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Azione, parte la raccolta firme per il commissariamento della Regione. Il “solista” De Luca frena: senza “nemici” teme di perdere il palcoscenico

- 12/11/2025
CARLO CALENDA SEGRETARIO AZIONE

Sulle macerie si può costruire una carriera, ma su un cantiere commissariato e ordinato, per i capipopolo, non c’è spazio.

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Avevamo avvertito i lettori: quella di Carlo Calenda non era una boutade di fine stagione, né il solito pizzino politico lanciato a mezzo stampa per ottenere qualche trafiletto. Avevamo scritto dell’intenzione, ora registriamo l’atto pratico. Il leader di Azione fa sul serio. La petizione per il commissariamento della Regione Sicilia non è più un’ipotesi, è carta (digitale) che canta, una raccolta firme che mira a portare il governo Meloni di fronte a una responsabilità costituzionale ineludibile.

Il ragionamento di Calenda è lineare, quasi chirurgico: se la Regione non garantisce i livelli essenziali di assistenza – e la tragica fine della professoressa Gallo a Mazara del Vallo, ne è la prova provata – e se la politica locale è ostaggio di figure come Cuffaro, tornato in auge come se la condanna per mafia fosse un incidente di percorso, allora l’Autonomia è fallita. Va sospesa. Roma deve intervenire.

Ma in questo scenario di macerie istituzionali e sanitarie, contro le dichiarazioni di Calenda si è levata una voce dissonante, stridula, quella del solito “solista”: Cateno De Luca.

Il leader di Sud Chiama Nord, che solitamente si nutre di polemiche e si erge a flagello della casta palermitana, stavolta si è messo di traverso. Si sbraccia, urla, strepita contro l’ipotesi del commissariamento. Curioso ma neanche tanto. Proprio lui, che dopo le regionali dipingeva la gestione Schifani come il male assoluto, per poi con una improbabile inversione a “U” diventare suo sostenitore, con un singolare equilibrismo tra opposizione e “sostegno costruttivo”, oggi dovrebbe accogliere un intervento azzeratore come una liberazione. E invece no. De Luca fa le barricate a difesa di quell’autonomia che lui stesso denuncia come malata.

Chissà come mai? A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca. Il motivo di tanta agitazione è squisitamente, cinicamente politico.

Il commissariamento della Sicilia sarebbe la pietra tombale non solo per Schifani, ma anche per le ambizioni dello stesso De Luca. Così come le dimissioni di Schifani che dimostrerebbero come il Cateno di nuovo scatenato non sarebbe affatto pronto a sostenere una tenzone elettorale per la cairca di Presidente della Regione. Ma se arriva un commissario di Stato, la giostra si ferma. Non si vota, non si fanno campagne elettorali urlate nelle piazze, non si distribuiscono promesse. Si amministra l’emergenza. Il disegno politico di “Scateno”, che non ha saputo capitalizzare il risultato delle ultime elezioni regionali, di fatto, disperdendolo in velleità personali, ma che si proporrà di certo quale governatore in pectore pronto a capitalizzare il disastro del centrodestra alle prossime elezioni, andrebbe a carte e quarantotto. Un commissario prefettizio o tecnico non è un avversario contro cui si può inveire nei comizi; è un funzionario che risponde a leggi e bilanci, non agli slogan. Toglie l’ossigeno alla propaganda. Altro che “regali” provocatori al Presidente che, però, neanche lo riceve.

Ecco dunque il paradosso siciliano: da una parte c’è chi, da Roma, tenta la carta del commissariamento per salvare i cittadini dal baratro dei servizi inesistenti; dall’altra c’è chi, fingendo di difendere l’orgoglio isolano, difende in realtà solo il proprio palcoscenico elettorale. Perché sulle macerie si può costruire una carriera, ma su un cantiere commissariato e ordinato, per i capipopolo, non c’è spazio.

Cateno De Luca fa regali a Schifani che non lo riceve