

MESSINA – La storia di Messina, chiusa in migliaia di faldoni, ha imboccato l’autostrada. L’amaro spettacolo dei tir carichi di documenti preziosi, partiti dalla sede di via La Farina verso un deposito provvisorio a Riposto, è la fotografia perfetta di una sconfitta. Una sconfitta annunciata, figlia di un’inerzia colpevole che oggi costringe la politica cittadina a una affannosa e tardiva rincorsa. Perché mentre i camion macinano chilometri, a Palazzo Zanca ci si “sveglia” e si promettono soluzioni.
Il problema, infatti, non è un fulmine a ciel sereno. La scadenza del contratto d’affitto dei locali che ospitavano l’Archivio di Stato era nota da tempo, un punto segnato in rosso su un calendario che, evidentemente, nessuno ha consultato con la dovuta attenzione. Ci sono voluti la mobilitazione dei cittadini, scesi in piazza lo scorso weekend, e il rombo dei motori dei camion per scuotere le coscienze istituzionali.
Solo ora, con il trasferimento già in atto, il sindaco Federico Basile incontra i manifestanti e assicura un intervento rapido. Solo ora, Palazzo Zanca si affanna nella ricerca di una sede alternativa che possa scongiurare la beffa di un esilio permanente. Una reazione che sa più di pezza a colori messa in fretta e furia che di programmazione strategica per la tutela di un patrimonio inestimabile. Lo scippo, perché di questo si tratta, si poteva e doveva evitare, pianificando per tempo un’alternativa dignitosa e messinese.
E mentre la politica rincorre, la città si organizza. Sul web è partita una raccolta firme, un appello diretto al Ministero della Cultura per fermare l’emorragia e riportare a casa la memoria storica della città. “Come cittadini di Messina, che ha subito troppe devastazioni e scippi del patrimonio storico e culturale, non possiamo accettare di perdere il contatto con la nostra storia e le nostre origini”, si legge nel testo della petizione.
La richiesta evidenzia non solo il legame identitario, ma anche il danno concreto per l’intera comunità accademica e di ricerca: “Tale situazione rappresenta un enorme disagio per studiosi e ricercatori di Messina, della sua provincia e della Calabria”. L’appello si chiude con una supplica che suona come un atto d’accusa verso chi ha permesso che si arrivasse a questo punto: “Chiediamo di intervenire e fare in modo che l’Archivio di Stato torni definitivamente a Messina. Solo così possiamo garantire che la storia della città resti accessibile, studiabile e vivida per le generazioni future”.
La domanda ora è una sola: le promesse del “dopo” basteranno a sanare la ferita di un’inerzia consumata “prima”? Messina attende una risposta, sperando che non resti sepolta, anche quella, in un faldone archiviato troppo lontano.
