
Caso spinoso sullo Stretto: dopo l’emergenza estiva e il soccorso a Taormina, Palazzo Zanca rischia un’ipoteca decennale sui bilanci per sanare il «rosso» con la partecipata regionale.

Un’altra mattinata persa, un altro stop-and-go. La Finanziaria regionale resta incagliata nelle secche di Sala d’Ercole, prigioniera di una paralisi che sa di crisi politica e tecnica. Il bilancio di ore di lavori è magrissimo: un solo articolo approvato, il 22, norma puramente tecnica sulle piattaforme digitali. Per il resto, è il vuoto. O meglio, è il tempo delle riscritture infinite da parte del governo Schifani, costretto a correggere in corsa i propri testi sotto il fuoco di fila delle opposizioni.
Il vero nodo del contendere, quello che ha mandato l’Aula in blocco, è l’articolo 16. Sulla carta, una manovra di salvataggio: 19 milioni di euro da girare a Siciliacque per coprire i buchi lasciati dai Comuni morosi tra i quali c’è Messina. Ma il diavolo, come sempre, si nasconde nei dettagli. La norma prevede che la Regione anticipi i soldi, sì, ma che poi li recuperi con gli interessi – o quasi – prelevandoli per i prossimi dieci anni dal Fondo per le autonomie locali. In pratica: l’acqua pagata oggi si trasformerà in minori trasferimenti domani.
È qui che il caso Messina diventa esplosivo. La città dello Stretto si trova al centro di un cortocircuito finanziario e politico. L’esposizione debitoria complessiva di AMAM e Comune, che naviga su cifre a sei zeri (stime recenti parlano di una massa debitoria incrociata che sfiora i 15-19 milioni nel complesso delle partite aperte), rischia di trasformarsi in una ipoteca sul futuro.
Ma a bruciare, più dei conti, è la memoria. Il pagamento preteso oggi da Siciliacque suona come un insulto per i messinesi che ricordano bene l’estate del 2024. L’estate della grande sete. Mentre i rubinetti del centro città rimanevano a secco e le navi cisterna facevano la spola, si consumava il paradosso del “bypass”: l’acqua della condotta Fiumefreddo (che serve Messina) veniva deviata per soccorrere Taormina, la perla del turismo rimasta senza le forniture dell’Alcantara (gestite proprio da Siciliacque). Messina si sacrificava, restando all’asciutto, per salvare la stagione turistica dei vicini, sopperendo alle carenze infrastrutturali di quella stessa società regionale che oggi batte cassa.

Il clima è teso, reso ancor più surreale dal ritorno in scena del capogruppo Dc Carmelo Pace. Rientrato dopo 45 giorni di silenzio post-inchiesta sulla sanità, ha gelato l’Aula con una sintesi spietata: “Questa sarà ricordata come la Finanziaria delle riscritture“. E mentre il vicepresidente Nuccio Di Paola sospendeva la seduta per l’ennesima volta, all’orizzonte prende corpo l’unica via d’uscita possibile: lo “stralcio”. Con 134 articoli totali e appena 16 approvati, il governo potrebbe essere costretto a sacrificare gran parte della manovra per salvare il salvabile.










