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Sicilia, il paradosso dei binari: mezzo miliardo speso, ma le curve “mangiano” le ruote dei nuovi treni

- 20/12/2025
Blues treno interno

I moderni ibridi “Blues” costretti allo stop per usura sui tracciati del Sud. Per i test richiamata una vecchia littorina destinata alla demolizione. E l’estate 2026 promette nuove chiusure

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Mezzo miliardo di euro. È la cifra monstre investita per rilanciare il trasporto su ferro nel profondo sud della Sicilia, tra nuove infrastrutture e convogli di ultima generazione. Eppure, il risultato è un cortocircuito tecnico e amministrativo: i treni nuovi si fermano, logorati dai vecchi binari, e i passeggeri tornano sui pullman.

È quanto accade sulle linee Siracusa-Ragusa-Caltanissetta e sulla Catania-Caltagirone. Qui la modernizzazione si è scontrata con la morfologia del territorio e, forse, con una pianificazione troppo ottimista. Non sono bastati i 257 milioni di euro — di cui 225 provenienti dal Pnrr — per l’adeguamento tecnologico, né i 300 milioni stanziati dalla Regione per l’acquisto dei treni ibridi “Blues”, presentati come la soluzione ideale per la complessa orografia isolana.

Il cortocircuito tecnologico

Il problema è tanto banale quanto paralizzante: i tratti tortuosi del percorso consumano precocemente le ruote dei nuovi convogli. L’usura anomala dei “bordini”, già nota sui vecchi mezzi, si è ripresentata con costi di manutenzione insostenibili sui treni appena inaugurati. Risultato: chiusura totale delle linee fino a pochi giorni fa e ritorno ai bus sostitutivi, a pochi mesi dalla riapertura dei binari di fine 2024. Rfi è dovuta intervenire d’urgenza per proteggere le tratte dal calore eccessivo e mitigare l’attrito.

Il ritorno della littorina

In questo scenario futuristico a metà, spunta un dettaglio che sa di beffa. Per verificare l’efficacia degli interventi e misurare l’usura senza sacrificare i costosi “Blues”, le Ferrovie hanno dovuto guardare al passato. Da un deposito calabrese è stata “risvegliata” una vecchia Aln668, una littorina diesel destinata alla demolizione, utilizzata come cavia sui binari siciliani. Un lavoro certosino conclusosi solo il 14 dicembre con la riapertura della Catania-Caltagirone e della Siracusa-Ragusa. Per raggiungere Caltanissetta, passando da Gela e Canicattì, l’attesa si protrarrà almeno fino al 10 gennaio.

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Lo scontro politico e i cantieri infiniti

Mentre i treni nuovi restano “osservati speciali” e vengono dirottati altrove, la questione approda a Roma. Daniela Morfino, capogruppo M5s in commissione Infrastrutture, ha presentato un’interpellanza urgente al ministro Salvini. Dagli uffici della Regione provano a gettare acqua sul fuoco: «Non esistono treni acquistati impossibilitati a circolare», spiegano, parlando di «interventi tecnici mirati».

Resta però la fotografia impietosa scattata dal rapporto Pendolaria di Legambiente: il Sud della Sicilia rimane la cenerentola del trasporto. La Caltagirone-Gela è chiusa dal 2011 per il crollo di un viadotto; i lavori del primo lotto (349 milioni) finiranno forse nel 2026, mentre per il secondo mancano oltre 100 milioni e i permessi. Un quadro simile alla Palermo-Trapani via Milo, ferma per frane dal 2013, dove il 2026 è ormai solo una data indicativa.

E il futuro prossimo non promette tregua. L’estate 2026 porterà in dote nuovi stop: dal 14 giugno chiuderà la Fiumetorto-Lercara, interrompendo di fatto la Palermo-Catania appena riaperta, seguita dalla Lercara-Agrigento. Un biglietto da visita complesso per i turisti che proveranno a raggiungere la costa africana dell’Isola, costretti ancora una volta a scendere dal treno e salire sul bus.

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