

Non c’è pace per la sanità in Sicilia. Mentre ancora si parla dello scandalo che coinvolge Totò Cuffaro, a Palermo i corridoi della Procura sono di nuovo in fermento.
Questa volta si tratta del terzo atto di un’inchiesta sugli appalti negli ospedali Civico e Villa Sofia. I sostituti procuratori Andrea Zoppi e Felice De Benedittis, coordinati da Maurizio de Lucia, hanno messo i fatti in fila. E hanno chiesto al GIP dodici misure cautelari personali. Otto persone in carcere e quattro ai domiciliari. Nomi di manager, burocrati, imprenditori.

Al centro di tutto, secondo l’accusa, c’è sempre lui: Antonino Sciacchitano. Il commercialista che era presidente del collegio sindacale del Civico e dell’Asp di Palermo, destituito quest’estate. Era già ai domiciliari per le indagini precedenti, ma ora la Procura chiede per lui il carcere.
Come si è arrivati a questo nuovo capitolo? Dopo gli arresti di giugno, uno degli imprenditori coinvolti ha deciso di parlare. Ha riempito decine di verbali. Ha svelato un sistema, raccontando ai finanzieri tre nuovi casi di gare d’appalto che sarebbero state pilotate.
Vediamoli, uno per uno.
Il primo caso è al Civico. Una maxi gara per il “servizio integrato di sterilizzazione” e noleggio di strumenti chirurgici. La Procura parla di una mazzetta da 10 mila euro. Sciacchitano l’avrebbe ricevuta dall’avvocato e dal rappresentante legale dell’azienda “Servizi Ospedalieri” per favorire l’aggiudicazione. Gara poi revocata nel 2023 e ribandita, ma il fatto, per l’accusa, resta. E per questo è indagata anche la responsabile unica del procedimento, Alba Cristodaro.
Il secondo caso, sempre al Civico. Riguarda l’acquisto di macchinari e servizi. Qui la tangente ipotizzata è di 14 mila euro, pagata a Sciacchitano in tre distinti momenti. A pagare, secondo i PM, sarebbero stati titolari e consulenti di due aziende campane, la E. Medical e la Svas Biosana.
Il terzo appalto ci porta a Villa Sofia-Cervello. Servizio quinquennale di lavanderia, noleggio biancheria e gestione guardaroba. Sciacchitano era presidente dell’organismo di valutazione. Gli investigatori contestano una tangente da 2.500 euro, pagata dal legale rappresentante della società “Pacifico srl” tramite un collaboratore.
Ma in questa gara c’è un altro nome di peso. Quello di Aldo Albano, provveditore degli ospedali Villa Sofia Cervello. Per lui l’accusa non è corruzione, ma “turbata libertà degli incanti”. In pratica, avrebbe fornito in anticipo agli imprenditori informazioni riservate sui capitolati del bando.
A fare da mediatore in tutte e tre queste storie, sostiene la Procura, sarebbe stato il faccendiere Catello Cacace.
Ora la parola passa al GIP, Cristina Lo Bue. Gli interrogatori preventivi sono già stati fissati per l’11, 12 e 13 novembre. Si torna in tribunale.











