
Un video dello schianto durante la competizione a Camporotondo Etneo, finito sui social, fa scattare l’indagine della Squadra a Cavallo.

C’è un filo a doppio nodo che unisce la malavita messinese alla criminalità organizzata catanese. I riscontri investigativi degli ultimi anni hanno evidenziato come le due parti dialoghino attivamente su affari illeciti che spaziano dal gaming online alle scommesse clandestine, fino al lucroso mondo delle corse dei cavalli.
Queste competizioni illegali servono ai clan, grandi e piccoli, non solo per accumulare ingenti guadagni derivanti dalle scommesse sul proprio purosangue, ma anche come strumento per “mostrare i muscoli” e acquisire consensi negli ambienti popolari.
Se in passato, come emerge da vecchie ordinanze, il clan Santapaola veniva chiamato a dirimere complicate questioni tra scuderie messinesi contrapposte, oggi i rapporti sembrano essersi evoluti. Non è chiaro se quella “protezione” sia ancora valida, ma è certo che dallo Stretto ci si sposta fino alla provincia di Catania per disputare corse di calessi particolarmente infiammate.
È esattamente quanto accaduto poco meno di un mese fa a Camporotondo Etneo, nella zona “delle piscine”, già teatro in passato di altre competizioni non autorizzate. L’evento ha portato alla denuncia di due “driver” messinesi, un 50enne e un 37enne, per aver organizzato una competizione sportiva illegale.
La scenografia era quella tristemente nota: calessi, driver col frustino, cavalli schiumanti e il consueto stuolo di moto e scooter di grossa cilindrata, con decine di giovani intenti a immortalare ogni fase della gara.
La competizione è stata però interrotta da un incidente, causato da un contatto tra gli animali e i mezzi a due ruote che seguivano la corsa. L’inevitabile sospensione è stata seguita dalla diffusione del video dello schianto che, passando di telefono in telefono attraverso i social, è terminato nelle mani giuste: quelle dei poliziotti della Squadra a Cavallo della Questura di Catania.
Gli agenti hanno immediatamente avviato una serie di controlli serrati nelle stalle e scuderie etnee per ricostruire l’accaduto e verificare la presenza di eventuali feriti. Sebbene dal video fosse emerso che il cavallo non aveva riportato gravi lesioni, continuando la sua corsa dopo l’impatto, gli investigatori non hanno escluso possibili conseguenze dovute al fortissimo stress.
Le verifiche incessanti hanno creato notevole scompiglio all’interno delle scuderie catanesi. La pressione investigativa è stata tale da spingere i due messinesi che avevano preso parte alla competizione a presentarsi in Questura per assumersi le proprie responsabilità.
Agli investigatori è bastato comparare le immagini del video in loro possesso con i “driver”, i calessi e i cavalli, portati anch’essi nella sede della Squadra a Cavallo. La corrispondenza era inequivocabile.
I protagonisti della gara erano due purosangue inglesi di 5 e 10 anni, entrambi con un’ottima genealogia e un valore approssimativo di circa 15.000 euro ciascuno. Tramite microchip e registro equini, si è risalito alla loro provenienza: Francia per uno e Italia per l’altro.
Come spiegato in una nota della Questura, si tratta di “scarti di pista”: animali non più in grado di realizzare tempi di alto livello nelle competizioni ufficiali, che vengono quindi rivenduti a scuderie che li “riciclano” nelle corse clandestine, solitamente organizzate su distanze di mille o duemila metri.
I due purosangue sono stati sottoposti a vincolo e messi a disposizione dell’autorità giudiziaria. I due indagati, a loro volta, sono stati deferiti alla Procura della Repubblica Distrettuale di Catania, che ha coordinato le attività investigative sin dalle prime fasi.










