenda piuttosto che subirla — ha un obiettivo tattico preciso: evitare a ogni costo la sovrapposizione temporale dei due appuntamenti elettorali (Regionali e Comunali). La ragione, ripetuta come un mantra nelle ultime settimane, è politica prima ancora che amministrativa: Messina non deve diventare «merce di scambio» su eventuali tavoli di trattativa sovracomunali. Almeno secondo la visione di De Luca.
Così, la partita è doppia e si gioca su due tavoli distanti duecentocinquanta chilometri. E mentre la città si distrae con le festività, la politica calcola i tempi di un disimpegno o di un’accelerazione, consapevole che, in Sicilia, nulla è più definitivo del provvisorio.










